Tutti hanno fretta, tranne i Tedeschi
17/07/2012 09:05
Gli indici azionari ieri hanno recuperato tutto o quasi quanto stavano perdendo nel corso della giornata, chiudendo in modo interlocutorio la prima giornata della settimana.
SP500, dopo essere tornato a testare il massimo di venerdì, è leggermente scivolato indietro, chiudendo con un modesto segno negativo.
Intanto, come avevo ipotizzato nel commento di ieri, è arrivato nella notte il downgrade di Moody’s su 10 banche e su 3 enti locali italiani, come seguito naturale del declassamento praticato venerdì nei confronti del debito sovrano italiano. Oggi, come le volte precedenti, seguiranno pianti, indignazioni e proteste da parte dei giornali e dei partiti politici di tutti gli schieramenti, che daranno l’ennesima prova bipartisan della competitività italiana nel campionato mondiale del vittimismo.
Non credo comunque che si avranno conseguenze rilevanti da questa notizia, ma piuttosto potrebbe avere qualche conseguenza negativa le altre due notizie arrivate ieri. La prima, meno grave, è la revisione al ribasso delle stime di crescita mondiale del FMI, che ha usato toni piuttosto preoccupati contro l’immobilismo europeo ed ha invitato ad agire in fretta per abbassare gli spread di Italia e Spagna, giudicati eccessivi di almeno 200 punti oltre i fondamentali.
La seconda, piuttosto preoccupante, è quella della Corte Costituzionale tedesca che, quasi in risposta all’urgenza del FMI, si è presa fino al 12 settembre per pronunciarsi sulla legittimità del Fiscal Compact e del nuovo fondo salva-stati ESM, col risultato che questo nuovo meccanismo, che avrebbe fornito 500 miliardi aggiuntivi di munizioni per difendere la Spagna e magari anche l’Italia dall’aumento dello spread, non potrà entrare in vigore nel migliore dei casi fino a dopo l’estate, lasciando Bruxelles ad affrontar ela calda estate finanziaria con le sole risicate munizioni da poco più di 200 miliardi di euro del vecchio fondo ESFS.
Sarà inoltre soltanto questo fondo a doversi occupare della ricapitalizzazione delle banche spagnole. Il finanziamento di 30 miliardi previsto per il primo intervento dovrà essere versato perciò direttamente dagli stati garanti, che sono quelli appartenenti all’eurozona meno Grecia, Portogallo ed Irlanda. Ciò significa che l’Italia dovrà versare una somma di 6 miliardi in aggiunta ai 29 già previsti per l’anno in corso e destinati agli aiuti a Grecia, Portogallo ed Irlanda. Il risultato porta a 35 i miliardi (circa il 2,3% per PIL, ovvero quasi due volte la tanto odiata IMU) che i cittadini italiani debbono tirare fuori quest’anno per salvare gli altri, nel momento in cui si trovano ad un passo dal dover essere salvati essi stessi dall’attacco dello spread.
La situazione paradossale è ben nota ai mercati, che, non a caso, ieri hanno riportato lo spread italiano vicino a quota 500 e quello spagnolo addirittura non lontano dai 600 punti rispetto al Bund tedesco.
Al di là di quel che succederà oggi o nei prossimi giorni, questi fatti non depongono a favore di un rasserenamento duraturo del clima, ma piuttosto evocano nuove durissime prove da affrontare in estate da parte della nostra sgangherata italietta.