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QUANDO I BANCHIERI SPAVENTANO
05/11/2025 09:30

Abbiamo vissuto una transizione da ottobre a novembre con i mercati azionari occidentali un po’ zoppicanti. Nei commenti su quelle sedute ho giustificato le incertezze soprattutto con il cambio in senso restrittivo nella politica monetaria della FED e con una certa severità dei mercati nel giudicare le trimestrali delle magnifiche, che peraltro hanno tutte battuto le stime degli analisti, ma non hanno rassicurato con una visione futura dei loro utili in grado di rendere redditizi i copiosi investimenti attuati negli ultimi mesi dai protagonisti dell’Intelligenza Artificiale.

Sebbene gli investitori retail e i nutriti gruppi social di trader americani credano ancora nella validità della strategia “Buy the Dip” (compra il calo), sono cresciute di intensità le voci di chi chiama la bolla speculativa, paragonando l’euforia rialzista degli ultimi mesi con la fase finale della bolla speculativa sulle Dot.Com degli ultimi anni del secolo scorso, che scoppiò fragorosamente a marzo 2000.

Nel commento di ieri ho notato che lo svolgimento delle ultime due precedenti sedute assomigliava molto ad una fase distributiva, in cui le mani forti scaricano le loro prese di beneficio nelle mani degli investitori d’assalto, perennemente rialzisti “a prescindere”.

Nella notte tra lunedì e martedì è poi deflagrato un missile che i mercati hanno interpretato di grosso calibro, lanciato da alcuni CEO di grandi banche USA ad una convention di banchieri ad Hong Kong. In particolare, i capi di JPMorgan (la più grande banca USA) e Goldman Sachs (la più importante banca d’Investimento USA) hanno avvisato all’unisono della possibilità di scoppio della bolla con importanti conseguenze ribassiste sugli indici di Wall Street.

In realtà le loro parole non erano poi particolarmente aggressive, dato che, tanto per non sbagliare né spaventare troppo, si sono limitati a parlare di una correzione del 10-15% per l’indice SP500 in arrivo entro un paio d’anni. Era difficile essere più cauti, se pensiamo che negli ultimi due anni SP500 è salito del +63% e che concedere altri due anni di rally simile a quello che si è svolto finora porterebbe il rialzo al +165%. Perciò un calo del 10-15% rappresenterebbe per SP500 un potente colpo di… solletico.

Ma, evidentemente, il nervosismo per la mancanza di massimo storico da ben 3 sedute deve aver provocato una crisi di nervi a molti degli ultimi arrivati. Così già i mercati asiatici hanno ceduto un po’ del tanto terreno conquistato nelle scorse settimane di rally e quelli europei hanno aperto la seduta con un calo assai vistoso, mentre anche i futures sugli indici americani hanno accusato un colpo significativo. La seduta si è presentata subito come piuttosto ostica.

Ma Wall Street, dopo il tonfo iniziale, ha subito mostrato di voler tentare l’immediato rimbalzo ed ha recuperato circa metà del calo nelle prime ore di contrattazione, permettendo agli indici europei di rinfrancarsi, recuperare il grosso delle perdite e chiudere con cali limitati. Eccezioni positive per l’indice italiano Ftsemib e quello spagnolo Ibex, che sono riusciti a terminare in sostanziale parità. Eccezione negativa l’indice tedesco Dax, che ha recuperato solo metà delle perdite e chiuso la seduta con un saldo da -0,76%.

Ma la seduta americana non era ancora finita. La seconda parte, dopo la chiusura europea, ha visto  i venditori tornare alla carica, riportando gli indici USA sui minimi, anzi a fare minimi finali ancor più bassi,  tanto da mostrare saldi negativi di chiusura piuttosto preoccupanti (per SP500 -1,17% e per Nasdaq100 -2,07%).

Ma non basta, perché i loro grafici hanno inviato un primo segnale di inversione di tendenza in senso ribassista, presentando due massimi e due minimi relativi discendenti.

Perciò, a meno che il segnale venga rapidamente smentito da notizie positive eclatanti (magari la fine dello Shutdown, e/o la sentenza della Corte Suprema USA che elimini i dazi e condanni Trump a risarcire le imprese che li hanno pagati), la correzione dovrebbe ancora proseguire, puntando al primo obiettivo ribassista, coincidente con il test della media mobile a 20 sedute, che oggi passa da quota 6.750 circa sul grafico di SP500 e 25.250 su quello di Nasdaq100.

La seduta di ieri ha mostrato anche due fenomeni curiosi. Il primo è che i cosiddetti beni rifugio più gettonati negli ultimi tempi (cioè i metalli preziosi e le criptovalute), anziché raccogliere il denaro in uscita da Wall Street, ieri sono ruzzolati anch’essi in simbiosi con l’azionario. Si vede che anch’essi hanno ancora necessità di correggere gli eccessi.

Il secondo è che il dollaro ha accentuato il suo recupero. Dopo mesi in cui si parla di crisi di fiducia nel dollaro, questi, zitto zitto, è tornato a superare quota 100 sul Dollar index (l’indice che misura il dollaro rispetto al paniere delle principali valute mondiali). Sono valori che aveva abbandonato alla fine di maggio.

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