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ALLA FINE, ERA TUTTO UN BLUFF
04/02/2025 09:30

I mercati stanno sperimentando a loro danno il magnifico mondo di “Trump 2: La vendetta”. Un mondo in cui quel che fa o che dice ha l’unico obiettivo di soddisfare il suo ego, che la trionfante campagna elettorale ha ormai ingigantito a dimensioni superiori a quelle della sua prostata.

Perciò le quotidiane fatiche dei mercati non possono più limitarsi al cercare di comprendere quali effetti avrà sull’economia USA quel che il Presidente promette o decide, cosa già di per sé non facile, ma prima ancora debbono capire se sta bluffando o parlando seriamente, oppure quanto rimarranno in vita i provvedimenti presi, prima di essere revocati.

Il recupero dei mercati dopo il lunedì nero della scorsa settimana si è basato sull’ipotesi che i dazi non sarebbero stati adottati troppo in fretta. Venerdì scorso Reuters ha diffuso la notizia che sarebbero stati rinviati, portando SP500 a rifare il solletico al massimo storico in base al famoso proverbio “can che abbaia non morde”.

Sbagliato. Sembrava voler mordere. A tre ore dalla fine della seduta è arrivato il comunicato che il Presidente aveva firmato l’ordine esecutivo che sanciva dazi al 25% per Messico e Canada, e al 10% per la Cina. La sorpresa ha prodotto una pioggia di vendite sui mercati USA, con chiusura di settimana in ribasso per gli indici americani principali e panico anche ieri mattina sui mercati asiatici aperti e sugli indici europei, arrivati a perdere oltre -2%, anche per la minaccia confermata da Trump di istituire prestissimo dazi al 10% anche a carico delle merci europee.

Apertura in forte ribasso anche per Wall Street, con SP500 che ha sfondato anche il minimo della settimana precedente ed è sceso fino a 5.924 punti. Del resto, come dar torto alle mani tremanti degli investitori? Parecchi uffici studi hanno calcolato che i dazi annunciati rappresentavano il quadruplo di quanto fatto da Trump nel suo primo mandato, e che a queste condizioni sia il Messico che il Canada avrebbero sperimentato una recessione.

A quel punto, forse, l’esuberante bullo deve essersi accorto di aver calcato un po’ troppo la mano. Oppure aveva già in testa solo di spaventare. Sta di fatto che nel pomeriggio europeo la bocca della verità americana ha di nuovo cambiato idea: dazi al Messico rinviati a marzo in cambio di qualche migliaio di soldati messicani in più al confine e l’impegno a parole che il Messico avrebbe intensificato i controlli. La buona notizia ha trascinato i mercati a recuperare parte delle perdite. Quelli europei hanno chiuso con perdite di poco superiori al -1%, e l’indice italiano ha limitato il danno a -0,69%.

In serata il Canada ha imitato il Messico, promettendo qualche soldato in più e l’inquietante figura di un apposito “Zar del Fentanyl”, col compito di trattare i trafficanti come terroristi. Così Trump ha rinviato a marzo anche i dazi contro il Canada e si è presentato alla stampa a rivendicare come un grande successo quel poco che ha ottenuto.

Contento lui, contenti anche gli indici di Wall Street, che hanno continuato a recuperare, limitando il danno di giornata ad una perdita inferiore al punto percentuale.

Ora occorre riepilogare che cosa è rimasto del polverone comunicativo creato da Trump. I dazi alla Cina del 10% entrano in vigore oggi, ma già è prevista una telefonata con Xi, per trattare. Nel frattempo, la Cina, per rimarcare che è meno ricattabile di Messico e Canada, ha deciso dazi selettivi tra il 15% e il 10% su alcuni prodotti USA e una stretta alle sue esportazioni di materie prime rare, che entreranno in vigore il 10 febbraio. Così Xi oggi avrà qualcosa da sventolare per convincere Trump alla ritirata, che, ovviamente, lui venderà alla stampa come un altro successo personale.

Sui dazi contro l’Europa è calata una coltre di silenzio, anche se ogni volta che a Trump è stato chiesto, lui ha ribadito che verranno sicuramente attuati. Il rischio che alla fine gli unici ad essere colpiti da Trump siano gli alleati europei non è affatto da sottovalutare. Per questo oggi i mercati europei e l’euro potrebbero non essere ancora intenzionati a festeggiare.

Non posso non notare che da tutta questa guerra commerciale, vera o tarocca che sia, l’unico che è stato lasciato fuori è Putin, mentre all’Ucraina l’amico-nemico Trump ha chiesto materie prime e terre rare presenti nel sottosuolo ucraino, come compenso per il sostegno dato finora dagli USA a Zelensky.

Concludo con una domanda alla quale non avrò mai risposta.

Chissà se un giorno qualche autorità di controllo del mercato finanziario USA ci farà vedere gli utili realizzati dai ragazzi che alla Trump Tower fanno trading per le società di Trump, in questi giorni di oscillazioni prodotte esclusivamente dalle parole del Presidente?  

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Pierluigi Gerbino - P. Iva 02806030041
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