Dopo la prova d’orgoglio degli indici USA, che lunedì hanno visto il baratro ma sono riusciti a recuperare in extremis il supporto, la seduta di ieri ha portato agli indici europei la fiducia necessaria per imbastire una mattinata di forte recupero, all’inseguimento dell’orgoglio americano. Eurostoxx50, che sintetizza l’azionario dell’intera Eurozona, è arrivato a recuperare, poco dopo le 14,30, quasi tutto il duplice calo di venerdì 10 e di lunedì 13 gennaio, segnando una performance provvisoria di +1,28%. Quantomai provvisoria, purtroppo. Perché il livello raggiunto di 5.015 è stato il massimo di una seduta che da quel momento in poi ha preso la via discendente ed ha restituito gran parte del rialzo, fermando il saldo finale di giornata a +0,53%. Il recupero, perciò, si è limitato a cancellare il calo di lunedì, lasciando la perdita di venerdì ancora in bella evidenza.
Se il motivo dell’entusiasmo europeo della prima parte di seduta è derivato dalla necessità di rincorrere l’orgoglio USA, l’apertura della seduta americana ha mostrato subito un gap rialzista immediatamente chiuso e trasformato in calo da significative correnti di vendita. E’ stato questo comportamento incerto di Wall Street a consigliare il ridimensionamento finale dei mercati europei.
Il seguito della seduta americana ha prodotto un po’ di saliscendi ed una chiusura assai vicina ai livelli finali della seduta precedente.
Morale della favola: nessun proseguimento del rimbalzo, ma nervosa attesa, sul supporto recuperato di area 5.830, che oggi sia il dato sull’inflazione americana di dicembre a dettare la strada da percorrere nell’immediato futuro.
Oggi si presenta perciò come uno di quei giorni in cui il dato macroeconomico appare decisivo per il presente e per l’immediato futuro.
Verrà guardata soprattutto l’inflazione USA di dicembre nella versione “core”, cioè senza i prezzi di alimentari freschi e energia. Dopo 3 mesi in cui è rimasta ferma alla velocità di incremento del +3,3% annuo, interrompendo la discesa su un livello ancora piuttosto lontano dall’obiettivo della FED (+2%), c’è molta ansia per il dato odierno relativo a dicembre. Gli analisti prevedono un incremento mese su mese di +0,2%, inferiore al +0,3% di novembre, ed un dato annuale fermo al +3.3% per il quarto mese consecutivo.
Le attese degli analisti sono già tutte scontate da mercati che hanno recepito con una correzione le intenzioni della FED di fermare il taglio dei tassi in attesa che riprenda la traiettoria discendente dell’inflazione core.
Se oggi arrivasse un dato migliore delle attese (cioè più basso) i mercati obbligazionari ed azionari avrebbero buone ragioni per festeggiare e ripartire al rialzo, andando a scontare una ripresa abbastanza prossima della manovra FED di politica monetaria accomodante, che piace ai mercati ed anche al nuovo Presidente Trump, che si insedierà lunedì prossimo. Potrebbe forse anche ripartire il Trump Trade, messo in sordina dalla recente fase correttiva.
Se invece arrivasse un dato peggiore, che mostrasse prezzi in salita più del previsto, il panic selling potrebbe riconquistare la scena e magari i mercati obbligazionari potrebbero andare a scontare che la prossima mossa della FED possa essere un rialzo dei tassi per fermare l’inflazione. La caduta dell’obbligazionario coinvolgerebbe anche l’azionario, e forse solo il settore bancario potrebbe resistere in parte all’ondata di vendite.
Infine, se il dato incontrasse le attese degli analisti, allora la palla passerebbe alla stagione delle trimestrali, che comincia proprio oggi con il primo gruppo di colossi bancari che presenteranno i conti del quarto trimestre 2024, che tutti si aspettano molto buoni: JP Morgan, Wells Fargo, Goldman Sachs, Citigroup. Tutte queste società comunicheranno i rendiconti prima dell’apertura di Wall Street, ma dopo il dato sull’inflazione.
Non resta che attendere.
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