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IL VOLO SOLITARIO DELLE MAGNIFICHE 7
17/12/2024 09:30

Dopo la settimana scorsa, che ha mostrato disomogeneità di comportamento tra i vari indici globali, quella corrente, che trascinerà i mercati alla scadenza tecnica delle 4 streghe di venerdì 20 dicembre, dopo aver verificato domani sera le intenzioni della FED, è iniziata all’incirca con le medesime divergenze direzionali della precedente. A brillare ieri è stata sostanzialmente solo la tecnologia. Anzi, direi soprattutto il ristretto gruppo, ma pesantissimo, delle Magnifiche 7 del Nasdaq, che ieri hanno messo a segno un nuovo esaltante record storico sul loro indice Mag7 (+2,26%), raggiungendo quota 360 punti. La loro veemente salita ha pesato in positivo sull’indice Nasdaq100 (+1,45%), che grazie a loro ha segnato l’ennesimo massimo storico di questo glorioso 2024 ed ha superato anche la soglia psicologica del 22.000 punti. Le Magnifiche hanno condizionato positivamente anche l’indice SP500 (+0,38%), che è riuscito a trovare una seduta di rimbalzo dopo le incertezze delle due sedute precedenti ed il saldo negativo della scorsa settimana.

Il contributo determinante dei 7 pachidermi del Nasdaq è lampante se si considera che ieri l’indice SP500 Equal Weight, cioè la versione dell’indice in cui ognuno dei 500 componenti ha la stessa importanza, ha chiuso la seduta in negativo (-0,36%) ed è in forte calo da inizio mese (-3,33%), mentre la versione ufficiale di SP500 presenta al momento un saldo positivo nel mese corrente (+0,69%).

All’interno del ristretto club delle Magnifiche continua brillare senza sosta Tesla, che, nonostante il settore dell’automotive ed in particolare delle auto elettriche stia soffrendo parecchio, è stata enormemente premiata dalla decisione di Musk di entrare in politica al fianco di Trump. Si pensi che il giorno delle elezioni il titolo valeva 251 $ e ieri è arrivato 463 $: un rialzo post-elettorale del +84,5% in sole 28 sedute!

Tutto quanto scritto finora ha lo scopo di applaudire certamente la forza della narrazione tecnologica dominante, incontestabile. Ma anche di avvisare che un mercato che sale soltanto per merito di un pugno di titoli, sempre più monopolisti nei loro rispettivi sottosettori operativi, è intrinsecamente fragile. Un gigante dai piedi d’argilla.

Non posso evitare di ricordare che storie come quella che il mercato ci sta raccontando alla fine di questo 2024, in passato sono sempre finite male.

Non voglio gufare, ma avvisare che 24 anni fa si vedeva una storia molto simile. Riguardava internet, la scoperta appena nata che ci avrebbe cambiato la vita. Ora lo stesso ruolo lo sta vivendo l’Intelligenza Artificiale. Il problema è che, quando arrivano narrazioni così dirompenti, il mercato anticipa nei prezzi attuali il successo futuro che percepisce come probabile. Per cui, se l’oggetto del desiderio (allora i titoli .com, oggi tutto quel che profuma di AI) trasforma il sogno in realtà, conferma semplicemente quel che oggi nei prezzi c’è già. Se la realtà futura sarà anche solo leggermente inferiore al sogno che oggi è stato messo nei prezzi, allora i titoli interessati dovranno stornare, magari anche in modo drammatico, come capitò proprio al Nasdaq100 quasi 25 anni fa. Forse una parte consistente dei lettori non ha vissuto quella vicenda, ma io c’ero già e l’ho vissuta in pieno. Mi riferisco a quel che successe a Nasdaq100 dopo il suo massimo storico di 4.816 punti del 24 marzo 2000. Ci era arrivato con una cavalcata da quota 1.961 del 24.3.1999 ed una salita di oltre +145% in 365 giorni. Ma da lì partì il grande crollo e dopo il sogno di gloria arrivò l’incubo. Dopo ulteriori 365 giorni, il 24 marzo 2001, l’indice era tornato a quota 1.705 ed aveva restituito persino qualcosa di più di quanto guadagnato durante il sogno della new economy. Il calo non finì lì. Era solo a circa metà strada, perché il minimo venne raggiunto il giorno 8 ottobre 2002 a quota 795 punti. Ma da lì ebbe la forza di risollevarsi fino ad arrivare ieri a superare anche la soglia dei 22.000 punti.

Gli indici europei ieri sono stati decisamente meno brillanti di quelli americani. Del resto a loro mancano del tutto le Magnifiche 7 e debbono portare il peso della politica e dell’economia europea piene di guai. Ieri anche il Cancelliere tedesco Sholz ha  ricevuto ufficialmente la sfiducia del Parlamento e la Germani andrà al voto anticipato probabilmente in febbraio. Un voto su cui incombe lo spettro del sovranismo, che in Germania non si chiama Le Pen ma AFD. Abbiamo così la possibilità di ritrovarci i due paesi guida della UE alle prese con il sovranismo. Aggiungiamo che la Francia vede il nuovo premier Bayrou alle prese con il difficile incarico di formare un nuovo governo, mentre l’agenzia di rating Moody’s ieri ha declassato il rating del debito sovrano francese.

Perciò ieri gli indici d’Europa hanno solo potuto cercare di limitare i danni di una seduta che è stata negativa un po’ per tutti, intorno al mezzo punto percentuale di calo. Chissà come sarebbe andata se anche in USA avessero dominato i venditori?

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