Se usiamo il buon senso non c’è dubbio che, dopo 3 settimane consecutive di rialzo da parte dei due principali indici USA, SP500 e Nasdaq100, e in un anno che sta volgendo al termine con performance positive a doppia cifra per la grande maggioranza degli indici azionari del globo, estendere ancora la salita per portare a 4 le settimane consecutive di rialzo risulti una impresa non impossibile, ma certamente difficile.
Così la settimana che si è conclusa a metà dicembre ha mostrato una evidente selettività. La maggior parte dei principali indici del mondo ha segnato il passo con un saldo settimanale negativo. Non si sono visti drammi di entità tale da passare alla storia, ma il numero dei cali ha preso il sopravvento sul numero degli indici che hanno continuato a salire.
Può forse sorprendere che l’indice con il miglior saldo settimanale sia quello coreano. Ma il +2,7% settimanale è motivato dal sollievo per il lieto fine dell’auto-golpe attuato dal presidente Yoon, fortunatamente fallito, con lo sventurato autogolpista ora già a processo per impeachment. Del resto, l’indice coreano la settimana precedente era stato uno dei pochissimi ad avere un saldo negativo.
Gli altri indici hanno avuto performance più modeste e spesso con segno alterno all’interno della medesima area economica. In Europa la settimana ha divaricato le strade degli indici azionari momentaneamente più robusti (Dax tedesco, Ftsemib italiano, Aex olandese, PSI portoghese), che hanno evidenziato saldi settimanali ancora moderatamente positivi, da quella in discesa, a velocità più o meno marcata, degli altri (Eurostoxx50, Cac francese e Ibex spagnolo, il più negativo con un calo da -2,6%).
Ma una certa selettività si è vista anche in USA, con il solo indice Nasdaq100 in grado di portare a 4 le settimane positive e con due ritocchi al suo massimo storico. SP500 invece ha accusato un po’ di prese di beneficio sui settori dell’economia tradizionale, che lo hanno trascinato a chiudere con un saldo settimanale moderatamente negativo (-0,64%) e con una inconsueta astinenza da massimi storici per l’intera settimana. Ancor peggio è andata ai due indici USA che non contengono le magnifiche 7, ma quasi soltanto titoli industriali tradizionali o small cap. Dow Jones ha accusato un calo settimanale abbastanza significativo (-1,82%) mentre un mezzo tracollo si è visto sul Russell2000 delle small cap (-2,83% settimanale). A penalizzare i settori tradizionali, che non possono lucrare sugli annunci quasi quotidiani di future e strabilianti magie dell’intelligenza artificiale, è stata forse la percezione che l’inflazione stia diventando piuttosto resiliente e che da tre mesi non ne voglia più sapere di scendere.
Nessuno pensa che mercoledì prossimo la FED, che chiuderà la sua ultima riunione del 2024 del FOMC, faccia il brutto scherzo di lascare fermi i tassi ufficiali. Le probabilità di un taglio da 0,25% sono arci-scontate sui futures del CME. Ma si comincia a dare per quasi altrettanto certo che le proiezioni dei membri FED sull’andamento futuro dei tassi ufficiali nel 2025 e 2026 prolungheranno la durata del percorso di discesa verso la neutralità, che equivale al 2,5% circa, allontanandone il raggiungimento.
Perciò, rendimenti che sono ancora restrittivi rischiano di pesare ancora sui conti delle imprese che non hanno la possibilità di raccontare fantasiose narrazioni, ma solo quella di mostrare i loro bilanci.
La settimana che inizia oggi eredita questi dubbi e li dovrà verificare mercoledì sera alla luce delle decisioni della FED, delle proiezioni economiche future dei membri del FOMC, che verranno rese note insieme al comunicato e, “last but not least”, delle parole del Presidente FED Powell, a cui probabilmente verrà di nuovo chiesto se andrà d’accordo con il nuovo padrone del vapore americano.
C’è però un asset su cui la selettività e la cautela proprio non arrivano, che sta volando verso il cielo ed atterrando in tutte le chiacchiere da bar: il Bitcoin, che ha approfittato della nomina annunciata da Trump di Paul Atkins, avvocato difensore dei principali broker di criptovalute, a futuro Presidente della SEC, la Consob americana. Una scelta che la dice lunga sul cambio di opinione che avverrà negli organismi di controllo finanziario e sull’accelerazione che verrà data all’utilizzo di questo asset, che, non dimentichiamolo, si basa sul nulla. Ma se sotto il vestito non c’è niente, il vestito si è intanto gonfiato di nuovo ben oltre quota 100.000 $ e fa sempre più concorrenza all’oro come bene rifugio, che infatti giovedì e venerdì ha avuto un brusco ridimensionamento, dopo il segnale positivo di inizio settimana.
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