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DICEMBRE MESE DEI RECORD?
09/12/2024 09:30

La prima settimana di dicembre ci ha mostrato i mercati azionari occidentali unanimemente diretti verso sempre nuove vette di un mercato rialzista che sembra non voler finire mai.

Nonostante le turbolenze geopolitiche che la scorsa settimana si sono accumulate (la caduta del governo francese, il flash-golpe in Sud Korea, la caduta del regime di Assad in Siria), i principali indici azionari americani hanno mantenuto il loro aplomb rialzista ed hanno realizzato la loro terza settimana consecutiva positiva. Una settimana densa di massimi storici: 4 su 5 sedute per SP500 e bingo da 5 su 5 sedute per l’indice tecnologico Nasdaq100. La performance settimanale dell’indice principale SP500 (+0,96%) indica una continuità di salita fatta di piccoli ma insistenti passi, mentre la performance di Nasdaq100 (+3,31%) indica il veemente ritorno sulla scena delle magnifiche 7 (+6,6% il balzo settimanale del loro indice Mag7), che hanno sostenuto anche l’indice SP500. Va detto, infatti, che dopo il dominio delle small cap e delle società dell’economia tradizionale a novembre, galvanizzate dalla vittoria di Trump, ritenuto più amico della old&small economy che della tecnologia, l’inizio di dicembre ha visto nuovamente i capitali dirigersi sulla tecnologia. Non a caso,  quindi, osserviamo il saldo settimanale negativo di Dow Jones (-0,6%) e di Russell2000 delle small cap (-1,06%).

Se la settimana di Wall Street è stata nel complesso buona, quella degli indici azionari europei è stata addirittura ottima, con performance settimanali eclatanti da parte dei principali indici di Eurozona. Le elenco dall’alto verso il basso: l’italiano Ftsemib (+4%) è stato il migliore, trascinato dalla veemente risurrezione delle banche. Segue il Dax tedesco (+3,86%), autore del bingo da 5 massimi storici su 5 sedute, poi l’Ibex spagnolo (+3,7%) anch’esso beneficiato dal settore bancario. Viene poi l’indice sintetico di Eurozona Eurostoxx50 (+3,6%). Gli altri indici seguono più distanziati ma, grazie alla rimonta in extremis di venerdì, persino il martoriato Cac francese è riuscito a collezionare un più che dignitoso +2,65% settimanale, primo segno di ripresa dopo ben 6 settimane negative. Gli investitori sono sembrati scommettere che, dopo il discorso alla nazione, Macron tenti nuovamente di formare un governo, questa volta con la disponibilità dei socialisti a farne parte.

Settimana da dimenticare per le materie prime, generalmente in ribasso o senza direzione, col petrolio che non sa come interpretare la turbolenza del Medioriente, vera e propria pentola in ebollizione, dopo la caduta imprevedibilmente rapidissima del regime siriano, che ha comportato una cocente sconfitta per i suoi sostenitori Russia ed Iran. Intanto Netanyahu stenta a contenere la sua esultanza ed intanto si affretta ad occupare più che può delle alture del Golan, approfittando della fuga dell’esercito regolare siriano.

Sempre più calda è invece la speculazione sul Bitcoin, arrivato a superare anche i 100.000 dollari, che ora sta cercando di consolidare. La sua forza e le parole di Powell (“il Bitcoin non fa concorrenza al dollaro, ma, casomai, all’oro”) hanno un po’ disorientato il cammino del metallo giallo, che ha passato una settimana noiosamente laterale, compreso tra la media mobile a 20 sedute e quella a 50, abbastanza vicine. Rimane in mezzo al guado di una correzione che si sta prolungando forse più del previsto.

Che cosa potrebbe disturbare ora il rally presidenziale dei mercati azionari? E’ difficile individuarlo, dato che i mercati venerdì hanno interpretato bene persino un dato abbastanza robusto dal mercato del lavoro, che in altri tempi avrebbe fatto pensare ad una FED in allarme inflazionistico. Invece, dopo il dato, il Fed Watch basato sui futures sui tassi di interesse, ha riportato verso il 100% le probabilità di taglio da -0,25% dei tassi ufficiali nella seduta del 18 dicembre prossimo.   

Sappiamo che quando il sentiment è euforico il mercato giudica gli eventi con gli occhiali dell’ottimismo. Solo l’esaurimento del flusso di investimenti che continua ad affluire a Wall Street lo potrebbe indebolire. Ma, finché si continuerà a considerare Trump come il nuovo Messia, è difficile che i rubinetti si chiudano.  

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