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UN RALLY NEL CAOS
05/12/2024 09:30

Sui mercati, dopo la vittoria di Trump, si è affermata una narrazione che ha preso per buone tutte le strampalate promesse a scatola chiusa del vecchio marpione: la fine delle guerre in poche ore; la riduzione dell’inflazione con i dazi (?); il taglio alle tasse e la riduzione del debito (?) grazie ai maxi-licenziamenti nella pubblica amministrazione che saranno praticati da Mago Musk; e, per finire, la deportazione chissà dove di milioni di immigrati clandestini.

Come questo minestrone di fandonie, irrealizzabili tutte insieme, possa riuscire ad entusiasmare i mercati, è semplicemente un mistero della fede. Ma i mercati hanno abbracciato questa fede. Perciò dopo il primo scoppio di esultanza al momento della vittoria di Trump, seguito dalla naturale correzione, la ripartenza del mercato azionario USA sta assumendo ogni giorno di più le fattezze del rally di fine anno.

Ad un rally non si può chiedere più di una o due sedute di pausa che interrompano la prodigiosa avanzata verso l’infinito (… ed oltre!, direbbe Buzz Lightyear, il celebre personaggio di Toy Story).

Così ieri abbiamo notato che la seduta di martedì, senza record storico da parte di SP500, ha già mandato in crisi di astinenza i tifosi del volo siderale senza fine, che si sono precipitati a comprare appena Wall Street ha aperto i battenti. Al punto che SP500, dopo l’apertura in gap rialzista di 20 punti e già con il miglioramento del massimo storico acquisito, ha proseguito la sua marcia incurante anche di un indice ISM servizi di novembre in calo di quasi 4 punti. Anzi, il passo falso di un indice che fotografa le aspettative sull’85% del PIL USA ha fatto scattare la speculazione sull’ipotesi che la FED tra qualche giorno tagli ancora i tassi ufficiali.

Dato che i numeri provvisori degli acquisti di prodotti tecnologici attuati nel cosiddetto Cyber Monday sono stati buoni, con un +7,3% rispetto all’anno precedente, grazie alle robuste politiche di sconto praticate dai venditori online, anche il Nasdaq100 è partito assai tonico, con un gap rialzista di 133 punti e ha continuato a salire fino ad alzare l’asticella del record storico a soli 2 punti da quota 21.500. A fine seduta tutti i 4 principali indici USA hanno portato a casa un risultato positivo, dal +0,42% del Russel2000 fino al +1,24% del Nasdaq100. Tre di essi (SP500, Nasdaq100 e Dow Jones) hanno realizzato il massimo storico. All’appello al record è mancato solo l’indice delle small cap, che deve ancora digerire appieno il forte rialzo di novembre.

Se la baldanza di Wall Street è giustificata dalla tradizionale luna di miele con il nuovo Presidente, assai meno facile è comprendere i motivi della continuazione del rimbalzo europeo, che la seduta di ieri ha prolungato a 5 sedute consecutive. Eurostoxx50 (+0,83%) ha già recuperato tutta la discesa del mese di novembre ed è arrivato a contatto con la media a 200 sedute, dopo aver scavalcato venerdì scorso la media a 20 e ieri la media a 50 sedute. Si trova ora ad un bivio assai importante, rappresentato dal 61,8% del ritracciamento del calo attuato dal massimo del 27 settembre fino al minimo del 19 novembre. Il suo superamento aumenterebbe drasticamente le probabilità di ritorno su quel massimo di fine settembre di 5.071 punti.

E pensare che ieri sono usciti dati tutt’altro che confortanti dai PMI servizi dei principali paesi europei. Inoltre, la Francia stava viaggiando verso il caotico voto di sfiducia al governo Barnier, che in Parlamento è stato etichettato come un voto di sfiducia al Presidente Macron. Si apre ora un periodo di crisi di governo di difficile soluzione, senza che la Francia sia riuscita ad approvare la legge finanziaria. Una crisi che Marine Le Pen ha accelerato dopo che al processo per appropriazione indebita di Fondi del Parlamento Europeo per il suo partito, è stata chiesta dal pubblico ministero la sua condanna a 5 anni di reclusione e di ineleggibilità politica. Siccome la sentenza è attesa per marzo 2025, la leader del Rassemblement National ha accelerato la crisi di governo votando con l’estrema sinistra di Melenchon, per indurre Macron alle dimissioni e potersi ancora candidare alle elezioni presidenziali.

Ma le fosche prospettive politiche della Francia non sono riuscite a fermare la voglia di rally degli indici europei, che hanno trovato un feroce capobranco nel Dax di Francoforte, capace ieri di segnare il terzo massimo storico consecutivo e di raggiungere, ormai in ipercomprato, il livello di 20.260 (+1,08%).

Un rally nel caos.

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