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SPAVENTO DA DAZI
27/11/2024 09:30

La prima mossa di Trump dopo le nomine dello staff che lo seguirà alla Casa Bianca è stata attuata nella notte tra lunedì e martedì ed ha riguardato lo sport preferito da Trump dopo il golf, cioè la guerra commerciale. Potevamo aspettarcelo, dato che in campagna elettorale disse ad un comizio che la parola più bella del vocabolario è “tarif”, in italiano “dazio”.

Perciò la prima promessa fatta da Presidente è stata quella di adottare il giorno stesso dell’insediamento, che avverrà il 20 gennaio 2025, l’istituzione di dazi su tutte le importazioni provenienti dai 3 principali partner commerciali degli USA: un dazio del 25% su tutti i prodotti provenienti da Canada e Messico, accusati di non impedire l’ingresso in USA dell’immigrazione clandestina; uno del 10% verso la Cina, accusata di non ostacolare l’esportazione in Messico di sostanze che servono al narcotraffico messicano per produrre la micidiale droga chiamata Fentanyl, che ha inondato il mercato della droga americano e causato la morte o la riduzione a larve umane di parecchie migliaia di tossicodipendenti americani.

Come hanno reagito le borse a questa prima mossa aggressiva del nuovo Presidente USA?

Quelli azionari americani l’hanno abbastanza snobbata. Solo l’indice Russell2000 delle small cap ha perso qualcosa, in parte perché nei giorni scorsi era salito più di tutti, ma forse anche per il timore che i dazi rinfocolino l’inflazione, dato che non vengono pagati dai paesi sanzionati, come dice Trump, ma dagli importatori americani, che ovviamente li ricaricano sui prezzi dei prodotti e li trasferiscono ai consumatori USA. Anche a quelli che hanno votato Trump perché insoddisfatti della lotta all’inflazione attuata dal governo Biden. Il danno e la beffa, oserei dire.

Gli altri indici USA hanno ignorato le conseguenze sui prezzi ed hanno continuato il loro recupero verso il massimo storico (Nasdaq100, +0,57%) o lo hanno addirittura migliorato (SP500, +0,57% e Dow Jones, +0,28%).

Chi ha mostrato una buona dose di terrore sono stati invece gli indici europei, forse perché temono di essere il bersaglio successivo. Tutti i principali indici hanno incassato una partenza in gap ribassista ed una chiusura peggiore dell’apertura, anche se non si sono viste negatività superiori al punto percentuale. Eurostoxx50 ha misurato l’andamento medio di Eurozona con un calo da -0,78%. Lievemente meglio il Dax tedesco e lievemente peggio gli indici francese, italiano e spagnolo.

La situazione di Eurostoxx50 torna ad essere pericolante perché riporta le quotazioni all’interno del canale ribassista, abbastanza inclinato, disegnato da fine ottobre, e nega senza appello il tentativo di fuoriuscita rialzista attuato lunedì. Perciò chiude ogni discussione su possibili segnali di inversione rialzista che concludano la fase correttiva iniziata a fine settembre. Debbono piuttosto essere rimessi sotto la lente d’osservazione i supporti costituiti dai minimi della scorsa settimana, in area 4.690. Se venissero infranti il baratro sottostante termina sul minimo di inizio agosto, a 4.474.

Sembra proprio che la debolezza europea, causata dalla fragilità del ciclo economico, sempre in lotta per non cadere in recessione, accentuata dalla precarietà della maggioranza che ha approvato la Commissione Europea di Ursula Von der Leyen dopo parecchie giornate di liti, trovi ora una nuova fonte di depressione nell’aggressività “erga omnes” del nuovo alleato (?) americano, che mostra già la sua volontà di rissa prima ancora di essere salito sul ring della geopolitica.

Alla debolezza europea si contrappone la voglia di record di Wall Street, che oggi potrebbe regalare un altro ritocco ai massimi storici di SP500 e Dow Jones (non vedo fattibile a breve il record per Nasdaq100). Sarebbe il modo migliore per celebrare domani la Festa del Ringraziamento e mangiare il tacchino al forno ringraziando anche per i quasi 60 massimi storici fatti quest’anno da SP500.

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