Nel titolo c’è il riassunto, a vantaggio dei frettolosi, di quel che ha portato la settimana scorsa sui mercati azionari occidentali.
Dopo la sbornia rialzista provocata dal veloce rally di festeggiamento per la vittoria di Trump, seguito dalla correzione degli eccessi (ed anche qualcosa di più) fino al 15 settembre, le ultime 5 sedute di Wall Street hanno mostrato una progressiva ripresa di fiducia, sebbene disturbata dalle discutibili nomine di Trump nei posti chiave della sua amministrazione. Il risultato è stato una settimana positiva e con accelerazione finale dell’indice SP500, trainato dalle società dell’economia più tradizionale, che lo hanno condotto ad avvicinare il massimo storico ad una distanza inferiore al punto percentuale, trasformando il sogno di raggiungerlo in obiettivo di breve periodo. Un po’ meno convinto, a causa delle incertezze sui profitti futuri di Nvidia, si è mostrato l’indice tecnologico Nasdaq100, che ha avuto una settimana complessivamente positiva, ma che dal suo massimo storico dista ancora quasi due punti percentuali.
Sono problemi che vorrebbe avere l’azionario di Eurozona, che sta faticando, finora invano, per tentare di invertire la sua direzione di breve periodo, tuttora ancora orientata al ribasso ad una velocità che l’indice Eurostoxx50 è riuscito a frenare solo in extremis, col duplice rimbalzino nelle ultime due sedute della scorsa settimana, che gli ha quasi consentito di cancellare il segno negativo dal saldo settimanale.
E’ un piccolo segno di buona volontà, dopo ben 6 settimane consecutive di ribasso. Per riaccendere la luce dell’ottimismo l’indice che rappresenta l’azionario di Eurozona dovrà però uscire al rialzo dal canale ribassista che guida la sua discesa, e che oggi passa da quota 4.813.
Pesa sull’Europa la difficile governance della Commissione UE, dove è stato possibile ottenerne la fiducia dell’Europarlamento solo dopo estenuanti trattative e scricchiolii nella “maggioranza Ursula”. Ma pesa ancor più l’escalation militare del conflitto in Ucraina, con la difficile posizione europea, lasciata ormai da sola a sostenere Zelensky, mentre Trump sembra sempre più deciso a lasciare Ucraina e forse anche Europa al suo destino.
In Europa la settimana è stata chiaramente positiva (+0,92%) solo per l’indice tedesco Dax, che si conferma il più solido d’Europa e l’unico in grado seriamente di inseguire le performance americane, dato che la distanza dal suo massimo storico si è ridotta al di sotto dei 2 punti percentuali, meno di quella che deve fare Nasdaq100.
Ha ottenuto un forte rimbalzo l’Oro, forse proprio a causa della geopolitica, e sembra voler tronare presto ai massimi storici, mentre il Bitcoin non ne vuol proprio sapere di prendersi una pausa ed ha quasi raggiunto la mitica soglia dei 100.000 $ di quotazione. La criptovaluta sfrutta l’effetto Trump e le dimissioni da Presidente della SEC, l’organismo di controllo sui mercati finanziari USA del mastino Gensler, ostile alle criptovalute.
Niente da fare invece per l’Euro, che continua a perdere terreno col dollaro e riflette molto chiaramente il differente stato di fiducia che gli investitori nutrono nei confronti delle due aree economiche che queste valute rappresentano. La settimana si è conclusa con il cambio Euro-Dollaro appena sopra 1,04, su valori che non si vedevano più da 2 anni.
Per il futuro occorre evidenziare che questa è la settimana del Thanksgiving Day, la festa USA del Ringraziamento, che ricorre sempre l’ultimo giovedì di novembre. Wall Street rimarrà chiusa giovedì, mentre venerdì aprirà solo per mezza giornata e di solito con pochi operatori presenti. La tradizione statistica per questa settimana è abbastanza favorevole, e lo è ancor più quella della settimana successiva, in cui vengono comunicati i dati dei frenetici acquisti del Black Friday, che ormai si tende a dilatare fino a un mese. Se la stagionalità sarà rispettata il rimbalzo per Wall Street dovrebbe trasformarsi in rally. L’Europa spera che alle borse europee arrivi un po’ di traino che consenta agli indici europei di invertire la loro tendenza, che, a parte il Dax, per quasi tutti è ancora saldamente ribassista.
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