Dopo la sbornia rialzista della scorsa settimana, ieri gli indici USA principali hanno consumato ad inizio seduta quell’inerzia rialzista conservata nel weekend. SP500 e Nasdaq100 hanno ritoccato di pochi punti il loro massimo storico, poi hanno prestato il fianco a qualche presa di beneficio, nonostante la buona stella di Musk abbia continuato a brillare su Tesla.
L’azienda del supergenius ha collezionato altri 9 punti percentuali di rialzo, portando il suo avanzamento dal giorno delle elezioni ad uno stellare +39% in sole 4 sedute. L’uomo più ricco del mondo ieri ha visto crescere di altri 20 miliardi di $ il valore del suo patrimonio, salito a 335 miliardi, come pubblicato in tempo reale dal Bloomberg Billionaires Index. Il secondo in classifica (Jeff Bezos, fondatore di Amazon, 228 miliardi) ed il terzo (Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ora diventato Meta Platform, 206 miliardi) ieri hanno “perso” virtualmente qualche spicciolo (1,5 miliardi Bezos e poco più di 2 miliardi Zuckerberg) e guardano sempre più da lontano la schiena di Elon Musk in fuga.
Ma, a parte Tesla, ieri si sono viste arrivare a Wall Street le prime prese di beneficio, che hanno progressivamente ridimensionato il saldo giornaliero dei due principali indici. SP500 ha conservato a fine seduta un modesto rialzo da +0,1% e si è mantenuto a fatica appena sopra quota 6.000 punti, mentre Nasdaq100, dopo 4 sedute consecutive di rialzo, ha dovuto ingoiare il rospo della chiusura negativa (-0,05%).
L’Europa, per una volta, ha provato a rialzare la testa ed è riuscita a concludere in discreto rialzo (Eurostoxx50 +1,07%, ma Dax tedesco +1,21% e Ftsemib italiano +1,56%). Una performance che è servita a ridurre il distacco nei confronti degli indici USA, ma non ancora ad invertire con chiarezza la direzione di marcia degli indici europei, che rimane lateral-ribassista. C’è da chiedersi che cosa potrebbe succedere se oggi a Wall Street si intensificassero le prese di beneficio.
Prese di beneficio che ieri hanno visibilmente interessato l’Oro, che ha proseguito la sua correzione con una scivolata che porta un po’ di preoccupazione. Ma non hanno riguardato il Bitcoin, miracolato da una frase favorevole, pronunciata da Trump all’inizio della campagna elettorale, che ha fatto tornare ai fanatici della moneta virtuale la voglia di sognare. Ieri la sua quotazione ha superato anche quota 89.000 $.
A vedere questa forza del Bitcoin contro il dollaro verrebbe da pensare che la moneta USA si stia indebolendo. Niente di tutto ciò. Il cambio Euro-Dollaro ieri è franato sotto 1,07 e si sta dirigendo verso 1,06. Sono state 3 su 4 le sedute fortemente negative per la moneta europea, segno, certo, della debolezza dell’euro, ma anche della forza del dollaro.
In tema di scivolate, ieri non è mancata quella del prezzo del petrolio, penalizzato dai rumors che uno dei primi decreti esecutivi di Trump possa essere quello che ripristina il permesso di trivellare l’Alaska e facilitare la vita alle estrazioni in mare, con conseguente futura crescita dell’offerta di greggio.
Tornando all’azionario, la seduta di ieri sembra aver esaurito il grosso dell’euforia post-elettorale, per cui oggi potremmo già assistere ad accenni di correzione dei forti eccessi di brevissimo termine che si vedono sui grafici a cadenza oraria di tutti i principali indici USA. In tal caso non mi sembra pensabile che l’Europa possa continuare a recuperare come se niente fosse.
Chi non ha comprato prima, se lo fa oggi rischia di prendersi un piccolo cerino in mano.
Il rally continuerà, ma gli eccessi devono pur essere smaltiti.
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