Da tanto tempo la Cina era uscita dai radar dei mercati finanziari, per essere confinata nell’oblio dei mercati azionari “in decadenza”. Dal resto, mentre in occidente l’uscita dalla pandemia del 2020 ha garantito a Eurostoxx50 3 anni positivi su 5 (2021, 2023 e 2024) ed a SP500 ben 4 su 5 (anche il 2020), l’indice cinese di Shanghai ha avuto anni positivi solo nel 2020 e 2021, per poi scendere inesorabilmente nei 3 anni seguenti. Ovviamente il 2024 va preso come provvisorio, perché non è finito. Però finora in occidente pare assai positivo, mentre in Cina è ancora negativo.
Dopo tutto questo purgatorio, ieri è arrivato il ritorno, almeno momentaneo, nel paradiso dei mercati, grazie al +4,15% realizzato dall’indice di Shanghai nella seduta in cui la Banca Centrale cinese ha varato robusti stimoli monetari, tagliando il già basso tasso ufficiale di interesse e la riserva obbligatoria a carico delle banche, al fine di fornire parecchia liquidità al sistema. Per aiutare l’asfittico mercato immobiliare ha indotto le banche a diminuire il tasso di interesse sui vecchi mutui per adeguarlo agli attuali valori più accessibili. Per indurre la risalta del mercato azionario ha allargato le possibilità di finanziamento usando come collaterale titoli anche azionari, e semplificato l’effettuazione dei buyback di titoli propri da parte delle società quotate.
Questa volta è stato usato il bazooka monetario e le borse cinesi sono schizzate al rialzo.
Che poi tutto ciò riesca a riportare la crescita economica cinese ai livelli del decennio scorso è tutto da vedere. Io sono parecchio scettico. Ma a pompare un rimbalzo di borsa di medio periodo, che per l’immagine del regime sarebbe salutare, potrebbe anche bastare.
Così la partenza europea è stata in gap rialzista e la mattinata scoppiettante, nonostante gli indici IFO tedeschi abbiano confermato la debolezza mostrata il giorno prima dai PMI. A trainare sono stati i titoli più sensibili alle fortune cinesi, come quelli del settore del lusso e, sul mercato delle commodity, oltre al solito Oro, che da qualche giorno rinnova quotidianamente l’appuntamento col massimo storico, hanno brillato l’Argento, il Rame e i metalli industriali.
Dopo qualche realizzo nell’ora di pranzo, nel pomeriggio anche Wall Street ha aperto in leggero gap, mostrandosi però assai meno entusiasta dell’Europa. Le chiusure europee sono state abbastanza positive, sintetizzate dal +1,13% di Eurostoxx50, che però è parso un po’ drogato dalla forte rappresentanza di società del lusso.
A Wall Street le oscillazioni hanno prodotto a fine seduta un rialzo sufficiente garantire a SP500 (+0,25%) il ritocco per un solo punticino del massimo storico, ma non ad entusiasmare. Anche Nasdaq100 è salito (+0,47% finale), ma non ha infranto con la forza che sarebbe richiesta il massimo di agosto, che resta minaccioso scoglio da superare per puntare al massimo storico che manca dallo scorso 10 luglio.
La giornata di ieri ha lasciato così un retrogusto di incertezza e di deterioramento del sentiment, che ha perso la baldanza della scorsa settimana. Il deterioramento della situazione mediorientale, con l’allargamento conclamato del conflitto anche al Libano e la figuraccia dei mediatori e dell’ONU, che non riescono a frenare la foga distruttiva di Netanyahu, spinge ulteriormente alla cautela.
Non dimentichiamo che spesso il martedì segna il punto di svolta della settimana.
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