La fase finale di luglio e le prime sedute di agosto hanno portato una turbolenza tale da catapultare i principali indici azionari mondiali sull’orlo dell’abisso ribassista.
Non ho spazio e tempo per raccontare in dettaglio quel che è successo. Mi limito ad una sintetica ricapitolazione degli eventi.
Tutto è partito dal plateale disallineamento della politica monetaria giapponese rispetto a quella della FED e delle altre banche centrali occidentali. Mentre in occidente l’inflazione sta scendendo e permette alle banche centrali di tagliare i tassi, in Giappone c’è qualche segnale di rialzo dei prezzi e la BOJ, che dopo otto anni di tassi negativi, a marzo li aveva già riportati leggermente sopra lo zero (0,10%), ha effettuato il 31 luglio un ulteriore rialzo a 0,25%, annunciando un periodo di politica monetaria restrittiva.
Negli scorsi anni molti fondi speculativi hanno approfittato dei soldi gratis giapponesi ed hanno aperto posizioni di carry trade, indebitandosi in yen a tasso negativo per poi investire in Giappone sull’azionario, oppure convertire i capitali in dollari ed investire a Wall Street, lucrando così ampie plusvalenze. Ma il cambio di politica monetaria giapponese ha reso meno conveniente questa operatività ed ha pure fatto salire lo yen contro dollaro, esaurendo il latte della vacca carry trade.
Così, precipitosamente, molte posizioni sono state smontate, vendendo gli asset azionari per restituire i prestiti in yen. Il risultato è stato una pioggia di vendite sull’indice Nikkei giapponese (quasi -20% nelle prime 3 sedute di agosto) e a Wall Street, dove si è aggiunta anche la sorpresa negativa del brutto dato sulla creazione di posti di lavoro in USA a luglio, che ha un po’ spaventato gli operatori ed evocato il rischio recessione. Anche SP500 in poche sedute ad inizio agosto è arrivato a perdere quasi -10% dai massimi storici, mentre Nasdaq100 si è inabissato dal massimo storico del 10 luglio fino a oltre -15%, a poca distanza dal minimo di aprile. Una correzione in piena regola.
Ma il rimbalzo dai minimi di inizio agosto si è trasformato presto in una inversione a V, soprattutto grazie a Powell che, con un intervento da super-colomba al simposio di Jackson Hole, ha promesso il taglio dei tassi a settembre ed il famoso pivot, cioè lo spostamento del mirino FED dalla lotta all’inflazione alla lotta alla disoccupazione.
La svolta monetaria USA ha rianimato la speculazione rialzista e riportato i mercati obbligazionari a scontare tra i 3 e i 4 tagli dei tassi entro fine anno. Addirittura, i futures sui tassi FED concedono ora il 30% di possibilità che nella riunione del FOMC del 18 settembre la FED attui un taglio di due scalini, cioè da -0,5% ai tassi ufficiali. Danno comunque per certo che ognuna delle tre riunioni residue del 2024 porterà in dono un taglio dei tassi.
Questo scenario ha ridato fiducia ai settori che più sono stati puniti dalla politica monetaria restrittiva attuata da Powell & c. per combattere l’inflazione: quelli dell’economia reale e le small cap. SP500 è perciò riuscito a correre nuovamente verso il massimo storico e a recuperare quasi tutto il terreno perduto tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. Oggi Wall Street è chiusa, ma domani partirà con l’indice SP500 a soli 21 punti di distanza (lo 0,4% circa) dal massimo storico di 5.669,65 del 16 luglio scorso.
Nasdaq100 ha mostrato minor convinzione nel suo recupero, arrestandolo in attesa della trimestrale di Nvidia, che è arrivata il 28 agosto e non ha convinto un mercato che pretendeva una accelerazione di utili e ricavi superiore a quella che i manager hanno comunicato nella loro “guidance”. Perciò Nvidia da propellente per il rialzo è diventata zavorra e Nasdaq100 si trova ad aver recuperato solo poco più del 60% del suo calo dal massimo storico.
Questa settimana uscirà il dato sulla creazione di posti di lavoro ad agosto ed il mercato si aspetta un chiaro recupero che cancelli le perplessità di luglio e rafforzi la possibilità di un atterraggio morbido dei tassi che sancisca la vittoria sull’inflazione senza penalizzare la crescita USA.
Sarebbe la vittoria di Powell e della FED, ma anche il migliore dei mondi possibili.
Non condivido troppo questa visione. Ma oggi non ho spazio per motivare le mie perplessità. Ci tornerò nei prossimi commenti.
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