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L'INFLAZIONE ILLUDE, LA FED DELUDE. MA NON TROPPO
13/06/2024 09:30

La complessa giornata di ieri ha messo sotto i riflettori ben tre questioni in grado di influire sull’andamento della seduta.

La prima, che si trascinava da domenica sera, è la questione del sovranismo europeo, o, meglio, il poker elettorale francese che Macron ha deciso di giocare dopo la cocente sconfitta alle elezioni europee infertagli da elettori che hanno invece premiato il partito di madame Le Pen.

Martedì la decisione annunciata dal leader del partito repubblicano Ciotti di fare accordi elettorali con l’appestato partito sovranista ha gettalo lo sconforto sui mercati e nella nomenclatura europea, accrescendo il rischio di fallimento per l’azzardo elettorale di Macron.

Ma la base del partito repubblicano si è mostrata più antifascista del suo leader e la dirigenza repubblicana lo ha sfiduciato, rinnegando l’accordo fatto da Ciotti con Le Pen, all’insaputa degli organi collegiali del suo partito.  Così, se non possiamo dire che la sfida a poker sia vinta da Macron, perché la vittoria elettorale, qualunque sia il sistema, la decreta pur sempre il popolo sovrano, possiamo almeno affermare che la “conventio ad excludendum”, architettata dagli altri partiti ai danni dell’estrema destra, che in passato ha sempre funzionato, è stata ripristinata anche per le prossime elezioni di fine giugno. La Francia non è diventata super-europeista in una notte, ma almeno torna fattibile l’ipotesi di costruire un argine europeista per i ballottaggi.

Perciò fin dal mattino ieri si è visto un recupero di azionario ed obbligazionario europei, che hanno affrontato in positivo gli altri due scogli da superare.

Il secondo scoglio di giornata si è presentato alle 14,30 con i dati di maggio dell’Indice dei Prezzi al Consumo USA. Qui possiamo dire che l’inflazione è stata assai benigna, perché il dato mensile globale è stato addirittura invariato, mentre gli analisti si attendevano +0,1%. Il dato Core, cioè senza i prezzi di energia e alimentari freschi, considerato più importante dalla FED (perciò anche dai mercati), ha fatto anche meglio, scendendo da +0,3% di aprile a +0,2% di maggio, mentre gli analisti scommettevano su una crescita uguale a quella di aprile. Oltretutto per un pelo il gioco degli arrotondamenti alla prima cifra decimale non ha decretato un rallentamento più forte, dato che la variazione più precisa dei prezzi core a maggio sarebbe solo +0,16%.

Con questo dato la traiettoria dell’inflazione USA, dopo la risalita dei primi mesi del 2024, ricomincia a convergere con maggior rapidità verso l’obiettivo FED del 2% annuale. E’ ancora lontanuccia   (+3,4%), ma ad aprile era a +3,6%.

Immediata la festa degli indici europei e dei futures americani, che hanno sparato un rialzo in grado di far aprire gli indici di Wall Street con ampio gap rialzista ed acquisti generalizzati (ieri anche da parte delle small cap, che soffrono inflazione e tassi alti). Ciliegina sulla torta, Apple ha proseguito la salita che l’ha riportata ad essere il titolo più grande d’America.

L’euforia ha perciò fatto crescere le aspettative che la FED potesse magari accogliere con soddisfazione il calo dell’inflazione e concedere un taglio in più dell’unico interamente scontato dai mercati dei futures prima del dato. Intanto le borse europee, con rialzi in genere superiori al punto percentuale, hanno recuperato parte del calo del giorno precedente. Il migliore di giornata, il Dax tedesco, ha addirittura recuperato tre sedute negative in un colpo solo.

Alle 20 ecco il terzo evento clou, il comunicato delle decisioni e delle proiezioni sui tassi di interesse ufficiali della FED, al termine del FOMC dei governatori.

I mercati azionari ed obbligazionari, entusiasti per l’inflazione benevola, attendevano regali monetari da una FED soddisfatta come loro.

Invece è arrivato un comunicato solo leggermente diverso da quello di maggio. Invece di “assenza di progressi dell’inflazione verso l’obiettivo” si parla di “ulteriore modesto progresso”, ma il resto pare un copia e incolla del comunicato di maggio.

Comunque, sono state le proiezioni dei membri FED a deludere di più. I tagli previsti entro fine anno sono passati dai 3 indicati a marzo ad uno solo. I due mancanti sono stati spostati al 2025.

Che avrebbero scritto se invece di scendere l’inflazione fosse leggermente risalita?

Powell in conferenza stampa ha ribadito che un solo dato positivo non basta e che la FED vuole vedere più dati favorevoli per aumentare la sua fiducia prima di alzare il piede dal freno monetario.

Così la seduta americana è terminata con prese di profitto in grado di ridurre il saldo giornaliero di SP500 dal +1,33% segnato dopo la prima ora, ad un meno eclatante, ma pur sempre significativo +0,85% finale. Nasdaq100, su cui più che la mini-delusione FED ha pesato l’impronta rialzista di ben 4 delle magnifiche 7 (Apple, Nvidia, Microsoft e Tesla), ha chiuso la seduta con un saldo superiore (+1,34%) e per una volta le small cap dell’indice Russell2000 hanno battuto tutti con +1,55%.

Oggi la seduta dovrebbe inizialmente produrre sugli indici europei le prese di beneficio arrivate in USA nel dopo-FED. Per Wall Street attendiamo i ripensamenti notturni per verificare se questo tourbillon di euforia e scoramento produrrà deviazioni dal percorso rialzista del rally, che i grafici evidenziano come chiaramente ripristinato dalla serie di recenti massimi storici.

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