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LA REFLAZIONE USA ABBATTE SOLO I BOND
11/04/2024 09:30

La seduta dei mercati ieri è stata totalmente condizionata dal dato sull’inflazione USA di marzo.

I mercati azionari europei hanno iniziato bene con un discreto rimbalzo, che ha recepito il fiducioso finale di seduta di martedì a Wall Street.

Fiducia mal riposta, perché alle 14,30 è uscito un Indice dei Prezzi al Consumo USA di marzo piuttosto brutto.

L’inflazione Core è stata misurata per la terza volta consecutiva ad un ritmo di aumento mensile del +0,4%, mentre le attese degli analisti erano per un rialzo più contenuto, a +0,3%. Così il dato annuale ha fermato la sua discesa, restando ancorato ad un tasso di crescita di +3,8%, come a febbraio, assai distante dall’obiettivo FED del 2% e in deciso contrasto con le pretese di Powell & C. che l’inflazione continui stabilmente a procedere verso l’obiettivo prima di iniziare a tagliare i tassi ufficiali.

Logica vuole che i falchi si trovino ora invogliati ad alzare il volume del loro NO al taglio dei tassi e che le colombe abbassino la voce, intimorite dal rischio di commettere lo stesso errore che fu fatto negli anni ’80 del secolo scorso, quando un taglio troppo affrettato dei tassi stimolò una nuova fiammata inflazionistica che richiese dosi da cavallo di restrizione monetaria per essere domata dalla FED, presieduta allora da Paul Volcker.

I mercati obbligazionari hanno reagito immediatamente secondo questa logica. I Treasury di ogni durata sono stati immediatamente venduti a piene mani. Il rendimento del titolo di stato decennale USA in 5 minuti è salito di 14 punti base e nel resto della seduta ne ha accumulati altri 4, per chiudere al 4,54%, valori mai più visti dopo la prima metà dello scorso mese di novembre.

Un po’ di scossa l’ha presa anche l’obbligazionario europeo, ma solo per circa la metà di quella ricevuta dai Treasury USA. Il decennale tedesco ha visto il rendimento salire, ma meno di 10 punti base. Un movimento che è parso poco più un riflesso condizionato, perchè in Europa l’inflazione è già uscita qualche giorno fa ed è risultata in attenuazione e già abbastanza prossima all’obiettivo del 2% che è anche della BCE. Perciò il mercato ipotizza che la BCE abbia ancora sufficienti motivi per tagliare i tassi a giugno.

In USA invece, dopo il dato, i futures sui tassi FED hanno annullato le probabilità di un taglio dei tassi a giugno e portato quasi a zero le possibilità per luglio, mentre il numero dei tagli pienamente scontato per questo anno 2024 si è ridotto a uno solo, fatto in autunno, mentre un secondo taglio è diventato molto incerto.

Anche l’azionario ha immediatamente ripiegato in negativo, con gli indici europei che hanno infranto il minimo di aprile e Wall Street che ha aperto in forte gap ribassista, con SP500 sceso anch’esso sotto il minimo di aprile ed il tecnologico Nasdaq100 adagiatosi per la terza volta in pochi giorni sulla media mobile a 50 sedute. Ma Wall Street, dopo l’apertura al cardiopalma, ha visto subito l’arrivo dei compratori di minimi, che debbono ancora essere abbastanza numerosi, dopo 5 mesi di rally. Così gli indici azionari sono rimbalzati, trascinando l’Europa addirittura a chiudere in positivo la seduta. Poca roba (Eurostoxx50 +0,2%), ma grasso che cola se consideriamo la faccia del mercato dopo il dato sull’inflazione.

Dopo la chiusura europea a Wall Street la battaglia tra ottimisti e pessimisti ha prodotto un nuovo tentativo di affondo ed un nuovo recupero, che non è riuscito a riportare gli indici neppure vicini al pareggio (SP500 -0,95%; Nasdaq100 -0,87%), ma, almeno, ha evitato il segnale ribassista della chiusura di seduta sotto i supporti. Solo il Russell2000 delle small cap (-2,78%) è capitolato per l’ostilità delle small cap ai tassi alti.

Oggi i mercati ripartono con l’impressione che la situazione monetaria resti assai complicata e che in USA i tassi rimarranno alti più a lungo. Ma anche con l’evidenza che la spallata ribassista di un dato chiave peggiore delle attese, ieri non è riuscita a prosciugare l’ottimismo che sostiene il rialzo da oltre 5 mesi.

Il che potrebbe attirare altri compratori intenzionati a risvegliare per l’ennesima volta il toro, che, povera bestia, da un po’ di mesi corre tanto e dorme pochissimo.

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