In attesa che oggi l’inflazione americana possa servire a chiarire un po’ le idee, ora abbastanza confuse, a mercati azionari che sembrano aver perso in aprile un po’ della baldanza mostrata nei 5 mesi precedenti, ieri si sono visti movimenti decisamente più ampi di quelli di lunedì.
Come al solito l’Europa azionaria si è trovata a dover inseguire le bizze americane. Siccome il giorno precedente Eurostoxx50, che sintetizza l’Eurozona azionaria, aveva trascurato la calma degli indici americani e si era lanciato all’inseguimento del rialzo americano di venerdì, avvenuto a mercati europei chiusi, la constatazione che gli indici USA erano poi rimasti ingessati per tutta la seconda parte della seduta di lunedì in leggero ribasso ha costretto gli indici europei a passare la mattinata di ieri a restituire quanto avventatamente recuperato il giorno prima. In Europa si è così tornati ai valori di venerdì, per poi tentare un rimbalzo nel primo pomeriggio, fiduciosi che Wall Street avrebbe aiutato il recupero.
Ma i principali indici USA, dopo aver aperto in lieve rialzo la loro seduta, hanno preso la via del ribasso abbastanza impetuosamente, tornando ben al di sotto dei valori di lunedì, fin quasi a testare il minimo di quella sorta di flash crash che si è visto nella seconda parte della seduta di giovedì scorso.
Una scivolata che ha fatto ripiegare abbondantemente anche gli indici europei, che sono andati a chiudere la seduta in deciso ribasso, generalmente superiore al punto percentuale e sintetizzato con -1,09% da Eurostoxx50.
In questo modo maldestro gli indici europei hanno negato il rimbalzo del giorno precedente e fornito un segnale grafico non troppo rassicurante di continuazione del trend ribassista di breve periodo.
Ma Wall Street dopo la chiusura europea ha voluto dimostrare ancora una volta che gli investitori USA magari vacillano, ma non mollano tanto facilmente le loro ottimistiche aspettative di continuazione del rally.
Infatti, nella seconda parte della loro giornata, gli indici USA hanno recuperato il forte passivo e con l’accelerazione dell’ultima ora si sono portati a chiudere la seduta in leggero rialzo (SP500 +0,14%, Nasdaq100 +0,39%). Pur senza osare scavalcare il massimo di venerdì scorso, hanno rimesso l’umore in condizione di neutralità, per presentarsi in pole position ai nastri di partenza di una nuova tappa del rally, qualora oggi dovesse uscire un dato sull’inflazione USA di marzo non maligno.
Occhio perciò a quel che arriverà oggi, alle ore 14,30 dall’ufficio statistico federale americano.
Ricordo che l’inflazione Core di marzo, la misura più guardata dalla FED, è prevista dagli analisti in crescita di +0,3% mensile, un po’ meno del +0,4% di febbraio. Il dato Core annuale è previsto a +3,7%, un po’ meno del +3,8% arrivato a febbraio.
E’ ovvio che valori peggiori delle attese consentiranno ai falchi della FED di alzare la voce per insistere con la politica monetaria restrittiva ed i tassi ufficiali fermi al 5,5% anche oltre giugno, e per limitare magari ad uno solo il numero dei tagli da effettuare nel 2024, mentre per ora il mercato continua a scommettere su tre.
Gli effetti sarebbero deleteri per i mercati azionari (soprattutto per Nasdaq e Russell2000) e ancor più per quelli obbligazionari, che sembrano già un po’ rassegnati.
Se, invece, arrivassero dati pari o migliori alle attese, aumenterebbero parecchio le probabilità di ripresa del rally e di rinvio a data futura indefinita di una severa correzione dei mercati azionari, che manca da quasi sei mesi.
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