La seconda settimana di aprile è partita con gli indici europei all’inseguimento del rimbalzo americano (Eurostoxx50, che li sintetizza, ha segnato ieri un notevole +0,62%), ma con quelli americani ingessati in una seduta noiosamente immobile e chiusa in flebile ribasso, che ha lasciato immutata l’incertezza per la direzione futura dei mercati azionari, alle prese con un segnale di inversione ribassista di breve periodo che è scattato nei giorni scorsi ma ora deve essere confermato o negato.
Temo che neppure la seduta odierna, priva di dati economici significativi, possa essere in grado di togliere le castagne dal fuoco ad un mercato azionario che sembra avere le pile un po’ scariche, dopo la corsa incessante da inizio anno. Eurostoxx50 da febbraio in poi non è mai stato più di 4 sedute sotto un precedente massimo pluriennale e SP500 mai più di 7 sedute senza migliorare il massimo storico. La seduta odierna molto probabilmente sarà per Eurostoxx50 la quinta senza nuovi massimi e per SP500 la settima senza massimo storico. A meno di sorprese positive clamorose, come potrebbe essere la tregua mediorientale, che non sembra ancora dietro l’angolo.
Lo spauracchio dei mercati è il dato di domani sull’inflazione USA. Le brutte sorprese arrivate a gennaio e febbraio rendono i mercati dubbiosi su quel che potrebbe arrivare dal mese di marzo. Il dato molto robusto sul mercato del lavoro USA, che si è visto venerdì, e i segnali di ripresa congiunturale arrivati dagli indici PMI europei e dall’ISM americano sembrano cancellare del tutto le ipotesi di recessione, almeno per qualche trimestre. I rialzi dei prezzi delle materie prime e soprattutto del petrolio che si vedono da parecchie sedute incutono qualche terrore di diffusione di focolai inflazionistici. Se anche le banche centrali, come traspare dalle dichiarazioni di alcuni membri particolarmente falchi, si faranno intimorire da questo momento di “reflazione”, l’ipotesi di taglio dei tassi FED a giugno e dei fatidici 3 tagli nel 2024 potrebbe non trovare alcun riscontro nei fatti.
Per questo motivo l’obbligazionario da qualche seduta sta rivedendo al rialzo i rendimenti. Il Treasury decennale ha definitivamente scavalcato il 4,36%, che da dicembre dello scorso anno aveva sempre respinto i timori degli investitori, e ieri si è portato oltre il 4,40%.
E’ risalito anche il rendimento del Bund decennale tedesco, pur restando al di sotto del rendimento massimo di questo 2024 (2,50% circa). La maggior tranquillità europea è dovuta al fatto che in Europa l’inflazione è decisamente inferiore a quella che si vede in USA e alla “quasi promessa” di tagliare a giugno, che la BCE si è fatta scappare lo scorso mese.
Oggi, perciò, mi aspetto ancora incertezza e stabilità delle quotazioni azionarie, perché il momento del pahtos arriverà domani alle ore 14,30.
Intanto l’oro continua la sua salita e ieri ha ritoccato per la settima seduta consecutiva il suo massimo storico. Pare che a contribuire al rialzo siano anche gli investitori cinesi, in cerca di alternative, che si buttano sugli ETC sull’oro e sull’ETF sulle miniere aurifere perché laggiù l’azionario da tre anni non dà soddisfazioni, mentre l’immobiliare è in crisi profonda e costellato di fallimenti da parte dei grandi costruttori.
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