La prima settimana del mese di aprile e del secondo trimestre ci ha consegnato, rispetto al trimestre che l’ha preceduta, un messaggio di moderazione dei toni da parte di un mercato azionario che nei mesi precedenti è stato persino arrogante nel suo ottimismo.
Per una volta, e non si vedeva da parecchio, la coralità dei principali indici azionari ha suonato una settimana di ribasso. Sia quelli USA, che quelli europei, che il Nikkei giapponese, hanno il segno negativo davanti al saldo settimanale. Gli indici cinesi si sono sottratti al calo solo perché nelle ultime due sedute della settimana, quelle più turbolente, le borse cinesi sono rimaste chiuse.
Certo, non è la prima volta che si vede una settimana negativa durante il lungo rally, quasi senza interruzioni, che ha caratterizzato gli ultimi 5 mesi.
Ma la scorsa settimana si sono visti alcuni indizi che rendono un po’ più probabile di altre volte l’inizio di una correzione, che manca da troppo tempo. Ne indico 3:
1) Per la prima volta dal mese di ottobre del 2023 l’indice SP500, il faro per tutto l’azionario globale, ha attuato una discesa dal precedente massimo storico di oltre due punti percentuali.
2) L’indice della paura VIX, che misura la paura di ribasso implicita nei prezzi delle opzioni su SP500, dopo essere sceso per alcune settimane fino al pavimento di quota 13 punti, dove staziona quando vi è estrema confidenza rialzista, ha ricominciato a salire dal 1° aprile e giovedì scorso ha chiuso la seduta al di sopra dei 16 punti. Un finale di seduta sopra quota 16 non si vedeva dal novembre dello scorso anno. Ma soprattutto si nota che il rimbalzo dell’indice SP500 arrivato venerdì, invece di far arretrare vistosamente il Vix, come sempre sé successo nei precedenti rimbalzi dell’indice, questa volta non ne ha scalfito più di tanto la solidità, tanto che l’indice VIX ha chiuso la settimana ancora leggermente al di sopra di quota 16.
3) Sia gli indici USA che quelli europei hanno disegnato un modello di inversione ribassista di breve termine detto 1-2-3 High, che il rimbalzo americano di venerdì non è ancora riuscito a negare.
Ho parlato di indizi e non di prove, perché, dopo tutte le false partenze di correzione, puntualmente abortite in questo 2024, servono altre dimostrazioni di debolezza irrobustire l’ipotesi di una correzione, che peraltro viene dichiarata quando il calo da un massimo relativo supera i 5 punti percentuali. Cosa che potrebbe verificarsi solo se SP500 scendesse ben al di sotto della media mobile a 50 periodi. Ma per ora l’indice ha sfondato solo la media a 20 sedute, per poi recuperarla venerdì.
Il toro sembra disperso, ma da lì a dichiararne la morte presunta occorre attendere ben altre disfatte da parte degli indici.
Comunque, i mercati obbligazionari ci hanno dimostrato che la loro malattia, causata dalle politiche monetarie restrittive delle banche centrali, continua produrre sintomi di calo, perché stanno incorporando aspettative di rendimenti ancora alti per un po’ di tempo. La scorsa settimana sono arrivate notizie non buone sul fronte dei prezzi delle materie prime, tra cui soprattutto il petrolio, che stanno rialzando la testa. Si è anche confermata la forza del mercato del lavoro, che aiuta il ciclo economico a ritrovare crescita sostenuta, ma anche a rendere propensi i consumatori ad accettare rialzi dei prezzi. Non è un caso che la parola più usata dai commentatori negli ultimi giorni sia “reflazione”, cioè inflazione che torna a salire leggermente.
Ciò complica parecchio la vita alle banche centrali, proprio ora che sembravano propense a tagliare i tassi. Infatti, si sono viste con un certo spavento dichiarazioni di banchieri FED che non vedono la necessità di tagliare i tassi quest’anno, o al massimo di fare un solo taglio. Assai meno di quel che pretendono i mercati.
Di tutta questa incertezza approfitta l’oro, tornato impetuosamente primario bene rifugio, che ha collezionato una serie di sei massimi storici consecutivi nelle ultime sedute.
Concludendo: la baldanza dello scorso trimestre sembra dimenticata, ma la correzione dell’azionario non pare ancora evidente, mentre la volatilità, che di solito latita quando gli investitori sono tranquilli, ora sta rialzando la testa e rende l’operatività più rischiosa.
Se ne ricava un messaggio di incertezza. Mi dispiace, ma questo è ciò che i mercati ci trasmettono, per ora.
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