Nonostante le parole caute che Powell ha pronunciato giovedì, tra le quali però l’ipotesi di tagliare i tassi non è mai apparsa, gli investitori americani sono convinti che ormai la FED non abbia più altra scelta se non quella che non vuole ancora annunciare.
Ci sono segni di rallentamento dell’economia USA? C’è la possibilità che da sabato prossimo per gli USA scatti il temuto shutdown, cioè la chiusura di gran parte degli uffici pubblici e delle possibilità di spesa federale, nel caso, tutt’altro che improbabile, che un lontano accordo parlamentare non venga raggiunto in tempo? Ci sono le tensioni geopolitiche in Medio-oriente e l’ostinazione israeliana a massacrare Hamas e tutti i civili che passano nei paraggi potrebbe provocare un allargamento della guerra, coinvolgendo l’Iran? Ai mercati interessa poco. Anzi. Tutto ciò aiuterà la FED a diventare accomodante più in fretta.
All’eventualità che arrivi la recessione in USA non crede ancora nessuno, almeno per qualche trimestre. Forse è meglio specificare che magari qualcuno pensa che arrivino momenti bui, ma nessuno pensa che le difficoltà economiche riusciranno a scalfire il velo di invulnerabilità che riveste il settore tecnologico, un po’ come capitò ai tempi della pandemia, quando la recessione causata dai lockdown spinse governo e FED a regalare soldi ed arricchì larghi settori del Nasdaq.
Perciò, invece di preoccuparsi di eventuali cali di borsa, gli investitori si stanno preoccupando di essere tagliati fuori dal rally di fine anno e vengono colpiti da una strana ansia da prestazione (si chiama FOMO nel gergo di Wall Street) che li spinge a comprare sempre, tanto più ad ogni minimo accenno di correzione, alimentando così sempre nuovi impulsi rialzisti.
La FOMO pare concentrata soprattutto sul settore tecnologico, ma si diffonde agli indici “generalisti” grazie al peso che le grandi protagoniste del Nasdaq hanno raggiunto all’interno di SP500, che viene così risucchiato al rialzo dalle performance di pochi grandi super-campioni della tecnologia.
Perciò, dopo la fantastica prima settimana di novembre, che aveva riportato il Nasdaq100 a scalare tutto il canale discendente della correzione estiva e portarsi nei pressi del bordo superiore, la seconda ha provveduto a rompere al rialzo la resistenza e generare un chiaro segnale di fine correzione, con un primo obiettivo di riportarsi anche abbastanza velocemente a testare il massimo di luglio ed un obiettivo per fine anno di arrivare ai massimi storici per l’ennesima volta.
Una tale verve ha contagiato anche SP500, che, sia pure con minor veemenza, è risalito fino al bordo superiore del suo canale ribassista ed affida alla settimana entrante il compito di fornire quel segnale di chiara salute e di voglia di rally che Nasdaq100 ha già dato.
Tutto il resto dell’azionario mondiale è decisamente meno florido, e pare più concentrato a vedere anche la parte negativa del rallentamento economico.
Gli indici europei hanno faticato a non perdere quota rispetto alla scorsa settimana, mentre quelli asiatici sono frenati dalle difficoltà dei cinesi a tornare ai ritmi di crescita del passato, che forse non vedremo mai più.
Però il traino americano è potente e potrebbe costringere tutti alla FOMO.
Qualcuno si preoccupa che il destino di tutti i mercati azionari del mondo dipenda da quello di una decina di colossi USA? Se c’è, io non posso dargli torto. Sappia però che in giro, a pensarla come lui, sono proprio in pochi.
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