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ORA CHE L'EUROPA TIRA, WALL STREET MOLLA
10/11/2023 09:30

Destino curioso quello dei listini azionari europei, che nei primi due giorni della settimana hanno anticipato una correzione che in USA non si è vista, e ieri hanno deciso di rompere gli indugi al rialzo, ipotizzando che la correzione americana non sarebbe arrivata neppure ieri.

Ma Wall Street ha aspettato la chiusura europea e poi ha fatto lo scherzetto di scivolare in modo piuttosto evidente, non riuscendo più a contrastare flussi di vendita che sono cresciuti con l’avvicinarsi al muro psicologico di quota 4.400 dell’indice SP500.

La storia della seduta di ieri vede così un’estensione del rimbalzo in Europa, con Eurostoxx50 in deciso rialzo (+1,21%), aiutato dalle notizie positive provenienti dalla Spagna, dove il premier Sanchez, socialista, sembra essere riuscito a perfezionare l’accordo di Governo con il partito indipendentista catalano di Puigdemont per la formazione di un governo europeista.

Ma, ironia della sorte, gli indici USA terminare in netto calo, dopo la sfilza di sedute positive che ieri si è interrotta sia su SP500 (-0,81%) che sul tecnologico Nasdaq100 (-0,82%).

Oltretutto SP500 ha mostrato con evidenza l’impossibilità di superare il massimo di ottobre ed ha disegnato un duplice modello di inversione ribassista (Bearish Engulfing e Outside Bar) di buona affidabilità, che nella seconda metà della seduta di ieri si è già mangiato le piccole candele rialziste delle tre sedute precedenti, atterrando in prossimità del gap rialzista lasciato aperto dalla seduta di venerdì scorso. Un gap che oggi, molto probabilmente, le vendite cercheranno di chiudere, sapendo che, comunque, ne restano aperti più in basso ancora altri due, generati dalle prime due sedute euforiche del mese di novembre.

Non mi azzardo a prevedere che vengano presto chiusi tutti e tre i gap, perché in tal caso dovremmo commentare un brusco ritorno sui valori depressi di fine ottobre. Non lo escludo, ma non ho per ora elementi che rendano probabile questo esito. Assai più probabile sembra per ora un mercato che si accontenti di chiuderne uno oppure al massimo due, per poi cercare di ripartire.

Nella decisione del mercato azionario USA di scaricare nella seconda parte della seduta di ieri masse di titoli, che solo qualche giorno prima ci si strappava di mano, un ruolo devono averlo avuto anche le parole di Powell, intervenuto ad un evento pubblico. Il Presidente FED ha ripetuto il mantra che ci allieta da almeno un semestre, cioè che al momento non ci sono elementi che consiglino di alzare ulteriormente i tassi, ma, se l’inflazione dovesse smettere di calare, la FED non avrebbe alcuna titubanza ad aumentarli di nuovo. Ovviamente non ha nemmeno lontanamente accennato alla possibilità di tagliarli.

Questa ostinazione a perseverare nell’attesa per paura di sbagliare deve aver convinto a realizzare i guadagni ottenuti in pochi giorni parecchi tra coloro che, a cavallo tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, si sono buttati a comprare a piene mani azioni ed obbligazioni, per scontare la svolta monetaria, data per certa dopo i cali dell’inflazione europea.

Oggi occorrerà verificare se lo stop americano sarà così preoccupante da costringere alla ritirata gli indici europei, costretti ad inseguire sempre gli scherzetti che fa Wall Street appena chiudono le borse europee.

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