Agosto continua a confermare anche quest’anno la sua stagionalità ribassista, che lo pone statisticamente tra quelli più avari di soddisfazioni per gli operatori.
Anche la terza settimana del mese ha portato performance negative per tutti i principali indici azionari del mondo, con evidente aumento sia della volatilità che dei timori per l’immediato futuro.
In USA tutti i 4 principali indici azionari hanno segnato cali superiori al -2% settimanale. La peggiore accelerazione ribassista è arrivata sul Russell2000 delle small cap americane (-3,26%).
In Europa il calo settimanale è sintetizzato dall’indice Eurostoxx50 con un -2,48%, ma non è stato uniforme. Hanno perso meno del -2% gli indici tedesco, italiano e spagnolo, ma l’azionario francese e soprattutto quello olandese (quasi -4%) hanno mostrato maggiore pessimismo.
Cali ancor più pesanti in Asia, con il giapponese Nikkei ed il coreano Kospi oltre il -3%, Hong Kong addirittura a -6%, mentre gli indici cinesi hanno mostrato variazioni comprese tra il -1,8% di Shanghai e il -3,2% di Shenzhen.
A motivare la terza settimana di debolezza la cronaca ci ha portato alcuni eventi, tra loro anche abbastanza contrastanti, che provo a sintetizzare.
Quello più pubblicizzato è senza dubbio il precipitare della crisi immobiliare cinese, con la venuta al pettine di significativi casi di insolvenza, come già capitò nel 2021. Allora il governo cinese riuscì a mettere la polvere sotto un tappeto che il vento agostano pare aver nuovamente scoperchiato. Negli ultimi giorni si allunga la lista delle grandi società di costruzioni che lanciano segnali di massicce crisi di liquidità. La prima è stata Evergrande, che aveva segnalato difficoltà qualche settimana fa e che venerdì scorso ha chiesto in USA la protezione federale dal fallimento, dichiarando di fatto la sua insolvenza. Ma anche un altro colosso, Country Garden, si prepara a ristrutturare il suo debito, dopo aver mancato il 6 agosto il pagamento di cedole obbligazionarie. Infine (per ora), anche un grosso fondo immobiliare dal nome impronunciabile (Zhongzhi Enterprise Group), una vera e propria banca ombra da 137 mld$, ha sospeso i rimborsi a migliaia di investitori. La sua insolvenza si aggiunge all’esposizione debitoria complessiva di Evergrande e Country Garden, di oltre 500 mld$. In pochi giorni le somme a rischio di evaporazione si sono quindi fatte decisamente imponenti, accrescendo il nervosismo dei mercati di fronte ad un possibile contagio. Il governo cinese sdrammatizza, ma intanto ha sospeso la pubblicazione mensile delle statistiche sulla disoccupazione giovanile, dopo che la percentuale di giovani “non lavoratori” ha superato a luglio il 21%.
Un secondo elemento di incertezza e preoccupazione pare essere, paradossalmente, la forza dell’economia USA, che continua fornire dati macroeconomici solidi, in evidente contrasto con le debolezze degli indicatori anticipatori, che da mesi annunciano una recessione che non arriva mai. Anzi, luglio ci ha mostrato un’inflazione che si fa vischiosa ed ha interrotto la sua rapida discesa. Inoltre, i prezzi del petrolio, dopo un mese e mezzo di forte rialzo, si stanno consolidando al di sopra degli 80 $ al barile. Così i verbali dell’ultima riunione FED segnalano un orientamento dei membri FED ancora propenso ad effettuare altri rialzi dei tassi prima della fine dell’anno e a non considerare fino al 2025 eventuali ipotesi di taglio.
Il mercato obbligazionario in queste settimane agostane è stato così costretto a riconsiderare le sue aspettative, ridimensionando le illusioni che presto arrivi la tanto agognata svolta nella politica monetaria FED, per posizionarsi su attese di tassi più alti e per maggior tempo. In concreto questo ripensamento ha significato un aumento dei rendimenti soprattutto sulla parte lunga della curva dei Treasury americani, che ha riportato il rendimento del decennale USA a ripetere, proprio giovedì quel 4,33% ottenuto a metà ottobre dello scorso anno, in coincidenza dei minimi del mercato azionario.
Sebbene il sentiment degli investitori sui mercati azionari sia stato piuttosto euforico per un paio di mesi, il cambio di aspettative sull’inflazione e sui futuri tassi ufficiali ha contribuito, insieme ai timori asiatici, a rendere più vistoso l’arretramento degli indici occidentali.
La settimana che inizia oggi vede SP500 impegnato a tentare di proseguire il rimbalzo dal supporto di area 4.330, già avvicinato venerdì scorso, dopo che nei giorni precedenti ha sfondato ampiamente la media mobile a 50 sedute, che ora potrebbe fare da resistenza in area 4.455 e consentire solo un rimbalzo tecnico destinato al fallimento. In tal caso, se l’arretramento successivo dovesse sfondare area 4.330, si completerebbe un testa e spalle ribassista che potrebbe appesantire la correzione fino all’area 4.050.
Precaria appare anche la condizione degli indici europei. Eurostoxx50 è riuscito ad aggrapparsi, con le unghie e coi denti, al supporto rappresentato dal minimo di luglio, in area 4.200. La perdita di questo livello potrebbe favorire la discesa fino all’area 4.000.
Questa settimana ci porta il meeting delle banche centrali a Jackson Hole, che si terrà dal 24 al 26 agosto. I lettori di buona memoria ricorderanno che lo scorso anno Powell scelse proprio quell’evento per schiaffeggiare i mercati ed abbattere le illusioni di ribasso dei tassi coltivate in estate. Il risultato fu il tonfo che portò al minimo del 2022 di metà ottobre.
La situazione attuale appare abbastanza simile, poiché fino a due settimane fa i mercati azionari ed obbligazionari hanno prezzato analoghe speranze di imminente svolta monetaria che celebri i successi contro l’inflazione.
I verbali del FOMC sembrano però annunciare un discorso che potrebbe fare rima con quello dello scorso anno. Forse anche per questo motivo i timori si fanno sempre più palpabili.
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