Ieri, almeno fino a quando Wall Street non ha aperto bottega, gli occhi di tutti sono passati dalla reazione al piano di salvataggio di Credit Suisse, attuata dai pompieri monetari svizzeri, alla curiosità su come la BCE sarebbe uscita dall’angolo in cui la crisi bancaria l’aveva cacciata.
Un po’ di sollievo inizialmente si è visto, con un’apertura in ampio gap rialzista da parte degli indici europei, di pari passo con il rimbalzo piuttosto potente di Credit Suisse, che ha incassato parole di sostegno dalle Autorità di Vigilanza svizzere, che hanno garantito sulla solidità degli indici di rischio della banca sotto i riflettori. Ma ha incassato anche la linea di credito da 50 miliardi di franchi svizzeri concessa dalla sua Banca Centrale, in caso di necessità.
Con questi “aiutini” non stupisce che il titolo della banca svizzera abbia attuato un rimbalzo di quasi il 19%, recuperando quasi due terzi del calo del giorno prima ed abbia fugato anche i pericoli di contagio immediato, riportando un po’ di sollievo sul settore bancario europeo.
Restava però da valutare la BCE. Così i listini europei hanno ridimensionato il rialzo, forse timorosi di vedere una BCE non troppo “sul pezzo”.
Infatti, il comunicato della BCE ha confermato il rialzo del tasso ufficiale di 50 punti base, portandolo al 3,5%, frustrando le speranze di chi magari sperava in una moderazione dettata dalla crisi bancaria. Niente affatto. Anzi, le proiezioni economiche fatte dall’Ufficio Studi sono apparse subito provenienti da un altro pianeta. Certo, la BCE ha precisato che il documento è stato redatto prima dei recenti avvenimenti bancari. Ma le proiezioni rivelano che lo stuolo di economisti di Francoforte, dalle menti raffinate e dallo stipendio maggiorato, non aveva la minima idea delle condizioni in cui versavano le banche che poi sono fallite solo qualche ora dopo che le loro proiezioni sono arrivate alle stampe. Ora possono tranquillamente finire nel cestino.
Ci ha pensato poi Lagarde a far capire che anticipare di un mese quel che si farà espone a figuracce evitabili. Così d’ora in poi, sebbene la BCE senta l’esigenza di proseguire ancora un po’ la manovra di rialzo dei tassi (anche perché l’inflazione in Eurozona è ancora al 8,5%, cioè 5 punti percentuali superiore al tasso di interesse ufficiale), la modalità di decisione diventerà strettamente dipendente dai dati che arriveranno sulle scrivanie dei componenti il Board BCE.
Traduzione: abbiamo fatto un’ultima mossa da falco, ma per farne altre vorremo vedere che non ci siano sorprese sul settore bancario e, se ci saranno, interverremo.
La performance della BCE non è una grande prova di capacità, né di previsione, né di orientamento.
I mercati non si sono entusiasmati, ma hanno almeno apprezzato l’apertura alla flessibilità futura.
Ad entusiasmarli ci hanno pensato verso la fine della seduta europea le notizie provenienti dagli USA, dove la First Republic Bank, in grave crisi di liquidità e candidata a fare la prossima vittima predestinata del tritacarne finanziario, è stata invece salvata dal deposito da 30 miliardi di $ effettuato da un pool comprendente tutte le maggiori banche USA, si vocifera dietro sollecitazione della FED.
Così va il mondo: i piccoli risparmiatori si spaventano per il futuro delle piccole banche regionali e corrono a chiudere i conti, per spostare i loro soldi sulle grandi banche sistemiche (too big to fail, troppo grosse per fallire). Queste li prendono e li girano alle piccole banche in difficoltà.
In questo modo si potrà dare un altro calcio al barattolo, fino a quando i politici si ostineranno a consentire alle banche di diventare così grandi da poter prendere in ostaggio persino gli Stati.
Wall Street ha messo la quarta ed attuato un cospicuo rimbalzo, contagiando gli indici europei, che hanno chiuso con rialzi superiori al punto percentuale (Eurostoxx50 +2,03%).
In USA SP500 ha continuato a salire fino al termine, arrivando a realizzare 100 punti di rialzo dal minimo al massimo di seduta. La chiusura è stata a quota 3.960 (+1,76%). Tecnicamente l’indice ha superato nuovamente la media mobile a 200 sedute e fornito un segnale di inversione rialzista di breve termine chiamato 1-2-3 low. Nasdaq100, galvanizzato dalla possibilità che la FED rallenti la morsa sui tassi, ha fatto faville anche ieri: +2,69% e quarta seduta positiva consecutiva, con grande recupero di forza relativa rispetto a SP500 ed a tutti gli indici azionari mondiali.
L’opera dei pompieri ha così probabilmente spento il focolaio di preoccupazione sul futuro del sistema bancario.
Ritengo però quasi certo che questo evento provochi strascichi sull’economia reale, perché ora le banche diventeranno tutte più attente a prestare il denaro e se lo faranno pagare di più. Gli spread creditizi sui debitori meno affidabili sono già saliti e difficilmente scenderanno tanto facilmente, anzi.
Perciò questo giro sull’ottovolante bancario aumenta le probabilità che la recessione arrivi presto, arrivi anche in Europa, e sia assai peggiore di quel soft landing che 10 giorni fa veniva dato per certo.
Anche se intanto i mercati festeggeranno per qualche giorno il passato pericolo.
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