Per i mercati azionari si è concluso in chiaroscuro il mese di febbraio, che ha moderato gli entusiasmi di un gennaio da incorniciare.
Diciamo subito che la parte luminosa sta tutta in Europa, dove, nonostante l’ultima seduta del mese abbia visto prese di beneficio che hanno prodotto un saldo lievemente negativo (-0,23%) su Eurostoxx50, il risultato di febbraio è stato positivo (+1,9%). Non come il +9,75% di gennaio, ma comunque un movimento che non ha cambiato direzione, ancora orientata al recupero, ma ha solo moderato la velocità. In Europa vanno anche segnalate le performance mensili sopra la media dell’azionario italiano (+3,3%) e di quello spagnolo (+4%), mentre il Dax tedesco, sebbene positivo, non ha brillato (+1,55%).
Tutta in America sta invece la parte oscura, con un mese di febbraio da dimenticare a Wall Street.
Il principale indice SP500, negativo anche ieri (-0,3%), ha collezionato in febbraio un calo abbastanza evidente (-2,6%), che annulla quasi metà del rialzo di gennaio. Una volta tanto il Nasdaq100, Cenerentola del 2022, ha fatto meglio del capostipite SP500, chiudendo febbraio con un calo, ma assai modesto (-0,49%) e soprattutto mantenendo intatti oltre 10 punti percentuali di rialzo conquistati a gennaio.
Diciamo che questa prima parte del 2023 ci fa vedere un campo da gioco del mercato azionario dove accanto ai tentennamenti di SP500 gli indici europei e la tecnologia USA reggono assai meglio ai venti contrari dei tassi di interesse. Non è una novità la forza dell’Europa, che stiamo verificando da ben sei mesi. Infatti, è dal settembre scorso che il rapporto Eurostoxx50/SP500 sta salendo ogni mese, senza soluzione di continuità. Eurostoxx50, rispetto ai valori di inizio settembre ora è oltre il 20% più in alto, mentre SP500 è al di sopra di un misero 0,4%. Sei mesi di galoppo europeo contro sei mesi sprecati da Wall Street.
E’ invece una novità, non scontata, la miglior tenuta nel 2023 del Nasdaq100 rispetto a SP500. L’indice tecnologico USA aveva vissuto un drammatico 2022, con un calo del 33% nel 2022. Quest’anno ha rialzato la testa e sta recuperando +10,1% contro solo il +3,4% di SP500.
Queste che ho ricordato sono dinamiche di fondo che è bene avere a mente, ma che spesso vengono oscurate dalla volatilità delle oscillazioni quotidiane. Il quotidiano va e viene, ma le manifestazioni di forza o di debolezza di fondo tendono a durare per tempi abbastanza lunghi.
Credo comunque che la forza mostrata dall’Europa azionaria rispetto agli USA non possa avere vita ancora molto lunga, poiché a mio parere non è pensabile che un’inflazione come quella che sta conoscendo l’Europa continui a portare bene ai mercati azionari continentali ancora a lungo.
Finora ha creato un effetto ottico positivo, poiché l’aumento dei prezzi è riuscito a mascherare le magane dei bilanci. Infatti, tutti i rendiconti societari riportano valori a prezzi nominali. Se da un anno i prezzi sono saliti di circa il 10%, è verosimile che i risultati di bilancio (ricavi e utili) siano più alti di quelli dello scorso anno. Lo sono anche se le quantità prodotte e vendute magari hanno già cominciato a scendere, perché l’aumento dei prezzi ha più che compensato il calo delle quantità.
Perciò un indebolimento produttivo può essere vantato come un successo.
Questo effetto tende a sparire quando la politica monetaria aggressiva indebolisce la domanda e fa scendere i prezzi. Quando questo capita diminuisce la distorsione ottica dell’inflazione ed emerge appieno la debolezza della domanda, che porta a risultati di bilancio negativi.
Ma finora la BCE è ancora indietro rispetto alla FED nel rialzo dei tassi. Infatti l’inflazione europea, che un anno fa era assai più bassa di quella americana, ora è assai più alta. Ma i mercati per ora continuano a scommettere che la BCE non porterà mai il suo tasso di interesse ufficiale ai livelli di picco che raggiungerà a metà anno la FED. Inoltre, pensano che la BCE magari taglierà i suoi tassi ancor prima della FED.
Sarà… Ma io rimango scettico.
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