La settimana che ci ha portati alle battute finali del mese di febbraio, è stata piuttosto negativa. Con la sola eccezione degli indici azionari cinesi, che sono andati male per il resto del mese ma la scorsa settimana hanno tentato un po’ di rimbalzo, gli altri mercati azionari hanno collezionato cali in modo piuttosto uniforme ed ostinato. Quasi nessun indice tra i principali dell’occidente ha perso nella settimana meno di -1,5%. Qualche indice, per esempio gli americani Nasdaq100 e Russell2000, hanno collezionato perdite superiori a -3%.
Altro fatto non frequente è stato lo stillicidio ribassista che ha riguardato tutti i mercati, con una persistenza di sedute negative quasi continua, con solo la seduta di giovedì a fare timida eccezione e consentire un po’ di respiro. Seguita però da un’altra profonda apnea ribassista venerdì scorso.
A che cosa attribuire questo calo non sembra troppo difficile.
La FED ha sempre detto che fino a quando l’economia USA sarebbe rimasta robusta e l’inflazione non avesse dato continuità al rallentamento del ritmo di rialzo dei prezzi mostrato in autunno, la politica monetaria della banca centrale americana avrebbe continuato ad alzare i tassi ufficiali di interesse e a stringere le condizioni creditizie.
Il messaggio era semplice e lineare, senza tentennamenti, ribadito dal mantra che Powell ripete ogni volta che parla, secondo cui è più pericoloso alzare i tassi di interesse meno del necessario che alzarli troppo.
Ma i mercati non hanno creduto alla fermezza FED e a più riprese hanno sfidato la banca centrale, andando a scontare pause anticipate e addirittura tagli dei tassi per la prossima estate. Una speranza che ha gonfiato l’obbligazionario e mantenuto la curva dei futures sui tassi ufficiali fino a fine gennaio decisamente più bassa di quanto le proiezioni dei membri FED avessero indicato. A corollario di ciò, si è visto un rally azionario di entità maggiore di tutti quelli che sono stati tentati in precedenza nel 2022
I mercati confidavano che a rabbonire la FED avrebbe provveduto il calo dell’inflazione anche a dicembre e gennaio, unito a segnali di recessione dell’economia.
Invece né l’inflazione ha mostrato tanta voglia di calare, né la recessione è parsa aver tanta fretta di arrivare.
Durante il mese di febbraio sono arrivate parecchie prove di robustezza dell’economia USA e di quella europea, tanto da convincere che nel primo trimestre 2023 non ci sia nessuna recessione in arrivo in occidente. Mentre l’inflazione in USA sembra aver rialzato la testa ed anche la giornata di venerdì scorso ha portato sorprese negative sull’andamento dei prezzi. L’indicatore preferito dalla FED, cioè l’indice PCE core, che misura praticamente l’andamento del carrello della spesa dei consumatori americani, depurato dei prezzi di energia e alimentari freschi, ha segnato a gennaio un rialzo mensile di +0,6%, cioè una velocità pari a quella raggiunta a giugno ed agosto dello scorso anno e superiore a quella dei precedenti 4 mesi. Assai superiore anche al +0,4% che gli analisti si aspettavano.
Un dato che è parso una sentenza di condanna per le residue illusioni che i mercati ancora coltivavano sul ravvedimento della FED.
Così è scattata un’accelerazione ribassista finale che ha riportato gli indici USA a mettere in discussione tutta la narrazione ottimistica che si era imposta a gennaio.
SP500 è tornato nel limbo compreso tra la media mobile a 50 sedute (che ha cominciato a svoltare al ribasso) e quella a 200 sedute che ancora sta scendendo, anche se meno di qualche mese fa. L’indice guida di Wall Street ha pure violato la trendline rialzista che, partendo dal minimo del 13 ottobre scorso unisce i minimi ascendenti di fine dicembre.
Ha ceduto anche Eurostoxx50 ed i principali indici azionari europei, che non hanno avuto più la forza di rimanere ad alta quota mentre Wall Street si avvita, ed hanno fornito un primo segnale ribassista, uscendo al ribasso da una congestione laterale di due settimane. Eurostoxx50 è ora appoggiato alla trendline che unisce i minimi del 13.10 e di fine dicembre e, se la violasse, affiderebbe un segnale di frustrazione molto evidente.
Febbraio sta per finire e ci deve dire se la correzione diventerà più cattiva oppure se i cacciatori di debolezza si faranno vivi per salvare ancora una volta i mercati azionari da una logica correzione di eccessi generati da uno sbaglio interpretativo.
Intanto il dollaro pare tornato forte come non mai e i rendimenti sono tornati a superare ampiamente il 5% sul Treasury a scadenza annuale.
IMPARA IL TRADING DA CASA: 9 Webinar in diretta e differita per imparare a fare bene il trading online. Il primo webinar è gratis.
FARE TRADING CON LE OBBLIGAZIONI: 2 Webinar in diretta e differita per capire il mondo delle obbligazion per l’investimento ed il trading .
APRI LA PORTA A FUTURES ED OPZIONI: 2 Webinar in diretta e differita per imparare ad utilizzare nel tuo trading gli strumenti finanziari derivati.