E pensare che si è dissolto abbastanza in fretta lo spavento del missile caduto sulla Polonia, che aveva agitato le diplomazie e fatto pensare ad automatiche escalation della guerra d’Ucraina. La versione ufficiale è diventata quella dello “sfortunato incidente”, cioè un missile ucraino che per sbaglio sarebbe andato fuori traiettoria e caduto in Polonia.
Ma ieri il clima sulle borse non è tornato quello di prima del missile, poiché hanno un po’ guastato il clima dapprima i cali in Asia per colpa della crescita piuttosto veloce delle curve dei casi Covid in Cina, poi le conferme ufficiali di inflazione in decisa crescita in Gran Bretagna ed Italia, in attesa che arrivi oggi il dato che ufficializzi il balzo anche a livello di Eurozona. Le aspettative sono di conferma del dato preliminare, che ha già misurato un ritmo annuo di crescita dei prezzi in accelerazione al 10,7% annuo, ben al di sopra del mese precedete (9,9%) e del dato analogo americano di ottobre (calato al 7,7%).
Ma il disturbo maggiore è arrivato dalle vendite al dettaglio USA di ottobre, salite nel mese di ottobre di +1,3%, oltre il triplo del +0,4% atteso dagli analisti. Questo dato testimonia che gli acquisti dei consumatori USA sono ancora piuttosto robusti e resilienti anche al rialzo dei tassi che in USA si pagano sulle carte di credito. Il che contribuisce a mantenere aggressiva la FED, che vorrebbe invece vedere un rallentamento della spesa, che favorisca una decisa stabilizzazione dei prezzi e poi una riduzione.
Lo dimostra il fatto che i membri del FOMC che hanno parlato ieri (Williams, Barr e Waller) sono tornati a ripetere che rallentare il ritmo dei rialzi non significa fermarli e che una pausa ai rialzi in questo momento è fuori discussione. Così Goldman Sachs ha alzato la sua previsione sul livello finale dei tassi ufficiali, che sarà raggiunto prima della pausa, portandolo al 5,25%.
Non sono certo bei messaggi per mercati che invece puntano su una fine imminente del processo di rialzo dei tassi, ed ora ricominciano trovarsi spiazzati da una FED che non ne vuol sapere di fermarsi. Sale così il livello di ansia e crescono le prese di beneficio da parte di chi comincia a pensare di essersi portato troppo avanti con l’entusiasmo.
L’insieme di tutte queste notizie, parole e sensazioni ha fatto retrocedere all’unisono tutti gli indici occidentali: Eurostoxx50 (-0,83%) ha interrotto la serie d’oro di sedute rialziste, imitato da tutti gli indici europei, mentre a Wall Street sia SP500 (anche lui con -0,83%) che il tecnologico Nasdaq100 (-1,45%) si sono rimangiati tutto il rialzo del giorno prima e sono tornati ad appoggiarsi sui minimi del giorno precedente. Sul grafico orario SP500 ha disegnato nelle ultime 4 sedute un chiaro testa e spalle di inversione ribassista, che una prosecuzione del ribasso oggi andrebbe a completare sotto 3.950, ponendo al mercato un obiettivo ribassista di quasi altri 80 punti. Non sarebbe ancora la fine del mondo, perché la trendline su cui si poggia il movimento rialzista attuale non sarebbe ancora messa in discussione da una discesa di altri 80 punti. Però diventerebbe difficile poter ancora parlare di rally in piena salute.
Eurostoxx50 ha un rilevante eccesso rialzista da smaltire e potrebbe vedere consistenti prese di beneficio se gli indici USA continuassero la correzione. Il punto di arrivo di Eurostoxx50, se vorrà appoggiarsi alla sua trendline rialzista, dovrebbe essere almeno un centinaio di punti al di sotto del livello a cui ieri ha chiuso la seduta (3.883).
È ovvio che fino a quando non verranno rotte le trendline rialziste non si può parlare di inversione ribassista ma solo di pullback correttivo.
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