Occorreva un messaggio rassicurante.
Ci ha pensato dapprima la BCE, che ha tenuto una riunione straordinaria sul meccanismo anti-spread, che giovedì era stato quasi ignorato dai comunicati e dalle risposte evasive della Presidente Lagarde in conferenza stampa.
Il decollo degli spread di Italia e Grecia dopo la riunione di giovedì ha obbligato la BCE ad una frettolosa riunione ufficiale sul tema, in cui, sebbene non si sia ancora decisa una strategia, è stato dato mandato ai tecnici della Banca Centrale Europea di preparare in fretta un piano operativo da sottoporre alla prossima riunione dei Consiglio Direttivo.
Il messaggio ha voluto infondere fiducia ai mercati obbligazionari ed azionari europei, specialmente quelli nei giorni scorsi più sotto pressione, che infatti per tutta la seduta hanno realizzato un deciso rimbalzo ed interrotto la serie negativa di 6 sedute. Eclatante soprattutto quello del FtseMib italiano (+2,87%), quasi il doppio della performance di Eurostoxx50 (+1,64%).
Wall Street ha atteso in positivo, ma senza esultare in anticipo, lo show della FED, che ha effettivamente alzato i tassi di ben 3 scalini, come i mercati hanno cominciato a temere da alcuni giorni, portandoli da 0,75-1% fino a 1,50-1,75%. È il rialzo dei tassi più aggressivo attuato dalla FED da quasi 30 anni. L’ultima volta che venne fatto un rialzo simile era novembre 1994. La FED ha anche pubblicato le previsioni sull’evoluzione futura dei tassi ufficiali da parte dei membri del FOMC. A fine anno dovrebbero arrivare al 3,4%, salire al 3,8% nel 2023 e tornare al 3,4% nel 2024. La previsione sull’inflazione è invece molto rassicurante, forse troppo. La FED guarda l’inflazione core PCE, misurata sulle spese dei consumatori e senza i prezzi di energia e alimentari. Questo indice a maggio è arrivato al livello annuale del 4,9%. La FED si aspetta un livello a fine anno al 4,3%, un po’ più alto di quanto previsto a marzo, ma più basso di dove è oggi. Il prossimo anno dovrebbe scendere addirittura al 2,7% e al 2,3% nel 2024.
In compenso la crescita prevista è stata ridimensionata al 1,7% questo ed il prossimo anno e al 1,9% nel 2024. Sono previsioni quasi dimezzate rispetto a quel che si prevedeva a marzo, ma il segno è comunque positivo.
Dall’insieme di queste previsioni ricaviamo che la FED si aspetta tassi aggressivi praticamente per 3 anni, che dovrebbero riuscire ad abbattere l’inflazione, mantenendo il sistema lontano dalla recessione. Sembra un mondo quasi ideale, quello del “Soft Landing”. La previsione del suo successo.
I mercati hanno reagito con parecchia volatilità, anche se è prevalsa la domanda e SP500 ha potuto chiudere in rialzo (+1,46%).
Tutto bene allora? Non ne sarei così sicuro e non venderei ancora la pelle dell’orso, per due motivi.
Il primo è che negli ultimi meeting FED la reazione a caldo dei mercati è stata spesso positiva, ma poi smentita nelle sedute successive, dopo le riflessioni notturne a mente fredda.
Il secondo è che c’è parecchio che non mi torna nelle previsioni della FED.
Se l’inflazione scenderà veramente quasi al target del 2% già il prossimo anno, che bisogno c’è di prevedere tassi ufficiali ampiamente sopra il 3% fino a tutto il 2024? Con tassi così alti mi sembra assai difficile che il PIL cresca di quasi il 2% nei prossimi anni e che si eviti la recessione.
Personalmente mi sento assai meno rassicurato di quanto i mercati ieri abbiano dato l’impressione di essere.
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