La forte discesa che abbiamo visto la scorsa settimana e lunedì sui mercati azionari ha provocato danni consistenti al morale della truppa degli ottimisti.
Quando i mercati accusano un calo prolungato, che raggiunge livelli di eccesso ribassista molto profondo, le certezze di pochi giorni prima crollano come un castello di carte e molti ottimisti capitolano, passando rapidamente dallo stato d’animo dell’euforia, vissuto sui massimi, a quello della frustrazione e della sfiducia nel futuro, quando sembra che il calo sia senza fine.
È curioso, ma è un esercizio che potrebbe essere utile per mettere le cose nella giusta dimensione, andarsi a rileggere le previsioni dei vari guru per il 2022, che i media finanziari hanno ampiamente pubblicato anche quest’anno, per riempire gli spazi durante le feste di fine anno.
Anche stavolta hanno prevalso di gran lunga previsioni di stabilità e prosecuzione moderata del rialzo. Qualche punto percentuale anche nel 2022. Nessuna nube all’orizzonte e fiducia che l’inflazione rientrerà, le banche centrali continueranno a vegliare sui mercati e nulla turberà i sonni degli investitori.
Poi, dopo una sola settimana, ecco il finimondo, o quasi, che getta nello scoramento gli investitori più aggressivi, quelli che lo scorso anno si sono esaltati con le gesta delle grandi ed onnipotenti regine del Nasdaq e tengono su comodino l’immagine di Elon Musk al posto di quella di Sant’Antonio.
Così va il mondo dei mercati finanziari. Un continuo alternarsi di polvere ed altari, come la vita di Napoleone, narrata dal Manzoni.
Ieri i mercati europei hanno dovuto fare i conti con il rimbalzone che Wall Street ha confezionato nella parte finale della seduta di lunedì. Credere che tutto sia finito e che quello vissuto lunedì sia stato solo un incubo che svanisce al risveglio. Oppure non fidarsi e temere che, come per un terremoto, la scossa principale possa essere seguita da altre di forza anche molto significativa, prima che l’assestamento geologico riporti stabilità.
Le borse asiatiche ieri hanno deciso di non fidarsi, e sono retrocesse in modo significativo, nonostante le conferme di nuovi aiuti fiscali che il governo cinese promette per aiutare la ripresa dell’economia.
Quelle europee hanno tentato il recupero in mattinata, per incorporare il comportamento serale di Wall Street. Ma le notizie provenienti dall’Ucraina, dove la situazione si sta facendo sempre più calda ed i preparativi bellici si intensificano, e l’apertura debole di Wall Street hanno fiaccato l’umore, al punto che Eurostoxx50 ha riavvicinato i minimi di lunedì. Il colpo di reni finale è riuscito a concludere la seduta europea in positivo, ma con tutti gli indici in rimbalzo inferiore al punto percentuale (Eurostoxx50 +0,59%). Il che, dopo averne persi tra i 3 ed i 4 il giorno prima, non appare certo un gran risultato.
Wall Street invece ha passato tutta la seduta agitandosi, ma sempre all’interno dello spazio compreso tra il minimo ed il massimo della seduta precedente. Anzi, se vogliamo essere più precisi, l’indice principale, SP500, ha trascorso la seduta all’interno della metà superiore della lunga barra giornaliera disegnata sul grafico lunedì. Ha iniziato male, scendendo fino al minimo di 4.287 (cioè ancora ben al di sopra del minimo di lunedì), poi ha tentato nuovamente l’azzeramento delle perdite, risalendo fino a 4.411, più o meno dove aveva chiuso lunedì. Ma nell’ultima ora le prese di beneficio intraday hanno prodotto l’arretramento di una cinquantina di punti, a quota 4.356. Così il saldo è negativo (-1,22%), ma la seduta non può essere definita di calo. Piuttosto la definirei di consolidamento e di tenuta. Il Nasdaq100 ha mostrato un po’ meno convinzione (-2,48%), ma anch’esso è riuscito a chiudere ben al di sopra dei minimi di lunedì.
Che cosa aspettarci oggi?
Forse poche novità, perché stasera, alle 20, c’è l’appuntamento con la FED, che comunicherà li risultati della sua riunione di politica monetaria. Nessuno si aspetta decisioni, poiché il percorso fino alla riunione di marzo è stato già deciso a dicembre. Molti però cercheranno lumi sulla politica monetaria da marzo in poi, interpretando ogni virgola del comunicato ed ogni sfumatura di linguaggio, verbale e non, delle risposte di Powell nella conferenza Stampa delle ore 20,30.
La parte finale della seduta di Wall Street si candida ad essere volatile. Ovviamente gli indici europei recepiranno solo domani gli eventuali messaggi subliminali di Powell.
Il buonsenso, che in questi giorni è merce rara, indurrebbe a pensare che la delicata questione geopolitica nell’Europa orientale, unita alla correzione molto pesante che hanno avuto i mercati in queste prime settimane del 2022, possano trattenere la mano della FED. Dovrebbe essere escluso un rialzo dei tassi a marzo da mezzo punto percentuale, che alcuni analisti ventilavano nei giorni scorsi. Forse, ma pare più azzardato, anche l’ipotesi di portare a fine anno il tasso ufficiale sopra l’1%.
Certo non mi aspetto di più. Conterà molto il ritmo del Tightening (la riduzione della montagna di titoli nel bilancio FED) e la sua data di inizio, perché il Tightening è molto temuto dai mercati, in quanto sottrae direttamente liquidità dal sistema. Sarebbe ottimo, per i mercati, il rinvio di qualche mese dell’inizio di questa manovra, in attesa che la situazione geopolitica si chiarisca.
Ma non credo che avremo già lumi su questa ipotesi.
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