Nel commento di ieri ho scritto che la giornata avrebbe potuto essere decisiva per i destini di breve periodo dei mercati e che tutto si sarebbe giocato sull’indice americano SP500, nello spazio di 70 punti, cioè lo spazio di indecisione compreso tra 4.600 (il supporto) e 4.670 (la resistenza).
La decisione è arrivata. Con una seduta trascorsa interamente sott’acqua, l’indice azionario più importante del mondo ha violato subito il supporto di area 4.600 e, dopo la chiusura dei mercati europei lo ha fatto diventare resistenza, in grado di respingere due tentativi di recupero. L’esito finale della seduta ha visto l’indice chiudere piuttosto pesantemente (-1,84%) a quota 4.577.
E’ sprofondato anche il Nasdaq100 (-2,57%) mentre non si è sottratto al calo nemmeno l’azionario europeo, che ha chiuso prima della seconda ondata ribassista americana, contendo provvisoriamente i danni con -1,03% per l’indice Eurostoxx50, che sintetizza l’azionario di Eurolandia.
Sbrighiamo rapidamente la ricerca del colpevole. Siccome si è visto ancora una volta scendere in modo significativo sia l’azionario che l’obbligazionario, dobbiamo scartare l’ipotesi che i mercati siano preoccupati di Omicron o della crescita economica in rallentamento. La causa del cedimento di nervi va cercata nel timore che la situazione stia scappando di mano alla FED e che essa sia costretta a compiere una manovra rapida e brusca di inversione della sua politica monetaria, per cercare di arginare la salita dei prezzi, che sta erodendo drammaticamente il potere d’acquisto in occidente.
Tanto più che il petrolio non ne vuole sapere di calmare il suo rialzo, e ieri ha segnato nuovi massimi post-pandemici. Oltre 86 $ per quello americano WTI Crude Oil, e quasi 89 $ per il più pregiato Brent. Anche il gas continua a salire di prezzo, soprattutto in Europa, a causa della riduzione delle forniture russe, vuoi per problemi estrattivi, vuoi per motivi di ostilità geopolitica contro la Nato che sostiene l’Ucraina nel confronto con la Russia. Uno scenario per ora ancora da guerra fredda, ma molti temono che diventi presto calda, dato che i russi, secondo il Pentagono, sono pronti ad invadere l’Ucraina in qualunque momento.
Così ieri abbiamo visto i rendimenti in USA fare nuovi record post pandemici. Il Treasury biennale ha superato quota 1% di rendimento ed è quasi raddoppiato in un mese, mentre il decennale è salito fino a 1,87%, cioè valori di fine 2019, quando il Covid si stava diffondendo ma nessuno se ne era ancora accorto.
Anche in Europa comincia a serpeggiare la sensazione che la BCE non potrà assistere immobile alla svolta monetaria americana. Il Bund decennale, per la prima volta dal maggio 2019, è arrivato ad un soffio dal livello zero di rendimento. Il traguardo è ormai in vista ed oggi i rendimenti potrebbero già mettere il naso in territorio positivo. Sarebbe un punto di svolta importante, e metterebbe fine ad un biennio folle di rendimenti negativi, nonostante la BCE stia tergiversando il più possibile per mantenere la politica monetaria accomodante.
Occupiamoci ora delle prospettive di questa scelta compiuta ieri dai mercati azionari.
La rottura del supporto di area 4.600 da parte di SP500 pone questo indice guida in territorio più pesantemente correttivo. Si nota dal grafico che la scivolata di ieri ha violato la trendline che unisce i tre minimi ascendenti di dicembre e gennaio, da cui erano scaturiti altrettanti rimbalzi.
Si è così completato un modello di inversione ribassista (testa e spalle) molto chiaro ed abbastanza ampio. L’obiettivo ribassista di questo modello proietta il probabile calo verso l’area 4.370, cioè persino al di sotto della media mobile a 200 sedute, che passa ora leggermente al di sopra dei 4.400 punti. Ovviamente l’ampiezza del calo fa pensare che non si svolga in un attimo. Questo impulso ribassista tuttora in corso potrebbe esaurirsi nell’area compresa tra i due minimi di dicembre di 4.495 e 4.531, dove i compratori di debolezza potrebbero sentire il richiamo delle sirene del trend di lungo periodo.
Spendo ancora qualche parola per sottolineare la situazione non omogenea dei movimenti che si vedono nei tre centri nevralgici dell’azionario mondiale (USA, Europa e Cina).
In questo momento la condizione peggiore di breve termine si vede in America, mentre l’azionario europeo, pur ricevendo input ribassisti dal comportamento americano, riesce a limitare meglio il calo. La Cina invece questa settimana sta addirittura realizzando un saldo positivo, dopo aver tentennato nei mesi in cui l’Occidente azionario saliva senza ritegno.
Eppure, se dovessimo guardare le prospettive di crescita economica vedremmo che l’economia più robusta è ancora di gran lunga quella americana, mentre quella europea sta rallentando per colpa delle restrizioni dovute alla pandemia, che bloccano in casa diversi milioni di lavoratori, contagiati o quarantenati, e limitano la circolazione e gli affari. La Cina ha addirittura già mostrato un calo significativo del suo ritmo di crescita del PIL nell’ultimo trimestre 2021, per colpa della strategia zero-covid, che impone pesanti lockdown in aree molto abitate. La classifica della forza dell’economia reale è esattamente inversa rispetto a quella della forza degli indici azionari.
Questo scollamento tra economia e andamento dei mercati azionari è certo una contraddizione, ma si spiega assai meglio se teniamo presente che in questa fase la mente degli investitori è occupata non certo dalle prospettive congiunturali dell’economia reale, ma dalle aspettative di politica monetaria. Dove si immagina più restrittiva si fugge dall’azionario e ci si orienta verso aree dove le banche centrali sono ancora accomodanti.
In USA la FED ha annunciato l’imminente svolta in senso restrittivo della sua politica monetaria. In Europa si pensa che la BCE per qualche tempo potrà mantenersi ancora accomodante. La Cina, questa settimana, dopo aver annunciato problemi di rallentamento marcato del PIL, ha addirittura limato i tassi e fornito nuova liquidità al sistema, in decisa controtendenza rispetto al mondo che teme l’inflazione.
Sappiamo bene che se scende Wall Street il resto del mondo non può salire. Ma i rapporti di forza relativa tra le varie aree possono essere modificati da questa svolta monetaria che il mercato teme.
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