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TRA L'INCUDINE COVID ED IL MARTELLO INFLAZIONE
10/12/2021 09:00

Ieri il segno negativo ha colorato di rosso tutti i saldi dei principali indici azionari occidentali, con quelli europei a proseguire la digestione del forte rimbalzo di lunedì e martedì. Quelli americani invece la digestione l’hanno appena iniziata ieri, dato che il loro rimbalzo si è esteso anche a mercoledì.

L’Europa azionaria ha perso ieri un po’ meno di mercoledì. Eurostoxx50 (-0,59%) ha sintetizzato cali superiori per gli indici di Olanda e Spagna, inferiori per quelli di Germania e Francia, ed il frazionale rialzo della mosca bianca FtseMib italiano, lievitato per merito del rialzo a due cifre di Unicredit.

Abbastanza sensibile è stato anche il calo di Wall Street, che ha accelerato al ribasso dopo la chiusura dei mercati europei e ha dato sui grafici un chiaro segnale di incertezza, andando a chiudere sotto il minimo di mercoledì con l’indice SP500 (-0,72%). Pesantino anche il tecnologico Nasdaq100 (-1,49%), che è sceso fino al supporto rappresentato dal minimo di martedì scorso.

Quando scattano prese di beneficio non è sempre facile individuare la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Anche perché negli ultimi giorni sono arrivate notizie molto confortanti in tema di Covid.

Dopo che Pfizer che Moderna hanno presentato studi in grado di dimostrare che la terza dose dei loro vaccini riesce a contrastare efficacemente anche la nuova variante Omicron, sono giunte analoghe evidenze cliniche da Israele, battistrada mondiale nelle vaccinazioni. Inoltre, i giorni che passano confermano il dato di minor letalità di questa variante, che produce nei contagiati effetti in genere non superiori a quelli di un raffreddore. La prospettiva di medio termine è perciò quella che il virus stia mutando in modo più tollerabile ed il mondo possa ricondurlo nel gruppo dei tanti virus influenzali da tenere a bada vaccinando le persone fragili una volta l’anno, come si fa ora per l’influenza stagionale.

Però in Europa ed in USA, in questo momento, non è ancora Omicron a prevalere. La quarta ondata che imperversa in occidente è ancora provocata dalla variante chiamata Delta Plus, assai più letale.

La preoccupazione dei governi europei per la capacità dei loro ospedali di fronteggiare l’aumento dei ricoveri li spinge a varare nuove misure restrittive. In questi giorni è stata la volta di Gran Bretagna e Danimarca, in precedenza paladini delle libertà da lockdown e mascherine. Il timore di ulteriori restrizioni nelle prossime settimane, nella stagione clou degli acquisiti natalizi, deve aver trattenuto gli investitori dall’esaltarsi troppo.

In USA invece sembra incidere più la preoccupazione per l’inflazione che quella per il Virus. Oggi avremo per gli americani l’importante dato sull’andamento dei prezzi di novembre. Le attese degli analisti sono per un deciso incremento. Il tasso annuo di aumento dell’indice dei Prezzi al Consumo complessivo viene visto crescere dal +6,2% di ottobre fino al +6,8%, mentre quello core, che esclude dal paniere i prezzi di energia e alimentari freschi, viene atteso in rialzo dal +4,6% di ottobre fino al +4,9%.

Già sarebbe un rialzo piuttosto deciso, ma ieri lo stesso Biden ha sentito il bisogno di dire che i prezzi scenderanno nei prossimi mesi, ma che il dato di novembre potrebbe essere piuttosto alto. Siccome non era obbligato ad annunciarlo e dato che sembra la classica preparazione del popolo ad una sorpresa negativa, i mercati si sono già ieri portati avanti con le prese di beneficio, prevedendo che una fiammata più ampia delle attese darebbe molta capacità di persuasione ai falchi FED per imporre la prossima settimana, durante il FOMC, un’accelerazione al Tapering. Si parla già di raddoppiare da gennaio il taglio mensile progressivo agli acquisti di Bond da parte della FED (a 30 mld $, dai 15 attuali), in modo da azzerare il QE già a marzo anziché a giugno, e poter così anticipare di qualche mese il rialzo dei tassi ufficiali.

Qualche preoccupazione desta anche, soprattutto tra le cancellerie europee, il braccio di ferro di Biden con Putin sull’Ucraina, dopo che i russi hanno ammassato un’imponente armata ai confini e molti analisti temono l’invasione, che costituirebbe un grosso bastone geopolitico tra le ruote della stabilità europea e mondiale.

Nel commento tecnico di ieri ho presentato come molto positivo, ai fini del rally di fine anno dell’indice USA SP500, un piccolo storno di poche sedute che non rompesse supporti importanti e fosse seguito da una ripresa del rialzo in grado di spingersi ai massimi storici.

Direi che ieri abbiamo visto realizzarsi il primo passo di questa road map rialzista. Oggi occorre verificare, un passo alla volta, che il calo non scenda sotto il supporto costituito da area 4.620 e che poi torni a salire verso i massimi storici.

Superfluo ricordare che una discesa sotto 4.620 ingarbuglierebbe molto la situazione ed estenderebbe la profondità e la durata della correzione.

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