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IL VIRUS TORNA A FAR PAURA
15/06/2020 09:00

La scorsa settimana abbiamo visto il rovescio della splendida medaglia che i mercati finanziari ci avevano mostrato in quella precedente. Dopo la prima settimana di giugno all’insegna della  frenesia rialzista, con gli indici americani a crescere del 6-7% e quelli europei addirittura oltre il 10%, quella terminata venerdì scorso ci ha presentato una violenta correzione, che si è rimangiata gran parte di quel che l’euforia di pochi giorni prima aveva regalato. Ha fatto un po’ eccezione il fiore all’occhiello della finanza USA, quell’indice Nasdaq100 che rappresenta l’oligarchia tecnologica che ormai controlla il mondo e detta anche lo svolgimento delle nostre vite. Questo indice nella prima parte della settimana non si è fatto coinvolgere nei primi germogli di incertezza che hanno colpito gli altri indici ed ha continuato imperterrito a migliorare i suoi massimi storici, fino a 10.155, realizzato a metà settimana. Poi è stato un coinvolto nel bagno di sangue di giovedì, ma venerdì ha provato a rimbalzare. La sua settimana è stata di correzione, ma di entità “normale” (-1,63%), neanche confrontabile con il -4,78% settimanale di SP500 o il -8,5% del Russell 2000 delle small cap americane, o il -6,81% di Eurostoxx50, il -7% del Dax tedesco, il -6,44% del nostro Ftse-Mib.

A dire il vero neanche gli indici asiatici si sono lasciati coinvolgere troppo dall’ansia correttiva dei mercati occidentali, riuscendo a contenere il calo in dimensioni fisiologiche. Va detto però che già la settimana precedente non avevano partecipato granché alla festa occidentale.

Il primo dato che emerge da questa, per vari aspetti, “strana” situazione è che chi cerca mercati riflessivi e più portati a mantenere un certo legame tra l’economia reale e le quotazioni azionarie, è bene che rivolga la sua attenzione all’Asia.

I giocatori d’azzardo, o quelli che operano su orizzonti operativi di brevissimo periodo, in cui occorre cavalcare la volatilità, possono invece trovare in occidente pane per i loro denti.

Anche i cuori forti rimangono comunque impressionati dalla volatilità che sembra essere tornata a regnare sugli indici occidentali. Anche su quelli USA, che hanno conosciuto un periodo di quasi 3 mesi di continua discesa dell’indice Vix che misura la paura di calo dei listini. A partire dai massimi toccati oltre quota 85 punti il 18 marzo, è stato un progressivo ritorno verso la normalità, con il minimo raggiunto il 5 giugno a quota 23,54. Si tratta di livelli, tra 20 e 25, che, nel lungo ciclo rialzista che ha preceduto la recessione, rappresentavano limiti dove le correzioni degli indici azionari terminavano, per lasciare spazio a nuove cavalcate rialziste che riportavano la volatilità a schiacciarsi nell’area inferiore ai 13 punti.

Il ritorno su quei livelli nella prima settimana di agosto ha posto al mercato la classica domanda da un milione di dollari: davvero pensi che tutto il disastro portato nel mondo dal coronavirus sia terminato e si possa voltare definitivamente pagina?

Se la risposta fosse positiva il ritorno ai massimi storici sarebbe una formalità, perché, eliminato il problema virus, restano i fiumi di liquidità delle banche centrali nelle vene dei mercati a produrre doping in grado di far volare di nuovo i listini.

Ma se la risposta è no, allora quei livelli di Vix debbono indurre a prendere profitto.

La scorsa settimana si è visto che il virus in giugno sembra che abbia smesso di arretrare, con il numero di nuovi contagi nuovamente in espansione nel mondo per colpa soprattutto del Brasile, dove la situazione, anche politica, pare fuori controllo e Bolsonaro è sempre più tentato di accentuare la repressione contro le proteste popolari, mentre censura i dati sull’epidemia. Anche nel resto dell’America Latina e Caraibica ed in India la curva sta salendo.

Ma la novità della scorsa settimana è che anche in USA la marcia indietro del virus sembra essersi arrestata. La curva dei casi ufficialmente ancora attivi (contagiati meno morti e guariti), che sembrava aver raggiunto un picco a fine maggio ed era diminuita per qualche giorno ad inizio giugno, da oltre una settimana, con l’arrivo degli effetti di un allentamento forse prematuro del lockdown e delle manifestazioni popolari di protesta contro la brutalità razzista di troppi poliziotti, ha ripreso a salire e si sta riportando nei pressi del record di 1.180.000 casi attivi del 30 maggio.

Questo è bastato a cancellare l’euforia della settimana precedente. Le parole di Powell, mercoledì scorso, hanno dato un’ulteriore avvertimento a non credere che la recessione finisca in fretta, mentre la FED ha lasciato immutato il getto di liquidità immessa col suo QE.

E’ venuto allora il momento dei venditori e la correzione è partita.

Dovrebbe proseguire anche questa settimana, anche perché il virus nel week-end ha rifatto capolino persino dove si pensava che fosse stato completamente abbattuto. Un grosso focolaio a Pechino sta riportando allarme anche in Cina.

Non mi aspetto comunque che venga cancellato il lungo recupero partito a metà marzo, ma solo un ridimensionamento significativo degli eccessi successivi alla metà di maggio.

Credo che l’obiettivo ribassista per SP500 dovrebbe raggiungere almeno l’area 2.835 (38,2% di ritracciamento di tutto il recupero rialzista). Ma potrebbe anche andare oltre. Il supporto di 2.770, da cui è partito il rally dell’ultima parte di maggio e della prima settimana di giugno potrebbe essere un punto da testare nuovamente.

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Pierluigi Gerbino - P. Iva 02806030041
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