Oggi ci dicono che l’Italia riparte, dato che riaprono in quasi tutto il paese quasi tutte le attività produttive ed il nostro Bel Paese, martoriato dal virus e dalla cronica inefficienza della nostra burocrazia, brava a litigare, complicare la vita dei sudditi e perdere tempo anche in fase di emergenza, tenta di rimettersi in piedi, seppur barcollante.
Intanto entro un paio di giorni arriveranno gli esiti dei tamponi fatti nei primi giorni della precedente riapertura ed alleggerimento delle restrizioni, quella Fase 2 iniziata il 4 maggio scorso, quando a Milano tutti si riversarono ai Navigli a sedare la crisi di astinenza da Spritz, facendo arrabbiare il Sindaco Sala.
Se, nonostante l’allergia per le regole (oggettivamente abbastanza confuse) e la scarsa capacità organizzativa, che ci contraddistinguono agli occhi del resto del mondo, non vedremo un sensibile peggioramento dei contagi, sarà segno che forse hanno ragione alcuni virologi che da qualche giorno raccontano l’impressione che il virus abbia perso aggressività e forse si stia ritirando, per passare in letargo la fase estiva, per lui più ostile, e tornare magari il prossimo autunno a presentarci le mutazioni che nel frattempo avrà generato.
Il rallentamento dell’epidemia che si vede in Europa potrebbe perciò precedere un analogo effetto negli USA, anche se, per ora, il ritardo che Trump ha colpevolmente avuto nel prendere sul serio il virus, continua generare ancora molte migliaia di nuovi casi quotidiani e alcune migliaia di morti, senza mostrare rallentamenti significativi. Inoltre in Russia e Brasile, che per popolazione sono pari ad un continente, l’epidemia è ancora in fase di crescita.
L’incertezza degli esperti sull’evoluzione della pandemia ha contagiato i mercati la scorsa settimana, impedendo loro, ancora una volta, di uscire dalla fase laterale che li blocca da oltre un mese. Dopo un inizio di settimana sugli scudi, con l’indice USA SP500 all’attacco lunedì scorso dei massimi del 29 aprile, sono seguite due giornate di forti prese di beneficio, che hanno spinto giù l’indice fino all’inizio della seduta di giovedì di oltre il -6% dai massimi di lunedì. Sembrava che la fase di rimbalzo fosse finita e la negatività dei numeri reali che ci presentano segnali di forte recessione economica in USA e nel resto del mondo sviluppato, avesse prevalso sulle aspettative (o speranze?) degli operatori nel futuro, che aveva alimentato il forte rimbalzo. Ma ecco che da giovedì il mercato azionario USA si è ripreso ed ha negato il segnale ribassista che la momentanea rottura del livello di 2.800 di SP500 sembrava aver fornito. Venerdì, dopo una partenza che ha nuovamente testato (ma dall’alto) l’area 2.800, la tenuta del supporto ha convinto altri compratori ad affacciarsi sul mercato e la settimana si è così chiusa con le due ultime giornate in positivo. Siccome la scivolata di martedì e mercoledì è stata molto dolorosa, il recupero di giovedì e venerdì non è bastato a far diventare positiva la candela settimanale, ma ha dimostrato che i compratori non sono scomparsi. Anzi, dopo la ritirata strategica di martedì e mercoledì, si sono rivisti all’opera ed i loro acquisti hanno riportato l’indice USA verso la parte centrale della fascia di trading range 2.800 – 2.950.
E’ presumibile che ora l’indice SP500 abbia intenzione di dirigere nuovamente verso il bordo superiore del box, cioè 2.950. Lì si giocherà un altro braccio di ferro tra ottimisti e pessimisti, come è avvenuto all’inizio della scorsa settimana.
Il resto del mondo è andato al traino della volatilità e della volubilità americane, affannandosi ad inseguire in ritardo i movimenti provenienti da Wall Street, che pareva un autista ubriaco. L’Europa ha mostrato tutta la sua debolezza, recependo più i cali che i rimbalzi. Le fosche prospettive sul futuro dell’Unione che la sentenza tedesca pare aver fatto emergere, unitamente alle lungaggini della Commissione e le trattative estenuanti tra gli stati nella preparazione dei dettagli del Recovery Fund non invitano a comprare l’Europa.
L’unica cosa che possiamo al momento affermare con una certa tranquillità analitica è che il mercato azionario USA, da qualche settimana, sta vivendo una nuova fase. Dopo la fase del crollo, nella seconda parte di febbraio e la prima di marzo, ci ha fatto vedere in Aprile la fase del rimbalzo violento (tecnicamente un “bear market rally”). Da un mese circa si è sostanzialmente fermato a riflettere. Percepisce che l’economia ha subito un brutto colpo. Comincia a prendere in considerazione l’ipotesi che la ripresa non sarà “rapida ed indolore”, ma potrebbe arrivare lentamente e senza tutta la forza che gli esperti hanno ipotizzato mentre l’economia crollava in recessione. Capisce che questa eventualità richiederebbe un nuovo tuffo verso i minimi di marzo.
Ma la speranza è dura a morire. Allora il mercato naviga a vista in laterale, alternando su e giù significativi in attesa che il tempo porti maggiori elementi di valutazione.
Come chiamare questa fase? Forse il nome giusto è “Fase boh..”.
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