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L'ACCORDO CON POCHI DETTAGLI
02/07/2019 08:45

L’accordo tra Trump e Xi Jinping, che a me continua ad apparire più mediatico che reale, ha incontrato le attese dei mercati, che volgono sempre più lo sguardo  verso parole e dichiarazioni in grado di stimolare sogni ed aspettative, piuttosto che ai numeri dell’economia reale, che ci mostrano un rallentamento dell’economia globale sempre più generalizzato.

Ieri le borse azionarie sono salite, a sottolineare la loro fiducia nel raggiungimento di una pace che sia qualcosa di più della cristallizzazione delle ostilità esistenti, impacchettata con auspici per il futuro,  quale sembra essere stato il risultato del vertice tra i due grandi. L’entusiasmo iniziale ha generato cospicui gap rialzisti sugli indici europei, trascinati dal vigore della borsa giapponese e di quelle cinesi, che evidentemente da questo accordo paiono essere le più beneficiate.

L’indice europeo Eurostoxx50 ha così potuto scavalcare i massimi di questo 2019 e quello americano SP500 ritoccare ulteriormente il suo record storico, portandolo a 2.978, ormai veramente ad un soffio dal mitico livello psicologico dei 3.000 punti. Curiosamente l’impresa di fare nuovi massimi non è riuscita al Dow Jones ed al tecnologico Nasdaq100, pur saliti anch’essi.

Dopo i fuochi artificiali di festeggiamento, però, in USA il vento è cambiato, e la felicità ha lasciato spazio alla riflessione, che ha generato una prevalenza di prese di beneficio tali da riassorbire buona parte del gap iniziale. Solo un colpo di reni dell’ultima ora ha evitato alla candela giornaliera realizzata da SP500 di assumere caratteristiche nefaste.

Del resto a leggere bene le dichiarazioni rilasciate separatamente dalle parti dopo il vertice di Osaka (infatti non si è voluta  rilasciare una dichiarazione congiunta, ritenuta forse troppo impegnativa), si nota che le descrizioni dei contenuti dell’accordo non sono propriamente simili. Ognuna ha dato lustro ai suoi ipotetici successi. Inoltre le molte dichiarazioni di principio e gli impegni generici sul futuro dovranno poi essere concretizzati con quei dettagli che ora mancano, ma che sono la residenza preferita del diavolo.

Vi è poi la questione FED, a cui ho accennato nel commento di ieri. I mercati, durante tutto lo sfavillante mese di giugno, hanno confidato in un corposo aiuto da parte della FED. Tutti si aspettavano per fine luglio un taglio di almeno un quarto di punto per i tassi ufficiali di interesse, e una percentuale elevata di osservatori si era spinta anche ad ipotizzare un taglio più aggressivo da mezzo punto.

Ma Powell, nel dichiarare la sua disponibilità a sostenere la crescita USA, aveva lasciato capire che era proprio la difficoltà nel fermare l’escalation delle ostilità commerciali a fornire gran parte dei motivi a sostegno dell’intervento monetario accomodante.

Se la situazione accennasse a migliorare la cosa più ovvia è che al mezzo punto di taglio sarebbe bene non  pensare più e qualche dubbio di una certa consistenza si materializzerebbe persino sull’ipotesi minimale di un taglio da un quarto di punto.

A questo punto l’effetto speculativo dell’accordo viene ridimensionato dal timore dell’impatto che l’accordo potrà avere sugli umori della FED.

Questa incertezza forse spiega le perplessità che sono emerse nel corso della seduta americana, e che oggi hanno frenato gli entusiasmi asiatici.

Per carità. Quando si fanno nuovi massimi non si può essere pessimisti. Però ancora una volta la realizzazione del record storico non è stata corale e, anziché portare un’accelerazione ulteriore, è stata subito seguita da prese di beneficio. Esattamente come è successo nelle tre ultime occasioni precedenti, in cui il record è stato seguito subito da una correzione. Come se i mercati non avessero il carburante necessario per spiccare veramente il volo.

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Pierluigi Gerbino - P. Iva 02806030041
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