La settimana è iniziata con un tentativo di rimbalzo da parte degli indici europei, attuato dopo un inizio debole, che ha segnato un minimo di seduta inferiore ai minimi della scorsa settimana e al supporto di 3.270 punti di Eurostoxx50. Il rimbalzo si è rafforzato ed è durato fino a fine seduta, grazie al sostegno che nel pomeriggio è sembrato venire da un’apertura altrettanto fiduciosa di Wall Street. La chiusura degli indici europei (Eurostoxx50 +0,6%, Ftse-Mib +0,36%) è stata comunque inferiore ai massimi di venerdì scorso e pertanto non in grado di inviare un segnale di inversione di trend, che resta ancora ribassista.
L’indice SP500 del resto, dopo la chiusura europea, ha interrotto il rimbalzo ed è scivolato fino quasi al supporto di quota 2.722, fermando la caduta a soli 7 punti ed attuando un rimbalzino degli ultimi minuti, che ha limitato i danni della seduta a -0,23% . Possiamo quindi considerare raggiunto il primo obiettivo ribassista del movimento iniziato il primo maggio.
L’indice tecnologico USA Nasdaq100 (-2,1%) è arrivato anch’esso a toccare i minimi di marzo, con una seduta molto più negativa dell’indice generalista. A pesare sono state le forti perdite subite dalle cosiddette FANG, cioè il gruppo delle società over the top del listino. Tra esse sono state bastonate pesantemente Alphabet, Facebook ed Amazon, per colpa di voci circa l’apertura di una indagine dell’antitrust USA sul dominio di questi grandi monopolisti nel settore dei “big data”, che il mercato ha interpretato come possibili ostacoli al loro ulteriore sviluppo.
Ma oggi dobbiamo volgere la maggior parte della nostra attenzione all’Italietta, che rischia in questi giorni di essere catapultata dagli eventi al centro del palcoscenico finanziario globale.
Domani infatti verrà comunicata la decisione presa dalla Commissione Ue sull’avvio della procedura di infrazione per debito eccessivo a carico del nostro paese. La lettera che Tria ha inviato alla UE, depurata di ogni accenno a misure concrete per contenere il debito, non basterà certo a convincere i commissari europei a perdonare lo sfondamento dei parametri su cui il nostro paese si era impegnato lo scorso anno. Pertanto, come diversi rumor hanno confermato, la procedura partirà, ed il nostro governo sarà impegnato in una dura trattativa con la Commissione UE per trovare un compromesso entro un mese che fermi il procedimento. Ovviamente occorrerà una manovra correttiva dei conti dello scorso anno, che questa volta dovrà essere specificata ed attuata prima della già difficile stesura della legge di bilancio per il 2020, sulla quale pende un conto da circa 30 miliardi, a cui si dovrebbero aggiungere anche quelli necessari per la Flat Tax, se Salvini si ostinerà a volerla fare a tutti i costi.
Si tratta di un confronto che richiederebbe un governo in piena forma e con i negoziatori (Conte e Tria) dotati di assoluta credibilità.
L’esatto contrario dello spettacolo a cui si è assistito ieri sera. Conte, colto da uno scatto di dignità, ha parlato agli italiani in Conferenza Stampa e provato a battere (ma delicatamente) il pugno sul tavolo, minacciando le dimissioni se non tornerà l’armonia tra i due separati in casa (Salvini e Di Maio). Pronta risposta dei due interessati, che con parole diverse hanno espresso esattamente lo stesso concetto: “Andiamo avanti ma a patto che si faccia quel che dico io e non quel che vuole l’altro”.
In serata si è avuto già modo di costatare il ritorno dell’armonia. Il vertice per mettere a punto il decreto sblocca-cantieri si è trasformato in una lite burrascosa, con il rappresentante leghista che ha confermato l’emendamento che sospende per due anni il codice degli appalti, con il risultato di accelerare sia lo sblocco dei cantieri che il blocco dei controlli anti-mafia. Conte ha chiuso il vertice con l’amara constatazione: “Così andiamo tutti a casa…”.
La resa dei conti tra i separati in casa potrebbe perciò arrivare entro pochi giorni all’epilogo finale, e concludersi con “la resa del Conte”.
Il pallino è nelle mani di Salvini, che sembra intenzionato a cercare l’incidente per addossare la colpa della rottura ai 5Stelle e puntare su elezioni anticipate che gli consentano di ottenere la maggioranza assoluta parlamentare. I sondaggi più freschi la danno come probabile in alleanza con Fratelli d’Italia e il partitino che Toti, uno dei tanti ex delfini pentiti di Berlusconi, fonderà a breve per raccogliere i cercatori di poltrone di Forza Italia.
Del resto credo che Salvini non potrà mai accettare di piegare la testa di fronte alla UE, dopo essere diventato il paladino delle schiere di italiani che si sentono vittime dell’Europa. Non può votare in autunno una manovra che trovi tutte le risorse necessarie per coprire i buchi fatti da un anno di governo allegro. Ma per sfondare alla grande i tetti europei occorre un forte mandato elettorale ed una maggioranza assoluta in Parlamento.
In queste condizioni si può tentare l’azzardo di assaltare Bruxelles e tentare di ottenere la revisione dei trattati, minacciando l’Italexit.
Perciò occorre far saltare subito Conte e sperare che Mattarella non la tiri troppo per le lunghe con la crisi, concedendo le elezioni a settembre-ottobre.
Se Mattarella si impunterà e nominerà un governo tecnico per fare la legge di bilancio lacrime e sangue ed accontentare l’Europa, va bene lo stesso. Le elezioni si faranno in primavera del prossimo anno e magari la Lega prenderà il 40% dei voti addirittura da sola.
Lo so bene che è un gioco pericolosissimo, ma è ormai l’unico gioco in grado di entusiasmare l’impaziente Matteo, re dei social e delle piazze scalmanate.
Se riesce, Lui diventa il nuovo duce di un’Italia pienamente sovranista. E potrà trasformarla, a modello Orban, in una “democrazia autoritaria”.
Se perde, pazienza. Avrà sfasciato tutto, ma pagheranno gli italiani.
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