Dopo l’apparentemente inspiegabile scivolata, compiuta martedì da Wall Street, ieri l’inerzia ribassista ha portato l’indice principale americano SP500 a fornire quel segnale ribassista di continuazione della correzione in atto da un mese.
Non che ieri siano arrivate notizie particolarmente sorprendenti. Non lo è il fatto che la Cina stia assumendo un tono sempre più battagliero nei confronti degli USA. Non tanto da parte delle autorità ufficiali, che restano abbottonate, ma da parte dei giornali e dei media di regime, che istigano il popolo cinese ad una sorta di boicottaggio dei prodotti americani e ipotizzano ritorsioni al bando americano a Huawei ed altre società minori, mediante limitazioni sulle forniture alle imprese tecnologiche USA delle “terre rare”, quei materiali sofisticati usati in molte applicazioni tecnologiche, di cui i cinesi, molto lungimiranti, si sono accaparrati gran parte della produzione in giro per il mondo. Huawei, del resto, ha intentato un ricorso presso un tribunale del Texas contro il governo USA, sostenendo, non senza validi motivi, che in assenza di prove non è costituzionale bandire i commerci nei confronti di aziende private.
In questo modo usano lo stesso argomento di Trump sul Russiagate. Ieri infatti il Presidente USA ha cantato vittoria sulle dichiarazioni del Procuratore Mueller prima di andare in pensione, che ha confermato quanto scritto nel suo famoso rapporto sulla manipolazione delle elezioni a danno di Hillary Clinton da parte dei servizi segreti russi: la manipolazione c’è stata ma non ci sono abbastanza prove per incriminare il Presidente Trump, che sostiene di non saperne nulla. Lo faccia il Congresso con l’impeachment, se ritiene.
Inevitabile il tweet immediato di Trump: “Niente prove, tempo perso, caso chiuso”.
Ma ora i cinesi tentano di fregarlo proprio con la stessa moneta: niente prove di pericolosità, niente divieto a commerciare con Huawei.
Comunque vada è evidente che la vicenda commerciale si sta incattivendo e prolungando, rischiando di far precipitare anche gli USA in recessione. Questa pare l’ipotesi che i mercati obbligazionari accreditano sempre più. Ieri il rendimento sul Treasury Bond decennale è sceso ai minimi dal settembre 2017 a quota 2,21% e è ormai 29 punti base meno del tasso ufficiale sui Federal Fund.
La curva dei rendimenti è pesantemente invertita per tutte le scadenze fino ad un anno rispetto al decennale. Pare evidente che l’obbligazionario sta anticipando una recessione o quantomeno misure abbastanza vicine di taglio dei tassi da parte della FED, che ora viene tirata per la giacchetta non solo da Trump, ma anche in modo assai deciso dai mercati.
In questo contesto di pessimismo imperante SP500 ha sfondato il forte supporto di area 2.800 addirittura con un gap ad inizio seduta. Ora i gap aperti sono due. L’indice è sceso per tutta la durata della seduta europea e qualche minuto oltre, realizzando prima delle 18 il minimo di seduta a quota 2.766. Poi, come è solito fare ultimamente, ha cambiato un po’ faccia ed è rimbalzato, senza tuttavia riuscire ad annullare le perdite, chiudendo la seduta con -0,69%, il quarto ribasso nelle ultime 5 sedute.
In questo modo il testa e spalle ribassista che ho indicato ieri, in grado di generare una nuova gamba di ribasso fino all’obiettivo di 2.650, risulterebbe completato. Ora occorre attendere la conferma nella seduta odierna, dove probabilmente i compratori tenteranno di annullare il segnale, riportando l’indice sopra i 2.800 punti. Se ci riusciranno, il segnale verrebbe smentito ed il mercato potrebbe tentare un deciso rimbalzo per chiudere a 2.851 il gap ancora aperto dal 23 maggio. Altrimenti potremmo assistere ad una nuova accelerazione ribassista verso il primo obiettivo di 2.720, e poi 2.650.
Va notato che la debolezza americana della prima parte della seduta ha appesantito anche gli indici europei. Sia Eurostoxx50 (-1,52%), che il tedesco Dax (-1,57%) hanno completato modelli di testa e spalle simili a quelli di SP500 ed il nostro FIB (-1,05%) ha rotto l’argine di 20.100 su cui ha rimbalzato 4 volte nel mese di maggio.
I media ci dicono che sui mercati europei pesano sia le difficoltà a concordare le nomine nei posti chiave a Bruxelles ed alla BCE che la delicata situazione italiana, con il governo completamente da rimettere in carreggiata e la risposta da dare ai rimproveri arrivati via lettera al nostro Governo da parte della Commissione UE. In base alle risposte che manderà Tria, ad inizio giugno la Commissione deciderà se proporre al Consiglio Europeo la procedura di infrazione per debito eccessivo.
Tuttavia io penso che la debolezza europea sia dovuta più al riflesso condizionato dei mercati, che quando entrano in modalità “risk off” tendono a vendere più l’Europa dell’America, ritenuta comunque un porto più sicuro.
La seduta odierna si apre pertanto col difficile compito di tentare l’annullamento del segnale ribassista arrivato ieri.
Ci riusciranno i disastrati listini Europei? E quelli americani li sosterranno negando anch’essi il segnale di debolezza?
Vedremo.
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