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TRIA FOR PRESIDENT
11/09/2018 08:39

Ieri il Ftse-Mib ci ha regalato uno spettacolo d’altri tempi. Ben 2 punti percentuali di rialzo in più rispetto all’Eurostoxx50 e agli indici americani. Un segnale bello e chiaro che i mercati hanno finalmente recepito e cominciato ad esaltare la vittoria di Tria.

Era circa una settimana, praticamente da inizio settembre, che nel governo si respirava aria di resa alle esigenze della matematica contabile. Esigenze che Tria, dapprima sommessamente e poi sempre più esplicitamente aveva sottolineato per tutta l’estate. Questo ministro è entrato da sconosciuto, al posto di Savona, ad occupare il prestigioso e gravoso dicastero dell’Economia. Nessuno, io per primo, pensava che avrebbe cercato di contrastare l’esuberanza irrazionale dei due azionisti di controllo del governo penta-leghista, e, se lo avesse fatto, che sarebbe stato in grado di riuscirci. Invece, piano piano, senza alzare la voce, ma sempre con fermezza, ha ribadito a più riprese che l’Italia non può permettersi di combattere una duplice guerra, contro le regole dell’Unione Europea e contro i mercati finanziari, senza uscirne a pezzi. C’è voluta tutta l’estate per addomesticare i due giovani galletti del pollaio governativo e piegarne l’ego e l’ambizione a più miti consigli. In questa impresa bisogna dire che è stato “aiutato” da due alleati, forse inconsapevoli: i mercati, ed i migranti.

I primi in estate, quando Salvini e Di Maio evocavano in modo sprezzante lo sfondamento del tetto del 3% nel rapporto deficit/pil, e le agenzie di rating mandavano messaggi un tantino allarmanti, hanno fatto assaggiare all’opinione pubblica che cosa significa tornare nell’occhio del ciclone dello spread, portandolo vicino a quota 300, e raddoppiando i rendimenti sul BTP decennale rispetto al mese di aprile. I migranti hanno invece rappresentato la valvola di sfogo dell’aggressività di Salvini, che su di essi ha concentrato in campagna elettorale le paure degli elettori ed in estate ha ottenuto successi mediatici con la disumana chiusura dei porti, che ha fatto crescere il numero dei morti in Mediterraneo, ma ha diminuito gli sbarchi ed aumentato i “mi piace” nel profilo Facebook di Salvini e i consensi per la Lega nei sondaggi elettorali.

Sta di fatto che Tria ce l’ha fatta, o, almeno, questo è quel che i mercati mostrano di credere, con lo strappo rialzista di ieri sul mercato azionario, coinciso con il calo dello spread a 233 punti base.

Faccio notare che lo spread è stato in calo per tutta la scorsa settimana, ma l’indice Ftse-Mib non ne aveva ancora approfittato, segno che fino a ieri qualche dubbio aleggiava ancora sui mercati.

A fugarlo deve essere stato il workshop Ambrosetti di Cernobbio, dove si riunisce ogni anno, al rientro dalle vacanze, tutto il Gotha della finanza italiana, e dove i grandi investitori, dopo aver tastato il polso dei governanti, carpiscono i segreti degli imprenditori e concordano strategie per l’autunno. Ebbene, nel week-end di Cernobbio, oltre all’intervento prevedibilmente misurato e ricco di buon senso del Ministro Tria, a lisciare il pelo del capitalismo italiano è arrivato niente meno che Salvini, il principe dei populisti, che quest’anno ha occupato quella scena che lo scorso anno fu di Di Maio, che allora veniva identificato come il futuro Premier.

Presentatosi in giacca e cravatta, misurato e attento all’etichetta, come un invitato al matrimonio dei principi di Galles, ha coccolato il salotto buono con secchiate di buon senso, controllo delle parole e promesse di non violare le compatibilità di bilancio.

Un aplomb istituzionale completamente diverso da quello presentato venerdì sera, nel video postato su Facebook, dove ha dileggiato pesantemente la magistratura che gli ha inviato l’avviso di garanzia per l’apertura delle indagini per sequestro di persona in seguito all’odissea dei 170 migranti stremati, trattenuti per giorni in mare sulla nave Diciotti della Guardia Costiera.

Ottenute le rassicurazioni ufficiali di Salvini, la vittoria di Tria è stata ufficializzata ed è potuto partire il rimbalzone, attuato soprattutto con la caccia ai titoli bancari, ma con acquisti abbastanza generalizzati.

Quel che la settimana scorsa non è riuscito al Ftse-Mib, cioè superare il livello di resistenza di 20.850, è stato compiuto in una sola seduta e fregandosene di quel che capitava sugli altri mercati europei ed americani, che hanno passato tutta la giornata intorno alla parità, per chiudere la seduta solo in modesto rialzo. A frenare le borse normali è ancora l’incertezza legata ai dazi su 200 miliardi di importazioni cinesi, che Trump può far scattare da un momento all’altro, e quelli sulle auto europee, anch’essi già promessi e per ora solo sospesi, in attesa dei frutti di una trattativa tra USA e Commissione UE che non arriva mai alla fine.

Ma Piazzaffari non è più da un po’ di anni una borsa normale, ed assomiglia da tempo ad un ottovolante azionato dallo spread.

L’impulso rialzista acquisito ieri dal Ftse-Mib ha violato il livello di resistenza che lo schiacciava dal 16 agosto e ne impediva il rimbalzo. Ora l’energia accumulata in quasi un mese di oscillazione laterale dovrebbe fornire una direzionalità rialzista di circa 600 punti a partire da 20.850. Individuerei perciò il primo obiettivo rialzista in area 21.450, dove è ancora aperto un gap ribassista generato nella seduta del 10 agosto. Ma per arrivarci occorrerà prima violare quota 21.150, che non è affatto una resistenza da poco, dato che fu il livello di supporto che contenne la caduta dell’indice nei mesi di giugno e luglio scorsi e fu violato solo il 10 agosto. Da lì in questi giorni transita anche la trendline discendete che unisce i sue massimi da cui sono partiti gli impulsi ribassisti di maggio e di agosto.

Insomma. Per il nostro indice gli esami non finiscono mai, ma forse gli alunni Salvini e Di Maio potrebbero aver imparato qualcosa dalle ripetizioni estive del Prof. Tria.

Ci sarebbe ancora una domanda, che sorge spontanea: perché paghiamo ancora lo stipendio a Giuseppe Conte?

Risposta non c’è, o forse, chi lo sa…

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