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LA RITIRATA STRATEGICA DEL GOVERNO
06/09/2018 08:41

Wall Street ieri si è presa una ulteriore giornata di riflessione, proseguendo la modesta e composta correzione che, per l’indice più rappresentativo SP500, dura da 4 giornate consecutive, dopo la realizzazione del massimo storico nella seduta del 29 agosto scorso a 2.916 punti.

Ieri la scivolata della prima ora ha portato l’indice a realizzare il minimo di seduta a 2.877 ed il successivo recupero non è riuscito a riportarlo in positivo. Pesa la preoccupazione per la situazione di alcuni paesi che stanno subendo l’esodo degli investitori ed il crollo delle proprie valute nei confronti del dollaro. Mi riferisco soprattutto a Argentina e Turchia, ma cominciano a preoccupare anche il Sudafrica ed il Brasile, che insieme a Cina, India e Russia fanno parte del club dei paesi di nuova e forte industrializzazione, che rappresenta l’elite degli emergenti e viene chiamato con l’acronimo BRICS. Constatiamo facilmente che da qualche settimana tutte le valute dei BRICS stanno perdendo decisamente quota nei confronti del dollaro e dell’euro, segno che sui mercati l’era del carry trade e della speculazione sugli emergenti finanziandosi in dollari a tassi prossimi allo zero percento è decisamente finita. Anzi, stiamo osservando il flusso di ritorno degli investitori sul dollaro, dato che la FED ha promesso di continuare a rialzare i tassi nella prossima riunione del 26 settembre e probabilmente anche in quella di dicembre.

A preoccupare un po’ gli investitori è stata anche l’audizione in Senato USA dei vertici di Facebook, Twitter e Google, che hanno ammesso ritardi e mancanze nelle politiche di controllo della sicurezza dei dati. Infatti l’indice tecnologico Nasdaq100 (-1,3%) ha vissuto una seduta decisamente peggiore degli altri indici USA e si è allontanato significativamente dal suo massimo storico del 30 agosto a 7.691, per appoggiarsi in area 7.500, dove venne realizzato il precedente record del luglio scorso, che ora potrebbe fare da supporto.

L’Europa, che quando Wall Street fa uno starnuto si becca la bronchite, ha immediatamente drammatizzato le perplessità americane ed ha lasciato sul terreno -1,29% con l’indice Eurostoxx50 ed ha chiuso a 3.313. A preoccupare non è tanto l’entità del calo di giornata, grave ma non tragico, quanto il fatto di aver infranto il supporto di area 3.340, che per ben 4 volte, a partire dal 27 giugno, ha fatto rimbalzare il mercato. Si propone ora il test ultima spiaggia della soglia compresa tra 3.310 e 3.262, che ha contenuto la negatività di febbraio e marzo. La rottura anche di questi livelli proporrebbe almeno altri 100 punti di calo ed appesantirebbe ulteriormente la situazione dell’azionario europeo, già cronicamente debole rispetto a quello USA.

Ha tenuto botta invece il nostro Ftse-Mib, approfittando della nuova strategia della distensione inaugurata dal governo. Dopo le rassicurazioni di Salvini di martedì, ieri si è svolto un vertice sulla manovra d’autunno a base di calmanti e la linea Tria ha ufficialmente preso il sopravvento sulle smanie di ribellione contro la UE e contro la matematica dei bilanci che i due galletti del pollaio hanno mostrato per tutta l’estate. Anche Di Maio ha piegato la testa con la storica frase “non sfideremo l’Europa sui conti”, che dovrebbe significare un obiettivo di deficit, da inserire nella manovra, più vicino alle esigenze di Tria (1,5% del PIL) che al tetto previsto dal Fiscal Compact (3%). Se le parole hanno un senso e se le idee nella testa dei due condottieri la smetteranno di cambiare ogni giorno, come è capitato per tutta l’estate, questo significa che l’ipotesi sforamento dei conti sembra essere abbandonata. Forse per i due leader de Lega e 5 Stelle deve essere sembrato più facile convincere gli elettori che la Commissione UE. Allora la tattica sembra essere diventata quella di rinviare al futuro gran parte del programma di governo, sbandierato come urgente e necessario, e presentare  nell’immediato della legge di bilancio per il prossimo anno solo qualche pezzettino poco più che simbolico delle misure che realizzerebbero le grandi riforme su cui è stato chiesto ed ottenuto il voto degli italiani.

E’ la solita tattica dei politici del passato, che promettevano tanto e realizzavano poco? Assomiglia a quella di Renzi che con i mitici 80 euro dichiarava di aver risolto i problemi dell’Italia? Certo, ma questa volta sarà “comunicata” in modo più efficiente, usando Twitter, Facebook e tutto l’esercito dei militanti rilanciatori di post per far credere ai loro elettori, che ormai prendono per oro colato qualunque fandonia urlata sui social da Salvini e di Maio, che le poche misure a costo simbolico realizzeranno le promesse elettorali. L’estensione del regime agevolato per le piccole partite IVA lo chiameranno Flat Tax, lo spreco di 2 miliardi per riformare quei carrozzoni che sono diventati i centri per l’impiego e l’aumento delle pensioni minime lo chiameranno reddito di cittadinanza, l’estensione a qualche sodato in più delle già esistenti eccezioni alla legge Formero lo chiameranno “quota cento”. E così via….

Se questo dovesse essere l’esito della manovra, sarebbe la vittoria dell’umile ragioniere Tria contro le manie di grandezza dei nuovi populisti. Data l’enormità della notizia è bene però non togliere il condizionale dubitativo.

I mercati ieri hanno comunque festeggiato il cambiamento di linea, con lo spread che si è ammosciato fin sotto i 250 punti, il rendimento del BTP decennale sotto il 3%, e il Ftse-Mib che è arrivato a fare +1% quando il Dax faceva -1%, il settore bancario è tornato a volare. Poi sul finale deve essere tornata un po’ di cautela e l’euforia si è affievolita, anche perché in giro per il mondo di euforia non se vedeva proprio. Allora lo spread si è rialzato un pochino e soprattutto il Ftse-Mib ha perso tutto il guadagno, chiudendo in sostanziale parità. La conseguenza è che la resistenza di 20.850 ha fatto il suo dovere ed ha respinto il mercato. Oggi potrebbe esserci un secondo tentativo di sfondamento e non deve più fallire, pena il ritorno delle vendite.

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