Che quella in atto fosse una correzione, lo abbiamo anticipato nel commento di ieri piuttosto chiaramente. E ieri i mercati hanno voluto aggiungere al termine correzione l’aggettivo “forte”.
Perché quella di ieri, solo in parte anticipata dall’esito, negativo ma non tragico, dei mercati europei ed asiatici, è stata per gli indici azionari americani una vera giornata di passione, come non se ne vedevano da diversi anni.
Sono venuti abbastanza improvvisamente al pettine tutti i nodi che da tempo hanno accompagnato le nostre perplessità nel descrivere il rialzo smodato ed arrogante che ha accompagnato il 2017 e il mese di gennaio 2018.
Wall Street ha vissuto una seduta drammatica di vendite generalizzate e violente che ha portato indietro la memoria, se non al 2008, almeno ai giorni della dura correzione dell’agosto 2011, quando il Berlusconi ballava il Bunga Bunga ed il nostro spread ballava sotto i colpi del fuggi fuggi dal rischio Italia.
Il risultato finale della seduta americana di ieri è un bollettino di guerra: -4,10% per SP500, -4,60% per il Dow Jones e -3,91% per il Nasdaq100. Nessun titolo del Dow Jones e del Nasdaq 100 ha chiuso la seduta in positivo e solo 2 lo hanno fatto sui 500 di SP500. Poco dopo le ore 21 il Dow Jones, l’indice che esprime più degli altri la old economy tanto cara a Trump e quello che ieri ha perso di più, ha toccato il minimo con un classico flash crash e lasciava sul terreno ben 1.569 punti rispetto alla chiusura del giorno prima (- 6,15%). Il recupero parziale dell’ultima ora ha ridotto a 1.175 i punti persi, che resta comunque un bel record.
Il rischio, ignorato per mesi, torna prepotentemente alla ribalta con il Vix, l’indice della paura, che è schizzato a 38,8 ed ha chiuso a 37,3 con un rialzo giornaliero del 115%.
Insomma una classica giornata di panic selling, avvenuta proprio mentre gli indici PMI dell’Eurozona, che misurano l’ottimismo per il futuro di un nutrito campione di manager, raggiungevano i massimi dal 2007 e l’analogo indice ISM americano nel pomeriggio toccava livelli mai visti dopo il 2005.
Un vero e proprio “scoppiare di salute”.
E’ l’aspetto comportamentale dei mercati che presenta il conto dopo aver illuso per mesi con la rivoluzione industriale 4.0..., la crescita globale…, le politiche monetarie accomodanti…, l’inflazione che non ci sarà mai più…, avrebbe consentito ai mercati di rimanere tra le nuvole. E a chi obiettava che forse si stava esagerando un po’ si poteva tranquillamente rispondere: “Zitto, Gufo, che questa volta è diverso “.
E invece quel che abbiamo visto ieri assomiglia maledettamente a quel che abbiamo visto in passato tante altre volte.
Oggi si aprirà la caccia alle streghe e qualcosa mi dice che, oltre che prendersela con i pochi grilli parlanti che avevano avvisato sulla bolla speculativa che stava gonfiando, questa volta si darà la colpa anche ai sistemi automatici, dopo aver osannato i robo-trader ed il fintech come la soluzione per l’arricchimento facile. Il problema è che gran parte del fintech è una bufala, che non fa altro che selezionare automaticamente i fondi che hanno le stelle di Morningstar e comporre portafogli diversificati in base al profilo di rischio (insomma quel che fanno tutti i modesti consulenti finanziari), ma lasciano i risparmiatori in balia dei mercati che crollano (anche qui, come i modesti consulenti). I trading system sono per la maggior parte trend follower, e quando il trend di mercato inverte, vendono automaticamente e ne accentuano il calo, producendo questi flash crash.
Oggi i mercati non USA subiranno il grosso della botta, perché il crollo di Wall Street è avvenuto a mercati asiatici ed europei già chiusi.
Quelli asiatici stanno già sanguinando abbondantemente mentre scrivo: Giappone -4,7%, Australia -3,2%, indici cinesi mediamente -3%, come l’India.
L’Europa aprirà violentemente al ribasso e poi vedremo se nel corso della seduta saprà sviluppare una qualche reazione.
Restando a SP500, che è il driver per tutto l’azionario, se lunedì era arrivato a restituire oltre metà del rialzo del 2018, col crollo di ieri è passato in negativo, scendendo a 2.649punti, ben al di sotto della chiusura del 2017, avvenuta a 2.673,61.
Rotto questo supporto ed il successivo di 2.652, ora non resta che aggrapparsi a 2.602, realizzato nel minuscolo flash crash (se confrontato con quel che abbiamo visto in questi giorni) che ebbe il primo giorno di Dicembre 2017. Fibonacci ci dice che della lunga gamba dell’ultimo rialzo, partito il 21 agosto 2017 e culminato con il massimo di venerdì 26 gennaio scorso (a 2.872,9), ieri è stato ritracciato per il 50%. E’ un livello importante, su cui muore la maggior parte delle correzioni. Il prossimo obiettivo, se la correzione volesse farci vedere i muscoli dei venditori, sarebbe al 61,8%, che è a 2.593, pochi punti sotto il supporto di 2.602.
Intanto gli oscillatori di eccesso ci fanno vedere che, dopo essere stato in ipercomprato fino al 30 gennaio, in sole 4 sedute SP500 ha già raggiunto la soglia dell’ipervenduto (RSI14 a 29,4 ieri sera).
Perciò i compratori non hanno molto tempo per farsi passare lo spavento e tornare a comprare.
Se credono ancora ai miracoli della Trumpnomics.
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