La giornata di ieri non ha risolto il dubbio tra rimbalzo o prosecuzione del ribasso. O, meglio, non lo ha risolto in America, perché in Europa l’indicazione dei mercati azionari è stata chiara. L’inversione di tendenza, dopo un’apertura in volitivo rimbalzo, ha travolto i compratori e portato sia Eurostoxx50 che in tedesco Dax a chiudere in deciso ribasso, perdendo oltre un punto percentuale rispetto a giorno precedente. L’indicazione appare chiara. Niente rimbalzo e continuazione della correzione, che ormai ha raggiunto il centro dell’ampia area compresa tra il minimo della prima seduta dell’anno ed il massimo del 23 gennaio, che per Eurostoxx50 fu leggermente inferiore ai massimi del 2017, mentre per il Dax fu un massimo storico. Ma la rottura venne subito falsificata dal dietrofront immediato ed ora la correzione si sta facendo impulsiva forse anche più di quanto lo fu il rabbioso rimbalzo della prima pare del’anno.
Ieri il nostro indice si è sottratto al bagno di sangue grazie al buon andamento della galassia Agnelli, questa volta più per merito di Ferrari, Chn ed Exor che per Fiat. Anche i titoli legati al petrolio hanno dato un contributo positivo all’indice, mentre il settore bancario ha vivacchiato senza sbracare. Tutto ciò è bastato a mantenere in lieve segno positivo finale al nostro Ftse-Mib, che in mattinata faceva vedere un rialzo superiore al punto percentuale. Constatiamo comunque che, per ora, il listino non risente della notizia che alcuni grossi Fondi Hedge stranieri, tra cui il colosso Bridgewater, abbiano aumentato la loro esposizione ribassista su parecchie blue chips italiane, con l’approssimarsi delle elezioni, puntando sulle turbolenze del dopo voto. L’evento non ha condizionato neppure lo spread, che, anche grazie al rialzo dei rendimenti del Bund, è sceso fino a 124 punti, sui livelli abbandonati nel lontano settembre 2016. Alla faccia dei timori elettorali!
La colpa della debolezza dell’azionario europeo va cercata ancora nella forza dell’euro, che si protrae da parecchie settimane e non riesce ad essere contrastata da un dollaro troppo moscio, che oltretutto perde terreno anche nei confronti delle altre valute. Ieri EUR/USD ha nuovamente superato quota 1,25, mentre i rendimenti del Bund a 10 anni salgono al record biennale di 0,72% ed anche i Treasury americani ritoccano il loro precedente massimo annuale di rendimento, salendo al 2,79%.
L’azionario USA ha vissuto una giornata a due facce, tentando un rimbalzo nella prima parte di seduta, per poi vanificarlo nella seconda, con l’avvicinarsi delle importanti trimestrali di 3 big dei listini: Amazon, Apple e Alphabet (Google). La chiusura di SP500 sui livelli del giorno prima lascia immutata l’incertezza sul futuro, anche se rivela che per ora i compratori si son fatti decisamente meno spavaldi e sembrano non riuscire a strappare ai venditori il pallino del sentiment.
Nella notte sono poi arrivate le temute trimestrali, che hanno evidenziato ottimi risultati per Amazon, che ha battuto decisamente le previsioni di utile degli analisti. Deludente invece Google, che ha avuto un calo di utili, in parte per i costi della riforma fiscale imputati al 2017. Apple ha presentato una trimestrale double face. Crescita di utili e ricavi oltre le attese, ma anche calo delle vendite del nuovo modello di i-phone, come temuto.
Oggi il mercato dovrà riflettere se la battuta d’arresto sugli smartphone può essere un fenomeno passeggero oppure rivela una certa disaffezione dei consumatori, e persino dei superfidelizzati fidelizzati Apple-dipendenti, ad inseguire novità sempre più sofisticate a prezzi però sempre più alti.
Oggi, ad aumentare i dati su cui riflettere, avremo anche l’appuntamento mensile con la stima sulla creazione di posti di lavoro non agricoli in USA, relativi al mese di gennaio. Verificheremo se la crescita tanto strombazzata da Trump e i bonus fiscali invogliano veramente le imprese ad assumere.
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