La terza giornata della settimana ha fermato il breve, ma ben visibile, ribasso dei listini azionari, che però non sono riusciti a rimbalzare in modo significativo. Segno che la percezione del rischio, tornata nella mente degli investitori a partire da lunedì, non è stata ancora rimossa.
Non è bastato ad infondere fiducia il discorso di Trump, che è piaciuto più per l’understatement mostrato ed la retorica istituzionale, che ha sostituito nell’occasione il linguaggio triviale usato su Twitter, che per il contenuto. Infatti non sono emerse novità sostanziali, se si eccettua una verbale mano tesa ai democratici, invitati a collaborare, senza però cedere in cambio nulla delle sue posizioni sul muro col Messico e sul protezionismo.
I mercati hanno visto i rendimenti obbligazionari ancora tonici, da entrambe le sponde dell’Atlantico. Il decennale USA si è confermato ancora al di sopra del 2,70% di rendimento, ed anche in Europa abbiamo assistito al Bund tedesco arrivare a rendere più dello 0,7%, cosa che non si è più vista dopo il 2015.
Anche il dollaro ha continuato a mantenersi debole, limitandosi a tenere quota 89 sul Dollar Index, ma senza rimbalzare. Così come non sono rimbalzati granché gli indici azionari, né in USA, né in Europa.
La riunione FED, l’ultima ancora presieduta da Janet Yellen prima del pensionamento, non ha provocato alcun sussulto. Non poteva farlo, dato che siamo nel momento degli addii e del passaggio di consegne al successore Powell. Nessuno si aspettava movimenti. Il gioco tornerà a farsi duro a marzo, quando il mercato prevede che verranno nuovamente rialzati i tassi. Ed una conferma è arrivata con la modifica di qualche frase del Comunicato che lascia intendere un rafforzamento della crescita e un certo aumento previsto anche nell’inflazione, fattori che dovrebbero aumentare la necessità di procedere nella stretta monetaria.
Una certa titubanza dei mercati è giustificata dal fatto che tra ieri ed oggi presentano le trimestrali tutti e 5 i grandi big del listino americano, le mitiche FAAMG (acronimo che comprende le iniziali di Facebook, Apple, Amazon, Microsoft, Google). Nella notte hanno già presentato i conti Facebook e Microsoft, entrambi meglio delle attese. Oggi tocca alle altre tre big, ed il mercato guarderà con attenzione Apple, su cui si addensano rumor di possibili intoppi sulle vendite e nei tribunali.
Insomma. La giornata di ieri è stata la tipica seduta in cui si è esaurita l’emorragia, ma il paziente non ha ancora ripreso le forze. Oggi forse i mercati decideranno se impostare un rimbalzo degno di tal nome oppure se continueranno ad essere sotto il dominio di venditori un po’ più aggressivi del solito.
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