La quarta settimana di Gennaio è stata piuttosto variopinta, dal punto di vista mediatico. Il World Economic Forum di Davos ha tenuto la scena ed ha inserito, tra i soliti dibattiti sui massimi sistemi, anche l’intermezzo cabarettistico di Donald Trump, che si è esibito nella scenetta “qui lo dico e qui lo nego” , che è il suo tipico cavallo di battaglia per i summit mondiali.
Il Presidente americano, infatti, nella sua breve ma intensa e dispendiosa permanenza tra le nevi svizzere, è riuscito a dire e negare tutto il possibile. Ha presentato la faccia spavalda di chi se ne frega del resto del mondo e quella gentile di chi, bontà sua, vuole regalare al mondo la ricetta della felicità, che, non sembra neanche il caso di precisarlo, è quella che sta applicando Lui in America. Una ricetta piuttosto confusa e certamente irrituale, a base di regali fiscali a carico del debito pubblico, stracciamento di trattati internazionali, per poi offrirsi immediatamente di rinegoziarli a vantaggio degli USA, dazi e svalutazioni competitive dei cambi mentre afferma di essere favorevole al dollaro forte. L’ultima trovata pare sia la teoria dei diritti meritevoli, che consiste nel selezionare gli immigrati da ospitare in base ai vantaggi che procurano all’America. Un tempo questa pratica sarebbe stata chiamata discriminazione sociale, ma oggi non mi stupirei che arrivassero studi autorevoli a sdoganarla come una geniale trovata per lo sviluppo umano.
Il comportamento di Trump assume col passare del tempo sempre più i tratti caratteristici dei Disturbo Bipolare, come gli psicoterapeuti chiamano quella particolare Sindrome Maniaco-Depressiva, caratterizzata appunto da gravi alterazioni dell’umore, delle emozioni e dei comportamenti, che portano al susseguirsi alternato di episodi maniacali ed episodi depressivi (da qui il termine Bipolare).
I media seguono sorpresi il susseguirsi di questi sbalzi comportamentali e faticano a coordinare i messaggi contradditori che il soggetto comunica, chiedendosi continuamente quale sia il vero Trump.
I mercati sembrano aver capito che, nel breve periodo, il vero Trump non ha molto senso chiedersi chi sia, poiché quel che fa e che dice non è che un regalo quotidiano alla speculazione, che si alimenta delle manie di grandezza del leader, e delle spropositate promesse di crescita, che fanno un po’ a pugni con la delusione dell’ultimo dato sul PIL, che pare tornato a crescere a ritmi inferiori al 3% nell’ultimo trimestre 2017.
Le stranezze verbali non contano nulla perché tanto verranno smentite dal prossimo intervento, che darà la colpa alla stampa per aver fuorviato il suo pensiero o pubblicato fake news.
Ed allora anche la quarta settimana dell’anno, nonostante la debolezza del dollaro, arrivato a livelli di ipervenduto che chiamano a gran voce la necessità di una correzione, ha permesso all’azionario americano di inanellare l’ennesimo strappo rialzista da parte di tutti gli indici, che, se resistono ancora al rialzo un paio di giorni, chiuderanno il mese di gennaio con il più alto numero di massimi storici realizzati in un solo mese nella storia di Wall Street.
Si pensi che l’indice più rappresentativo (SP500) è arrivato ad un livello di eccesso rialzista, espresso sul grafico giornaliero dall’indicatore RSI(14), pari a 86,7, cioè il più alto mai realizzato da questo indice nella sua storia.
E’ appena il caso di dire che se nei prossimi giorni dovesse esserci qualche seduta di ribasso nessuno dovrebbe scandalizzarsi.
Neanche il dato deludente della prima stima del PIL 4° trimestre (+2,6% annualizzato, contro le attese di +3%) venerdì è riuscito a calmare gli entusiasmi dei compratori, galvanizzati dai messaggi trionfalistici e concilianti di Trump a Davos, dalle trimestrali lussureggianti delle big che hanno presentato i conti, ed al riparo da scherzi della FED in tema di rialzo dei tassi. Infatti in settimana si riunirà il FOMC, ma non prenderà alcuna decisione perché si è in fase di passaggio di consegne da Yellen a Powell. Niente per ora sembra in grado di scalfire l’inossidabile ottimismo dei mercati.
La situazione ideale per l’avvio di una fase di correzione?
Vedremo. Certo, pare difficile che possa ancora arrivare altro denaro, dopo tutto il flusso che è già affluito negli ultimi mesi. Qualche grosso operatore dovrebbe già avere il dito sul click, pronto a portare a casa i guadagni.
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