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AMERICA FIRST, AMERICA SOLA
24/01/2018 08:35

Che due delle principali caratteristiche di Trump siano la cocciutaggine e la rissosità lo sappiamo da tempo. Ma non mi aspettavo certo che, subito dopo essere stato salvato dalla benevolenza dei democratici, che hanno fornito i voti necessari a prorogare ancora una volta il bilancio provvisorio, consentendo la riapertura degli uffici federali, e alla vigilia della trasferta tra le nevi di Davos con la numerosa claque di ministri per presentare il suo show davanti ai governanti delle principali potenze mondiali ed al Gotha della finanza mondiale, l’apprendista statista se ne uscisse con una provocazione protezionistica in grado di irritare tutti. Un vero e proprio ceffone alla filosofia del libero scambio alla base della globalizzazione.

Aveva promesso in campagna elettorale che America First avrebbe significato fare i conti con quella che lui definisce “concorrenza sleale” fatta dai cinesi e dal resto del mondo ai danni delle imprese americane, che sui mercati mondiali soffrono di scarsa competitività e non riescono ad effettuare esportazioni in grado di compensare le importazioni di beni prodotti all’estero a costi più bassi.

E proprio alla vigilia della partenza per Davos ha mantenuto anche questa promessa, varando un provvedimento che imporrà per 5 anni costosi dazi all’importazione di lavatrici e di pannelli solari. Una misura che colpirà sia i nemici cinesi che gli alleati sud-coreani, che infatti hanno già annunciato un ricorso al WTO, l’organismo mondiale che dovrebbe garantire la libertà di scambio tra i paesi aderenti.

I membri del suo staffo hanno rincarato la dose, spifferando che questo non è che il primo di una serie di provvedimenti analoghi, che vedranno la luce nei prossimi mesi, per fare giustizia della concorrenza sleale dei cinesi.

La scelta appare di dubbio gusto non solo nei tempi e nella filosofia protezionistica che impone, in grado di innescare una guerra commerciale a tutto campo, che potrebbe recare seri danni alla crescita mondiale futura, ma anche nella scelta dei settori da colpire. Imporre dazi sui pannelli solari significa strozzare la green economy e bloccare lo sviluppo delle fonti alternative al fossile (petrolio e carbone), con buona pace del cambiamento climatico, che per lui continua ad essere una bufala dei cinesi. Non solo America First quindi, ma anche Carbon First.

Intanto il TPP, il trattato di libero scambio tra i 12 paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico, che Trump ha rinnegato, partirà senza gli USA ed a marzo verrà riformulato tra gli altri 11 Stati aderenti, marcando anch’esso il progressivo isolamento americano da tutto quel che sa di cooperazione mondiale.

I mercati azionari, con la testa tra le nuvole ed intenti a contare i dollari che rimarranno nelle casse delle imprese USA dopo l’applicazione dei regali fiscali di Trump, hanno quasi del tutto ignorato la questione protezionismo (…c’è tempo per preoccuparsi) ed hanno messo a segno l’ennesimo massimo storico. Per SP500, l’indice principale, si tratta dell’undicesino record realizzato da inizio anno su 15 sedute di borsa. Solo tre sono state le sedute con chiusura in ribasso.

Decisamente meno baldanzoso appare però il dollaro, che già martedì non aveva partecipato ai festeggiamenti per la riapertura degli uffici statali. Ieri ha accolto l’arrivo concreto del protezionismo perdendo ancora terreno. Il cambio EUR/USD si è riportato sopra 1,23 e sembra voler riprendere la marcia verso l’obiettivo grafico che ho indicato qualche giorno fa nei pressi di 1,265.

Continua pertanto la divergente percezione del futuro da parte dei mercati azionari e di quelli valutari ed obbligazionari.

I primi sono beatamente accomodati nel migliore dei mondi possibili e freneticamente occupati a comprare rischio, non temendo nulla che possa fermare il Bull Market.

Il valutario invece non fa altro che confermare la debolezza del dollaro e sembra anticipare l’arrivo dell’economia USA sul picco congiunturale, mostrandosi già preoccupato di una futura recessione. Analoga visione viene fornita dall’obbligazionario, che mostra un progressivo appiattimento della curva dei rendimenti USA, anticipando anch’esso un punto di svolta congiunturale non più così lontano.

Non resta che attendere per verificare chi ha la vista migliore.

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