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In attesa di una FED accomodante
20/09/2017 08:34

L’inerzia rialzista ha avuto anche ieri il sopravvento, al termine di una seduta decisamente poco volatile, con movimenti confinati nello spazio di minime frazioni di punto percentuale, se si esclude l’indice giapponese, l’unico che ha vissuto una giornata di rialzo campale.

Degli altri indici principali, nessuno ha brillato in modo particolare, e solo i due più tonici del momento (il Dow Jones americano e l’italiano Ftse-Mib) hanno aggiornato i massimi di periodo. Gli altri, sia in Europa che in USA, hanno passato la giornata all’interno dell’escursione di prezzo della seduta precedente e si sono accomodati in poltrona, ad attendere questa sera, quando alle ore 20 è previsto l’appuntamento con la FED.

Al termine della riunione mensile di settembre, la banca centrale USA comunicherà infatti le sue decisioni sui tassi di interesse, che tutti prevedono ancora immutati, ma pubblicherà anche le ormai sempre più attese proiezioni economiche trimestrali, che contengono la cosiddetta “dot plot”, ovvero la previsione dei singoli membri del FOMC sui futuri movimenti dei tassi ufficiali.

Inoltre nonna Yellen terrà la Conferenza Stampa, in cui potrà illustrare le decisioni adottate.

Una di queste pare essere scontata ed acquisita. Riguarda l’inizio ad ottobre della riduzione del bilancio FED. Si tratta della manovra di lenta erosione della montagna di titoli obbligazionari, acquistati sul mercato dal 2008 al 2014 e sempre rinnovati a scadenza, nell’ambito delle tre manovre di Quantitative Easing, adottate per fronteggiare gli effetti della recessione e stimolare l’inflazione verso l’obiettivo del 2% annuo, considerato virtuoso dalle banche centrali.

Questi cospicui acquisti di Bond hanno portato l’ammontare dei titoli detenuti dalla FED dai 900 miliardi di dollari del 2008 agli attuali 4.450 miliardi. E, siccome l’acquisto è stato pagato con la stampa di moneta fresca, anche la quantità di moneta in circolazione ha assunto analoghe abnormi dimensioni.

Gli acquisti sono cessati esattamente 3 anni fa, ma il ritorno alla normalità prevede non solo lo stop all’aumento della montagna di liquidità pompata nel sistema, ma il suo graduale ridimensionamento a valori non superiori a quelli necessari a garantire il fluire dei pagamenti dell’economia reale. Secondo miei calcoli approssimativi direi che la riduzione dovrebbe portare a regime il bilancio FED entro i 2.000 miliardi di titoli in portafoglio.

La FED ha già comunicato  il ritmo e le modalità di riduzione che attuerà. Si partirà da un ridimensionamento di 10 miliardi al mese, che aumenterà di 10 miliardi ogni tre mesi, fino a raggiungere la velocità di crociera di 50 miliardi al mese alla fine del prossimo anno. Per non disturbare troppo il mercato i titoli non verranno venduti, ma semplicemente non reinvestiti alla scadenza naturale. Si comprende che con questo ritmo di riduzione ci vorranno oltre 4 anni per erodere la montagna di titoli di almeno 2.500 miliardi. Non si può dire che la FED abbia fretta.

Tutto ciò è già stato annunciato e non credo che verrà rimangiato. Stasera dovrebbe arrivare semplicemente la conferma che l’inizio del tapering di bilancio è fissato per il mese di ottobre.

Assai meno acquisito e scontato è invece il percorso per il rialzo progressivo dei tassi ufficiali sui Fed Funds, oggi fermo a quota 1,25% e che, secondo i precedenti annunci, dovrebbe vedere un ulteriore ritocco da un quarto di punto entro dicembre. Il 2018 dovrebbe riservarne altri 3, così come il 2019, fino a raggiungere il punto di arrivo del 3% a fine 2019. Il 3% è stato già definito dalla FED come il livello di normalità dei tassi, che in condizioni ideali dovrebbe essere il baricentro virtuoso del paradiso finanziario: inflazione al 2% e tassi al 3%, per un rendimento reale dell’1% che nella nuova normalità ipotizzata dalla Fed dovrebbe accontentare gli investitori.

Ma il mercato non crede a questo percorso. Secondo i prezzi impliciti nei futures sui tassi, il mercato affida solo il 50% di probabilità all’aumento annunciato dalla FED per dicembre ed arriva di incorporarlo pienamente solo intorno alla metà del prossimo anno.

Raramente le previsioni dei mercati si sono discostate più di quanto lo siano oggi da quel che la FED ha annunciato di voler fare. Il mercato probabilmente crede che parecchi elementi di incertezza potrebbero frenare la volontà della FED: la strampalata politica di Trump, che ieri ha menato fendenti verbali all’ONU ai suoi nemici nordcoreani e iraniani; il problema del tetto del debito da alzare, su cui l’accordo congressuale dovrebbe arrivare entro dicembre, ma potrebbe essere trovato solo sul filo di lana, destando apprensione sui mercati; la tensione nucleare coreana; gli effetti dei numerosi uragani già arrivati e di quelli che si abbatteranno ancora sulle coste USA, in grado di ammosciare la crescita economica in corso; l’inflazione che tarda a tornare all’obiettivo del 2%.

Tutti questi elementi, secondo i mercati, potrebbero indurre la FED ad annunciare stasera un rallentamento nel percorso verso la normalità, diventando maggiormente accomodante. Del resto alcuni membri del FOMC nei giorni scorsi hanno invitato a non essere troppo precipitosi sui tassi.

Se stasera Yellen effettivamente confermerà le incertezze che i mercati prevedono, è possibile che si assista ad un prolungamento della festa sui mercati sia obbligazionari (attraverso un calo ulteriore dei rendimenti) che sull’azionario, già ai massimi storici, ma con un indice Vix che fotografa un’assoluta mancanza di timore per il futuro da parte degli investitori.

Ovviamente una conferma da parte della FED dell’aggressivo percorso delineato in passato rappresenterebbe una doccia fredda per la sicumera dei mercati e potrebbe avviare una correzione abbastanza significativa, proprio perché non attesa, su obbligazionario ed azionario. Mentre il dollaro, che continua a scambiare a 1,20 contro l’Euro, potrebbe rifiatare e recuperare qualcosa.

C’è ancora da considerare l’eventualità che la FED si mantenga ambigua. Personalmente credo che non verrebbe gradito, dato che impatterebbe sulla credibilità dell’istituzione. Che se ne fanno i mercati di un timoniere che non sa da che parte girare la prua della nave?

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Pierluigi Gerbino - P. Iva 02806030041
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