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Scalare anche le nuvole
19/09/2017 08:32

La terza settimana completa di settembre si è aperta senza cambiare il copione che vede i mercati azionari in rialzo. E’ un movimento costante, anche se un po’ noioso, contrassegnato da una progressione tranquilla e senza strappi, ma anche senza alcuna ombra di timore.

La compiacenza degli investitori verso il rischio si sta facendo addirittura imbarazzante, dato che sta snobbando del tutto le minacce e le provocazioni che nella penisola coreana le parti in conflitto virtuale si stanno scambiando da settimane. Alla faccia del lancio dei missili di Kim, delle prove di bombardamento dei caccia USA insieme a quelli sud-coreani, delle notizie di intelligence che danno la Corea del Nord molto vicina al completamento dell’apparato missilistico intercontinentale (quello in grado di colpire l’America e l’Europa, per intenderci), chi guardasse il comportamento degli indici delle due borse più coinvolte nella sfida coreana, cioè l’indice Kospi di Seul ed il Nikkei di Tokio, osserverebbe che il primo ha collezionato nelle ultime 8 sedute, a partire dal 6 settembre, un rialzo del 4,2% e si trova a meno di un punto e mezzo percentuale dai massimi assoluti, abbandonati il 25 luglio scorso, quando iniziò l’escalation missilistica di Kim Jong Un. Il Nikkei giapponese, dal canto suo, nelle ultime  8 sedute, compresa quella odierna, di punti percentuali di rialzo ne ha collezionati 5 e oggi sta già testando i massimi dell’anno di 20.318, segnati il 20 giugno scorso.

Un entusiasmo che fa a pugni con tutte le preoccupazioni nucleari e le ansie geopolitiche che ci vengono descritte dai media. Per i mercati la crisi nucleare più seria della storia, dopo la seconda guerra mondiale, sembra già risolta.

Anche in occidente le borse stanno tranquillamente avanzando al rialzo, come se non ci fossero altre direzioni possibili. In Usa tutti e tre i principali indici (SP500, Dow Jones e Nasdaq100) hanno aggiornato il proprio massimo storico, raggiungendo 2.508 punti SP500, 22.355 punti il Dow Jones e 6.013 il tecnologico Nasdaq100. Se vogliamo cercare il pelo nell’uovo notiamo che la giornata è stata caratterizzata in USA da un inizio forte, che ha portato gli indici a realizzare i record ed ha sostenuto al rialzo la chiusura degli indici europei, che in mattinata avevano già anticipato il rialzo americano, ma da una seconda parte (dopo la chiusura europea), decisamente più incerta, che ha spinto SP500 al pullback su quota 2.500 ed il Nasdaq100 in negativo. L’ultima ora ha poi recuperato un po’ del terreno  perso a metà seduta, consentendo una chiusura in terreno positivo a SP500 e Dow Jones. Non al Nasdaq100, che appare da giorni il meno convinto a scalare le nuvole, mentre la old economy rappresentata dal vecchio indice Dow Jones, è quella che sta tirando al rialzo l’azionario americano.

A completare il quadro che raffigura una rinnovata e rafforzata propensione al rischio degli investitori possiamo osservare l’indice Vix, che fotografa la paura di ribasso che i market maker sulle opzioni riescono a farsi pagare: ieri è sceso nuovamente sotto quota 10, ad un valore che non raggiungeva dal 8 agosto, proprio prima dello scoppio di volatilità provocato dalla prima accelerazione nucleare nord-coreana.

Il motivo di tanta tranquillità è difficile da scovare con la ragione. Si ha notizia che proprio in queste ore ha raggiunto la massima potenza (livello 5) l’ennesimo uragano caraibico di quest’anno, battezzato Maria, che dovrebbe arrivare domani sulle coste dell’area devastata da Irma 10 giorni fa.

Inoltre siamo alla vigilia di una riunione della FED chiamata a ricalibrare il percorso verso la normalizzazione delle condizioni monetarie. Arrivando da un periodo eccezionalmente lungo e accentuato di lassismo monetario, normalizzazione significa inasprimento della politica monetaria. Ma anche di questo non si percepisce timore.

I mercati evidentemente non credono ancora ad una FED aggressiva e confidano che le difficoltà di Trump richiedano un prolungamento di tolleranza monetaria.

Non vorrei che fosse proprio la minaccia delle devastazioni che potrebbe provocare il prossimo uragano a convincere i mercati che la FED non oserà essere troppo severa nella riunione che domani dovrà comunicare i provvedimenti di politica monetaria. Magari si confida che i tassi non verranno toccati e che il tapering del bilancio, cioè la progressiva riduzione della montagna di titoli di stato ora in mano alla FED, verrà attuata con molta gradualità, proprio per non sottrarre liquidità alla ricostruzione necessaria.

Se fosse così, un mercato che, pur di salire ancora contro ogni logica, arriva ad approfittare delle sventure di intere popolazioni, a me un bel po’ di ribrezzo lo provocherebbe. Sarò l’unico?

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