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Speculazione No Global all'attacco in Europa
08/02/2017 08:41

Dopo il brusco inizio di settimana visto lunedì, che ci ha presentato un’Europa nell’occhio del ciclone speculativo, dopo l’azzardata proposta fatta dalla cancelliera Merkel e mirante alla costruzione di un futuro dell’Unione a due velocità, ieri i mercati sono rimasti sostanzialmente immobili a riflettere sui tanti contenuti della proposta non esplicitati.

In questo modo ciascun paese e ciascun commentatore è libero di interpretare a suo modo i cerchi concentrici disegnati nello stagno europeo dal sasso gettato dalla Merkel, evocando ipotesi più disparate, magari senza fondamento realistico.

I mercati a caldo hanno sposato l’ipotesi che questa proposta tedesca possa portare ad un aumento significativo dei rischi di dissoluzione dell’Eurozona, o quantomeno della moneta unica come oggi la conosciamo. Questa interpretazione si è fatta strada nonostante le parole di Draghi, che si è subito eretto come baluardo a difesa dell’euro, dichiarandolo, senza tentennamenti e con forza retorica, come “irreversibile” davanti al Parlamento Europeo. Ma, dopo la sortita dal sapore elettoralistico della Merkel, oggi Draghi sembra essere rimasto l’unico tra i personaggi che contano in Europa a credere nell’euro e volerlo difendere così com’è, “whatever it takes”. Un baluardo soggetto ad attacchi da varie parti, come ha dimostrato ieri nuovamente Weidmann, che, nel difendere la Germania da Trump, non ha risparmiato esplicite critiche ai tre più grandi partner dell’Unione (Francia, Spagna ed Italia), accusandoli di aver usato tutto il cospicuo risparmio di interessi ottenuto dalla politica monetaria accomodante della BCE (circa 1.000 miliardi di euro dal 2007 in poi), non per diminuire il debito, ma per aumentare la spesa pubblica. Ha perciò accusato nuovamente la politica accomodante di Draghi di creare l’illusione ottica che i debiti siano sostenibili, mentre in uno scenario di tassi di interesse “normale” lo sarebbero assai meno.

Al di là del fatto che Weidmann abbia o meno ragione (secondo me ha ragione), questa tesi, che non è nuova, ma che è stata ribadita proprio dopo la sortita della Merkel, dimostra che dai tedeschi dovremo aspettarci in futuro non l’invito a partecipare gratis al circolo del golf, ma dure condizioni e rigorosi strumenti di controllo, che costeranno la cessione di ulteriori quote significative di sovranità economica, se vorremo far parte della “Champions League” europea, come potremmo per ora chiamare il nucleo dei paesi più virtuosi che intraprenderebbe il cammino di maggiore integrazione.

Non sappiamo poi che cosa verrà partorito dalle interminabili trattative che questo progetto dovrebbe comportare, dato che i contenuti da inserire nei nuovi trattati saranno tostissimi, e si aggiungeranno ai negoziati con il Regno Unito per stabilire i dettagli del divorzio Brexit.

Probabilmente i paesi mediterranei non saranno disposti a cedere sovranità ad un gruppo ad esorbitante trazione tedesca. Questa situazione creerà tensioni che potrebbero portare alla frantumazione dell’Unione in due tronconi, ovviamente con due monete diverse: l’attuale euro, che sarebbe utilizzato dal gruppo dei meno virtuosi, ed un nuovo euro, che potremmo chiamare provvisoriamente “Mittel-Euro”, che sarebbe una moneta molto forte e sancirebbe il dominio della Germania attorniata dai suoi satelliti. “Make Germany great again” potrebbe diventare la risposta tedesca al celebre motto che ha fatto vincere a Trump le elezioni americane.

La via da percorrere è ancora abbastanza lunga e non è detto che si arrivi a questi esiti. I mercati, tuttavia, si stanno convincendo che sarà una via molto travagliata per i paesi meno virtuosi, costretti a scegliere tra la torsione delle proprie abitudini culturali verso una impegnativa germanizzazione, oppure accettare l’irrilevanza geopolitica della serie B europea, che diventerebbe l’instabile cuscinetto tra la potente Mittel-Europa e quelle che, da gran parte dei politici (Trump docet), vengono oggi considerate orde barbariche ostili (l’Africa povera ed il Medio-Oriente musulmano).

C’è quindi spazio speculativo per prezzare un aumento del rischio per tutti quei paesi che hanno il debito alto, il deficit fuori controllo e situazioni politiche complicate dall’avanzata dei nazionalismi, ritenuti spesso la scorciatoia per partecipare alla festa senza pagare il biglietto, grazie all’uscita da vincoli monetari, al ritorno alla “sovranità monetaria”, e, all’atto pratico, a stampare moneta carta straccia, generando inflazione e svalutazione.

L’aumento del rischio-euro si vede molto bene nell’impennata dello spread di Italia, Spagna e della new entry Francia, oltre che nella penalizzazione dei titoli bancari sulle rispettive borse.

Proprio la Francia sta subendo la maggior crescita della temperatura speculativa. Tra venerdì pomeriggio (prima che la Merkel parlasse) e ieri sera lo spread francese OAT-Bund è salito di 13 punti dai 61 di partenza. Un aumento di oltre il 20% del rischio. Al confronto il nostro spread, cresciuto nel medesimo periodo di 17 punti dai 181 iniziali, si è incrementato meno del 10%.

La colpa è ovviamente delle elezioni francesi alle porte, dove i sondaggi indicano al primo posto il partito di Marine Le Pen, al grido nazionalista “fuori dall’Euro e dalla NATO”, mentre perde credibilità quello che era considerato il suo principale avversario, Fillon, travolto dalla parentopoli come un politico italiano qualsiasi, ed  non ha chance di andare al ballottaggio il candidato di sinistra. Per gli europeisti l’unica speranza è il giovane ex ministro di Hollande Emmanuel Macron, leader di un movimento indipendente che assomiglia al Renzi rottamatore e sta salendo nei sondaggi, con buone possibilità di andare lui al ballottaggio contro Le Pen.

In questo caso tutti gli europeisti dovrebbero turarsi il naso e votarlo per fermare i nazionalisti. I sondaggi gli danno già un buon margine di vantaggio al ballottaggio contro Le Pen.

Ma intanto al ballottaggio bisogna arrivarci. Inoltre, come ha insegnato la vicenda Trump, non bisogna mai dare per scontato quel che dicono i sondaggi e non si possono nemmeno sottovalutare gli hacker di Putin, che hanno già divulgato un dossier contro di lui, lanciando lo scoop di una sua love story gay extra-matrimoniale. Il vento del nazionalismo soffia impetuoso. Sparare contro l’Europa è diventato più facile che contro la Croce Rossa. L’effetto Trump favorisce il politicamente scorretto ed ammutolisce i cosiddetti “globalisti”.

C’è quindi spazio per la speculazione “no global”, che punta sulla probabilità crescente di disgregazione europea.

Ironia della storia: 20 anni fa essere No Global garantiva l’etichetta di sprovveduto bastian contrario anti-capitalista. Oggi lo sono diventati anche i banchieri della City.

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