Trump si lecca le ferite della prima battaglia politica interna, non propriamente vinta, sui provvedimenti anti-musulmani a danno dei cittadini provenienti dai terribili sette paesi terroristi.
La vicenda gli ha mostrato che, se è difficile governare con metà popolazione che ti odia e metà che ti adora, quasi impossibile diventa se ti metti contro tutto il mondo produttivo. Intanto scarica gli eccessi di bile licenziando una ministra troppo Obamiana e nominando un giudice di vedute arcaiche alla Corte Suprema, per mettere al sicuro una maggioranza conservatrice nell’organo che potrebbe essere decisivo sui ricorsi proprio contro quei provvedimenti, accusati di essere contrari ai principi costituzionali americani. E, tra una firma e l’altra, attacca I mercati nel frattempo hanno probabilmente esaurito le prese di beneficio causate dalla delusione per il pasticcio combinato dal presuntuoso dilettante e dal suo staff di “esperti”, forse più dilettanti di lui.
Oggi dovrebbero tornare a concentrarsi sull’economia reale e sull’operato delle banche centrali, con qualche probabilità che la scena venga occupata da qualcosa di diverso dalla gaffe quotidiana del Comandante in Capo.
Infatti oggi i mercati si occuperanno di giudicare l’ottima trimestrale presentata ieri, a mercati chiusi, da Apple. Il colosso di Cupertino è molto importante per gli indici USA, poiché è il titolo principale della borsa mondiale e produce da solo utili annui vicini ai 100 miliardi di dollari, cioè superiori al PIL di alcune decine di stati nel mondo. Parecchie volte in passato la sua trimestrale, se diversa dalle attese degli analisti, ha influito sul sentiment della seduta seguente alla sua pubblicazione. Ebbene, ieri gli utili dell’ultimo trimestre 2016 hanno battuto largamente le stime degli analisti (3,36 $ di utile per azione contro i 3,21 previsti dal consenso degli analisti), che si erano mostrati diffidenti e cauti anche sulle vendite di iPhone, che invece hanno battuto anch’esse le attese, superando i 78 milioni di apparecchi venduti.
I buoni dati di Apple dovrebbero portare un po’ di ossigeno agli indici, che, comunque, anche ieri in USA, dopo una partenza in deciso ribasso, hanno recuperato quasi tutto, grazie alla tenuta del supporto di 2.265 per la seconda volta da parte di SP500.
Anche ieri sono state le borse europee quelle più pessimiste, anche perché la loro chiusura coincide con la prima parte della seduta americana, che ieri vedeva gli indici in chiaro ribasso. E’ presumibile che, almeno in partenza, si assista ad un rimbalzo dei listini europei e magari anche del nostro Ftse-Mib, che ieri, dopo una mattinata incoraggiante, ha di nuovo preso la via del ribasso, arrivando a sfiorare quota 18.500 ed avvicinare l’obiettivo di 18.400. Ieri però il calo si è mantenuto in linea con quello delle altre borse europee, mentre lo spread BTP-Bund è addirittura sceso di qualche punto base, restando comunque sempre sopra quota 180. Ancora una volta a trascinare giù l’indice sono stati i pesanti realizzi sui bancari. Ieri i peggiori titoli del Ftse-Mib sono stati infatti Banco BPM, Unicredit e UBI, tutti con perdite superiori al -3%. Le vendite di bancari negli ultimi giorni si sono intensificate proprio a causa del nervosismo che accompagna l’avvicinarsi dello storico aumento di capitale di Unicredit, il più grande mai avvenuto alla Borsa Italiana, da cui dipendono gran parte delle sorti dell’intero settore per i mesi a venire. Ricordo che stasera, a mercati chiusi, chi volesse una variante alla consueta visione delle partite di calcio serali, potrebbe assistere alla comunicazione da parte del CDA di Unicredit dei dettagli dell’operazione di ricapitalizzazione da 13 miliardi, che dovrebbe partire lunedì prossimo. Verranno resi noti prezzo di sottoscrizione delle nuove azioni e rapporti di emissione, permettendo, a chi vorrà, di sbizzarrirsi nei calcoli del valore del diritto di opzione e della parità teorica tra vecchie e nuove azioni, su cui domani la battaglia tra domanda ed offerta si combatterà nei book di negoziazione.
Ma stasera non ci sarà solo l’evento Unicredit. Si concluderà anche la riunione periodica del FOMC della Federal Reserve, l’organismo che decide la politica monetaria americana. Alla Presidenza c’è Janet Yellen, un’altra figura istituzionale che Trump giudica “nemica”. I mercati non si aspettano dal comunicato finale alcuna novità immediata sulla politica monetaria della FED. I tassi ufficiali sui Fed Funds sono previsti stabili a 0,75%. Ma soppeseranno ogni parola del comunicato per interpretare le sfumature linguistiche e scoprire qualche indizio sulle prossime mosse. Stasera il testo scritto sarà l’unica fonte in mano ai mercati, poiché non è prevista la Conferenza Stampa della Presidente Yellen. E questo è un primo motivo per non toccare nulla. Unmotivo in più è evitare di finire bersaglio dei tweet rabbiosi di Trump.
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