La fine di un'Era Straordinaria
17/12/2015 08:30
Con una votazione in stile bulgaro, all’unanimità dei 10 componenti del FOMC, Janet Yellen ha guidato la FED ad intraprendere il primo passo verso la “normalizzazione” dei tassi di interesse.
Dopo oltre 9 anni dall’ultimo rialzo, attuato da un Bernanke da poco tempo alla guida della FED, e dopo 7 anni esatti di tassi azzerati, il Board della Federal Reserve ha mantenuto la promessa, fatta in estate e ribadita ad ottobre, che entro il 2015 avrebbe dato inizio al processo di normalizzazione delle condizioni monetarie.
Il ritocco è stato, ovviamente, di un modesto 0,25%, come da tutti previsto ed ampiamente scontato dai mercati. Ma non è tanto la dimensione del rialzo ad essere storica, quanto il fatto che la decisione di ieri, come ha dichiarato la stessa Yellen, rappresenta “la fine di un’era straordinaria”.
La FED ha comunque avuto molta attenzione a presentare ai mercati il bicchiere mezzo pieno, puntando sugli aspetti positivi della decisione: l’economia USA continua a rafforzarsi e la disoccupazione a scendere, l’inflazione lentamente procede verso l’obiettivo del 2%, la manovra di atterraggio verso la normalità sarà molto graduale e le condizioni resteranno espansive ancora per un po’ di tempo. Inoltre, le future mosse dipenderanno dalle indicazioni che i dati macro forniranno di volta in volta alle riunioni dei regolatori.
L’intento era evidentemente quello di non spaventare i mercati.
E, a caldo, sembra che la difficile operazione di far ingoiare la pillola, a mercati allergici a tutto quel che non è un regalo monetario, sia riuscita.
L’indice SP500, che ha atteso il comunicato a 2.055 punti, dopo l’uscita della notizia e durante la conferenza stampa di Yellen ha aggiunto circa un altro punto percentuale alla sua salita, chiudendo la seduta a 2.073, un livello non lontano dalla resistenza di 2.094, che, se superata, lo rimetterebbe in pista per conquistare in extremis un nuovo massimo storico nelle poche sedute semifestive che rimangono prima della fine dell’anno.
Sarebbe un risultato grandioso per la retorica della Yellen, che dimostrerebbe in pieno le sue capacità di controllare l’emotività dei mercati, esercizio che ai banchieri centrali non è poi così abituale. E’ facile ricevere gli applausi quando si offrono caramelle monetarie. Molto meno quando si mostra il bastone. Per ora Yellen ha ottenuto l’applauso anche se ha cominciato ad usare la clava monetaria, sebbene imbottita di rassicurazioni.
Non so se l’impresa riuscirà. Sebbene i membri del FOMC abbiano affermato che i passi successivi della manovra dipenderanno dai dati economici futuri, è abbastanza importante guardare a quelle che per loro oggi sono le previsioni ad un anno. Questo “statement” è stato reso noto ieri e ha fotografato che la maggioranza dei membri FOMC si aspetta tra un anno un tasso al 1,375% e che per ottenerlo verranno fatti altri 4 rialzi dei tassi nel corso del 2016.
Personalmente credo che la vera domanda che ci si deve porre è: i mercati sono in grado di sopportare un simile ritmo di rialzi? Io risponderei di no. Infatti, se si realizzasse lo scenario che si aspettano i membri FOMC, ci troveremmo a fine 2016 con uno spread di rendimento tra USA ed Eurolandia decisamente elevato, dato che Draghi ad alzare non ci pensa nemmeno e credo che per vedere un rialzo dei tassi ufficiali in Eurolandia dovremo attendere il suo successore. Questo significa prospettive di ulteriore e forte rafforzamento del dollaro, che premerebbe sulla competitività, già problematica oggi, delle imprese USA. Inoltre i mercati emergenti vedrebbero salire ancora il peso del loro forte debito, che sta già piegando le loro capacità di crescita. I rendimenti sul decennale, ora intorno al 2,2%, se seguissero il movimento dei tassi ufficiali, si porterebbero intorno al 3,5%, che non sarebbe ancora un tasso elevato, ma neanche a buon mercato. Ed infine anche le valutazioni azionarie risentirebbero di rendimenti in rialzo e faticherebbero a rimanere credibili ai livelli attuali in un contesto di utili aziendali piuttosto mosci, come abbiamo visto negli ultimi due trimestri di calo dei profitti.
Insomma. Per ora il mercato l’ha presa bene, e probabilmente anche le borse europee, che ieri si sono fatte prendere la mano da qualche timore in attesa del comunicato FED, ed hanno chiuso con qualche realizzo, oggi dovrebbero aprire con almeno un punticino percentuale di rialzo. Poi però si dovrà cominciare a valutare a mente fredda quel che ci prospetta il futuro. Potrà prevalere la voglia di raddrizzare in extremis un anno difficile, riprendendo per il rotto della cuffia un rally di Natale che pare ancora inesistente. Ma non mi stupirei se tra qualche ora o qualche giorno qualcuno oltre a me, che ho il brutto vizio di anticipare sempre i presagi di sventura, cominciasse a fare le riflessioni appena esposte. Se così fosse Yellen potrebbe scoprire che il grande malato non è affatto guarito, come ieri ci ha raccontato, ma è vulnerabile ad una brutta ricaduta recessiva, magari accelerata proprio dall’ottimismo della FED.