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Yellen sostituisce Draghi nella mente dei mercati
07/12/2015 08:35

Il disastro comunicativo della BCE ha scombussolato anche venerdì i mercati azionari europei, soprattutto nella prima parte della seduta. Non è stato facile, per chi è stato più volte coccolato dagli aiutini di Draghi, scoprire che stavolta Babbo Natale si è presentato con le mani assai meno cariche di regali delle altre volte.
Pertanto sono proseguite le vendite stizzite da parte di chi, come direbbe il mitico Trapattoni, aveva detto “gatto” prima averlo nel sacco.
Il gatto italiano alla guida della BCE, invece stavolta nel sacco dei mercati non ci è entrato, benchè prima della riunione BCE avesse prodigato annunci e promesse che avevano fatto sognare i mercati. Il perché di questo strano comportamento di Draghi, apparentemente insensato e foriero di danni di non poco conto alla sua immagine presso i mercati, è stato l’ogggetto delle riflessioni di molti commentatori.
Personalmente ritengo che Draghi abbia fatto un paio di errori grossolani. Il primo è stato un errore di analisi. Ha sopravvalutato gli effetti recessivi per l’economia europea del rallentamento cinese. Ciò lo ha portato a promettere fin da settembre una rapida risposta espansiva al QE per fronteggiare problemi che poi in gran parte non si sono verificati, o perlomeno non ancora. Ne è la prova il fatto che giovedì scorso, proprio mentre annunciava l’estensione del QE, confermava le previsioni di crescita dell’Ufficio Studi della BCE per l’anno in corso e rivedeva al ribasso di un solo centesimo quelle sull’inflazione. Se gli effetti del rallentamento di Cina ed emergenti sono questi, non si capisce proprio la necessità di fare di più, e, francamente, nemmeno quella di fare quel poco che ha annunciato.
La componente nordica del Board della BCE, capitanata dai 2 membri tedeschi, ha avuto così buon gioco a stoppare la troppa generosità annunciata, riuscendo a contenerla al minimo. E qui si infila il secondo errore di valutazione da parte di Draghi. Il fatto di aver consentito rumor assai generosi fino alla vigilia della riunione senza alcuna dichiarazione per calmare le acque, rivela una notevole confidenza sulle sue capacità di persuasione. Capacità che è stata poi, alla prova dei fatti, inferiore alla sua autostima. L’impressione che traspare, se non è proprio quella di un Draghi che perde il controllo del Direttorio, è certamente quella di un leader che sta facendo molta più fatica di un tempo a farsi seguire da tutti gli altri componenti. D’ora in poi i mercati dovranno togliere dal comodino l’immagine protettiva di Draghi, o magari dovranno affiancarla a quella di Weidmann che lo guarda in cagnesco.
Il gradino più alto del podio nella classifica dei banchieri centrali beniamini dei mercati, malamente abbandonato da SuperMario, sembra diventare appannaggio di Nonna Yellen, che questa volta sta giocando molto bene la partita comunicativa con i mercati, e potrebbe portare a casa addirittura gli applausi quando, tra poco più di una settimana, alzerà i tassi. Giovedì scorso, solo un’ora dopo la disastrosa Conferenza Stampa di Draghi, ha trovato il coraggio di confermare punto per punto le intenzioni manifestate più volte dalla FED di alzare i tassi e tornare verso la normalizzazione della politica monetaria, iniziando proprio dalla prossima riunione del FOMC. E’ stata una bella prova di autorevolezza, in un momento in cui c’era il rischio di creare un pericoloso avvitamento dei mercati, colpiti da un terribile uno-due ribassista. Ma il suo difficile compito di convincere che la stretta non farà male sembra riuscito. Venerdì, grazie anche a un dato sull’occupazione migliore delle attese, che è sembrato da ragione all’ottimismo sulla crescita USA, portato dalla Yellen a giustificazione della stretta, Wall Street è partita subito al rialzo ed ha recuperato quasi tutto il calo degli ultimi giorni. In una sola seduta l’indice SP500 ha messo da parte le paure sull’attentato e la delusione Draghi salendo di oltre il 2% e ripresentandosi a soli 43 punti di distanza dai massimi assoluti, con la concreta possibilità di chiudere l’anno sulla vetta. Se l’impresa avvenisse, oltretutto in concomitanza con una stretta monetaria, sarebbe una dimostrazione di fede in nonna Yellen così forte da far impallidire gli integralisti islamici.
Ben diversa appare la situazione in Europa, che solo grazie alla buona cera di Wall Street è riuscita a non chiudere la settimana sui minimi ed a tenere i supporti per il rotto della cuffia.
Dato che Wall Street ha chiuso sui massimi, oggi ci sarebbe da apettarsi un buon rimbalzo, anche perché Draghi venerdì è intervenuto per ricucire, ribadendo la solita tiritera di promesse (comunque non ci sono limiti per interventi futuri…,  se sarà necessario agiremo ancora.., ecc…)
Però stamane i mercati europei dovranno anche fare i conti col terremoto politico francese, dove un frastornato Hollande, neanche in grado di mettere la scheda nell’urna senza l’aiuto di uno scrutatore, è stato spazzato via dalla furia lepenista e scavalcato persino dal redivivo Sarkozi nelle elezioni amministrative. La debacle socialista era attesa e pronosticata dai sondaggi, ma ora diventa realtà. Il vento gelido del terrorismo gonfia le vele dell’estrema destra anti-immigrazione ed anti-euro nel cuore dell’Unione Europea. E’ di nuovo la Francia, dopo la clamorosa bocciatura della Costituzione europea del 2005, ad imprimere un giro destabilizzante alle incerte danze dell’Unione Europea, che pare oggi più disgregata di ieri. Salvini festeggia in Italia e dà il via alla corsa dei populisti ad imitare le gesta della famiglia Lepen.
L’Europa è sempre più un crogiolo di nazionalismi egoisti, mentre anche la stella della Merkel pare offuscarsi sempre più.
Non so come andrà a finire. Nè la giornata odierna dei mercati, né il futuro dell’Europa.

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