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Un triangolo incatena Wall Street
01/04/2015 08:35

Dopo che per alcune settimane l’indice americano SP500 ha alternato giornate positive e giornate negative, il fatto che sia venerdì scorso che lunedì fosse riuscito a chiudere col segno positivo, riavvicinandosi a quota 2.100, aveva illuso qualcuno che le incertezze americane fossero finite e magari anche Wall Street si sarebbe unita al rally che ostinatamente sia l’Europa che la Cina hanno realizzato nel primo trimestre del 2015. Ieri però, ultimo giorno di marzo, in USA sono tornate le vendite, che hanno sottratto quasi un punto percentuale (-0,88%) di performance all’indice e fermato il totalizzatore del trimestre su un mesto e risicato incremento (+0,4%). La borsa azionaria americana chiude il trimestre tra le peggiori del mondo ed impallidisce al confronto del +10,1% dell’indice giapponese Nikkei, del +15,9% del cinese SSE Composite, ma soprattuto del +17,8% del francese CAC40, del 21,8% del nostro Ftse-Mib e del +22% del tedesco DAX.
Come si può vedere le borse europee e quella cinese stanno assai meglio di quella americana.
C’è da passare per noiosi a ripetere che il motivo della forza dell’Europa è derivata completamente dal sostegno monetario fornito da Draghi e si è espressa soprattutto nei mesi di gennaio e febbraio, quando l’Euro-QE è stato annunciato ma non era ancora in vigore. Assai meno impetuoso è stato il rialzo in marzo, quando la misura è stata poi concretamente messa in opera.
E’ l’ennesima conferma che i mercati anticipano i fatti ed utilizzano le aspettative come carburante per alimentare i propri movimenti. Ed è compatibile con questa interpretazione anche la prepotente avanzata della Cina, reduce da uno sfavillante 2014, che anche nel primo trimestree 2015 non si è fatta mancare gli stimoli speculativi. Sebbene i dati macroeconomici siano stati abbastanza deludenti, anzi, proprio per questo, si sono diffuse speranzose attese di stimoli monetari da parte della Banca Centrale cinese, che potrebbe addirittura varare la versione cinese del Quantitative Easing.
In USA, invece, il QE fa parte ormai della storia e gli investitori hanno smesso di sfogliare quella margherita per prenderne da qualche tempo in mano un’altra: quella che viene sfogliata per capire se e quando verrà il primo rialzo dei tassi. E’ evidente che l’alternativa “rialza – non rialza” è assai meno  entusuasmante del “taglia – non taglia”. Ecco perché Wall Street fatica ad evitare di arretrare quando invece gli altri avanzano.
Il mese di marzo ha realizzato sull’indice SP500 una figura triangolare, con oscillazioni sempre meno ampie tra massimi discendenti e minimi crescenti, gravitante intorno al baricentro di area 2.080.
Si tratta della più classica figura di incertezza, che esprimerà direzionalità solo al momento dell’uscita dei prezzi dal triangolo.
Il breakout, che non sappiamo se avverrà al rialzo o al ribasso, segnerà un movimento che dovrebbe avere un obiettivo di circa 80 punti, in grado cioè di oltrepassare significativamente i massimi assoluti (qualora ci fosse un’uscita rialzista), mentre viceversa potrebbe portare l’indice a testare il supporto chiave di 1.970 (se prevalesse l’ipotesi ribassista).
Le borse europee, con il ribasso di ieri, che oggi potrebbe anche proseguire, hanno confermato l’incapacità momentanea di sfondare la congestione che stanno vivendo sostanzialmente da quando è partito ufficialmente il QE di Draghi. Anch’esse aspettano novità in grado di far pendere la bilancia direzionale dalla parte dei compratori oppure dei venditori. Appare comunque evidente che in Europa è presente un’inerzia rialzista ancora molto forte, che rende più probabile l’ipotesi della continuità rialzista rispetto all’ipotesi correttiva. Anche l’indice giapponese Nikkei, che ha passato impetuosamente al rialzo la prima metà del mese di marzo, sta accusando una fase di smaltimento degli eccessi che lo sta riportando verso quota 19.000.
Non ha dubbi invece la Cina, che sembra trovare luce proprio dall’incertezza americana.
L’indice SSE Composite anche oggi sale ed avvicina i 3800 punti, già testati ieri. Un anno fa esatto valeva 2.050. L’ennesimo miracolo delle banche centrali.

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