Accerchiare la Merkel. Ma non subito.
03/02/2015 08:35
La tenuta dei mercati è stata messa alla prova ieri, all’apertura delle borse americane. L’indice SP500 ha provato a sfondare il livello di 1.990, scendendo nei primi minuti fino a 1.981. Però a quel punto sono arrivati i rinforzi e la possibile disfatta si è trasformata in una controffensiva, che ha messo in fuga i venditori e riportato l’indice a recuperare in modo spettacolare quota 2.020.
Resta la sottoperformance complessiva dell’azionario americano rispetto a quello europeo, che continua a fantasticare sui benefici dello scudo protettivo di Draghi e a sottovalutare i rischi di contagio della diatriba greca. Però l’ennesima tenuta di quota 1.990 potrebbe dare anche aWall Street quella convinzione che le è finora mancata e riportare l’indice SP500 almeno verso la zona superiore del trading range, a 2.065.
Anche gli indici europei, dopo aver constatato la tenuta dell’azionario americano, si sono lasciati alle spalle i timori di “contagio politico” della Spagna, che domenica ha mostrato la potenza di fuoco di Podemos, il partito gemello del greco Syriza, nella grande manifestazione di Madrid. Circolano sondaggi molto generosi con il partito degli “indignados”, che lo presentano ormai come il probabile vincitore delle prossime elezioni regionali di maggio. Spira ormai in Spagna lo stesso vento che ha spinto la cavalcata verso il potere di Tsipras.
I mercati però alla fine hanno preferito concentrarsi sulla cronaca che viene dalla Grecia.
E questa ci parla un linguaggio ben diverso da quello della scorsa settimana, vissuta muro contro muro da Grecia e Germania. Tsipras ha ormai effettuato una decisa sterzata verso posizioni più accomodanti. Dopo aver fatto sparire dai suoi programmi, ormai da tempo, la possibile uscita della Grecia dall’Euro, sta facendo sparire anche la richiesta di cancellazione di parte del debito, che è stata un cavallo di battaglia della campagna elettorale, accontentandosi di un prolungamento delle scadenze, magari accompagnato da una riduzione degli interessi. Credo che su questa base l’accordo con Bruxelles sia possibile, anche perché il tour dei greci per l’Europa a cercare consensi, che prosegue oggi proprio con l’incontro di Roma con Renzi, sta già fornendo buoni risultati. Lo scoglio che ancora resta è il ruolo della troika, che i greci vorrebbero annullare per trattare soltanto con la UE, attraverso la fissazione concordata dei soli obiettivi di bilancio da raggiungere, e non anche delle modalità con cui conseguirli. Questa impostazione cozza con la teoria dei “compiti a casa” che la Merkel ha finora imposto in sede UE, e manderebbe a gambe all’aria la dottrina fin qui seguita per i vari bailout che sono stati messi in opera con l’Irlanda e con il Portogallo, oltre che con la Grecia.
L’accettare questa impostazione diminuirebbe di molto il potere di condizionamento di Bruxelles verso i paesi “indisciplinati”, che potrebbero tranquillamente concordare obiettivi che poi non saranno mai raggiunti. Per questo io penso che la Germania, se potrà accettare una qualche forma di ristrutturazione delle scadenze, sarà ben difficilmente disponibile a cedere sulla troika e sui principi del patto di stabilità. Se lo facesse, sarebbe segno che si prepara essa stessa, con i suoi scudieri, ad una uscita dall’euro. Altrimenti Tsipras sarà costretto a digerire la troika in cambio di qualche anno di respiro in più. In questo caso la sua “rivoluzione” perderà slancio ed i suoi consensi scenderanno drasticamente.
Per evitare questo esito potrà cercare di tirare ancora la corda, ma non certo da solo.
Per questo sarà molto importante verificare nei prossimi mesi quanto le idee e le speranze di riforma dell’Unione Europea verso una maggior condivisione dei debiti e dei rischi riusciranno a far breccia fuori dalla Grecia. Se la Spagna, con l’ascesa al potere di Podemos, e magari l’Italia, se Renzi si ricordasse di essere a capo di un partito molto più vicino agli ideali di Syriza che della CDU tedesca, riuscissero a far fronte comune con la Grecia, potrebbero tentare una manovra di accerchiamento alla Merkel e di scardinare il patto franco-tedesco che tiene l’Europa ostaggio dell’austerità tedesca. Costorosi troverebbero a dover scegliere tra l’alternativa di costruire gli Stati Uniti d’Europa su basi più rispettose delle differenze altrui, oppure di andarsene. Quest’ultima sarebbe comunque una soluzione migliore, per i paesi del sud Europa, che il rimanere tutti vincolati al fiscal compact in eterno.
E’ una battaglia lunga, che impegnerà l’Europa per tutto il 2015 e forse non solo. Determinerà il destino dell’Unione e della sua moneta unica.
Intanto le borse, che pensano solo al giorno o al massimo alla settimana successiva, sembrano accogliere con favore i primi cedimenti di Tsipras. Poi si vedrà…