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Festa di Compleanno a Wall Street
07/03/2014 08:37

Ieri è stato un giorno importante, dal punto di vista delle ricorrenze. Il Toro ha compiuto 5 anni. Il movimento rialzista primario, che spinge i mercati azionari occidentali maturi, iniziò nell’ormai lontano venerdì 6 marzo 2009, quando l’ultima zampata dell’Orso, ormai provato da 17 mesi di assoluto predominio, ridusse l’indice USA SP500 alla storica quota di 666,7 punti. Quel giorno, nella parte finale della seduta, la timida ripresa dei listini dal minimo, nella generale incredulità e incomprensione, partorì il mercato toro, che nessuno identificò per un po’ di tempo, ma che nei mesi seguenti si irrobustì al punto da riuscire a scorrazzare imperterrito per 5 lunghi anni. Tuttora sembra godere di ottima salute, dato che la festa di compleanno ieri è stata coronata dall’ennesimo record assoluto da parte dell’indice SP500, riuscito a raggiungere nelle prime battute il mai prima realizzato livello di 1.882 punti (ridimensionato in chiusura di seduta a 1.877) .
Cinque anni sono una età piuttosto avanzata per i tori di borsa. Proviamo a guardare quanto sono vissuti i due precedenti movimenti rialzisti di lungo periodo che hanno preceduto l’attuale. Quello che culminò nel marzo 2000 con i fuochi artificiali del Nasdaq e l’euforia della new economy era nato nel dicembre 1994: durata complessiva 5 anni e 3 mesi. Il penultimo, basato sulla bolla speculativa dell’immobiliare e la follia dei titoli tossici, nacque ad ottobre del 2002 e terminò ad ottobre del 2007: durata 5 anni esatti.
I precedenti storici ci dicono perciò che l’attuale rialzo ha raggiunto o è molto vicino a raggiungere l’estensione temporale che è stata fatale le due volte precedenti.
I rialzi di borsa nascono e muoiono, ma a differenza degli esseri umani hanno caratteristiche peculiari.
Quando muoiono sono sempre al culmine del loro vigore. Anzi, quasi sempre l’ultima fase del rialzo raggiunge accelerazioni iperboliche, che danno quasi l’impressione dell’immortalità. Nelle ultime fasi euforiche della loro vita i rialzi portano all’esasperazione lo scollamento dalla realtà economica, che non riesce a migliorare al passo dei mercati. Infine la certificazione di morte non è mai immediata ma avviene sempre passato un certo tempo, quando si ottiene la certezza che il toro è stato effettivamente ucciso dall’orso.
Queste peculiarità annebbiano la vista degli operatori, che perdono progressivamente la capacità di rimanere con i piedi per terra e arrivano a giustificare le esagerazioni con l’auto-convincimento che “questa volta è diverso”.
Anche in questi giorni stiamo assistendo al classico carnevale delle illusioni travestite da certezze.
Quel che ostacola la celebrazione dell’ottimismo di maniera, come i dati macroeconomici americani, che da due mesi sono tutt’altro che convincenti e delineano un’economia in rallentamento, viene ignorato o giustificato appellandosi a motivazioni di comodo. In questo caso tutti gareggiano ad attribuire al maltempo lo scricchiolio dell’economia USA, con la ovvia conseguenza che l’arrivo della primavera riporterà le cose a posto. Se anche così fosse, i prezzi stanno già incorporando ogni sorta di piacevole notizia economica che tutti ci dicono che arriverà. Chi compra paga già ora accelerazioni congiunturali che sono tutte da dimostrare e per certi settori (il tecnologico, tanto per cambiare, e quello energetico delle imprese che estraggono shale gas, per citarne un paio) compra un futuro non solo roseo, ma raggiante, che dovrà venire dopo un passato ed un presente che sono stati già eccezionalmente positivi.
Nel 2000 si comprava tutto quel che profumava di internet, pagando multipli da innamorato, senza il minimo scrupolo di verificare la credibilità di aspettative esagerate. Nel 2007 è capitato per le banche, sull’onda delle vantate sinergie competitive che le dimensioni  colossali raggiunte e la capacità di creare sempre nuove fonti di business indebitando sempre più gli americani, avrebbero creato.
In entrambi i casi i primi scricchiolii vennero ignorati con un’alzata di spalle.
Che succederà questa volta?
Già, dimenticavo… “Questa volta è diverso!”.

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